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Due righe veloci sul caso Indymedia

Publie le domenica 10 ottobre 2004 par Open-Publishing
10 commenti

di Paolo

Come probabilmente gia’ sapete, i server inglesi di Indymedia,
l’organizzazione indipendente di raccolta di informazioni, sono stati
sequestrati il 7 ottobre. I server contengono numerose edizioni
internazionali di Indymedia, compresa quella italiana.

Comprensibilmente, molti hanno gridato allo scandalo e al complotto
USA contro la liberta’. Sarebbe molto bello se il mondo fosse davvero
cosi’ in bianco e nero, ma le cose sono un po’ piu’ complicate. Vi
vorrei dare qualche spunto d’informazione e di riflessione, visto che
qui, al di la’ del caso specifico, e’ in gioco un equilibrio molto
delicato: quello fra diritto all’informazione e diritto alla privacy.

Innanzi tutto, molti hanno avuto l’impressione che l’FBI sia piombata
in Inghilterra e abbia fatto quello che le pareva. Calma un attimo:
l’FBI non ha giurisdizione nel Regno Unito. Deve chiedere alle
autorita’ di sicurezza locali, come è successo in casi analoghi per
l’arresto di vandali informatici. Puo’ assistere alle operazioni, ma
non può agire autonomamente. Quindi e’ scorretto titolare "l’FBI
sequestra i dischi di Indymedia".

Ci sono accordi internazionali fra le forze di polizia appositamente
predisposti, che regolano i termini di queste collaborazioni e
richiedono comunque che il reato sia considerato tale dalle autorità
locali. Non basta la parola dell’FBI: ci vuole un ordine legale
emesso
secondo le leggi vigenti del paese. Ovviamente, essendo i due paesi
legati da una lunga tradizione di collaborazione, un ordine legale di
questo genere viene emesso abbastanza facilmente.

Rackspace USA afferma che l’accordo in base al quale e’ stato
eseguito
il sequestro (senza notificare Indymedia) e’ il Mutual Legal
Assistance Treaty (MLAT). Ne parla The Register qui (in inglese):

http://www.theregister.co.uk/2004/10/08/fbi_indymedia_raids/

Questo trattato, pero’, definisce procedure di reciproca assistenza
per i casi di terrorismo internazionale, rapimento e riciclaggio di
denaro. Ma Indymedia non e’ accusata di nessuno di questi crimini.

A dire la verita’, non si sa neppure di cosa sia accusata. Tuttavia
il
silenzio di Rackspace UK, e la mancata notifica a Indymedia, non sono
atti di prevaricazione autoritaria: sono obblighi della legge
britannica, che vieta alle parti in causa di discutere un
provvedimento che le colpisce, per evitare di interferire con le
indagini e di coinvolgere persone che magari non c’entrano nulla.
Questo e’ un fatto ben noto a chi si occupa d’informazione e
informatica in Inghilterra.

L’idea puo’ piacere o non piacere, ma mi sembra indubbio che i
responsabili di Indymedia, consci di avere a che fare spesso con
informazioni scottanti e fastidiose per i potenti di turno, avrebbero
dovuto riflettere piu’ attentamente prima di depositare i propri
server in territorio inglese. Ci sono molti altri paesi che offrono
garanzie superiori. Inoltre, da un punto di vista strettamente
informatico, mi stupisce la mancanza apparente di un backup
(Indymedia
afferma di aver "perso molto del materiale presente" sui propri
server"):

http://italy.indymedia.org/index.php

Il muro di silenzio, comunque, non e’ impenetrabile. C’e’ infatti una
teoria abbastanza solida sulle possibili ragioni del sequestro.
Secondo l’articolo di The Register e il comunicato di Indymedia,
disponibile in italiano presso

http://italy.indymedia.org/news/2004/10/660405.php

la ragione più probabile sarebbe la presenza, nella sezione Indymedia
Nantes dei server, di alcuni "articoli con nomi e facce di poliziotti
svizzeri in borghese infiltrati durante una manifestazione di
piazza",
quindi in un luogo pubblico. L’FBI ne aveva richiesto la rimozione
alcuni giorni fa, ma "il procedimento era ancora in fase di
formalizzazione al momento della sottrazione dei computer". La
richiesta sarebbe stata motivata, dice Hep Sano, rappresentante di
Indymedia, dal fatto che gli articoli "rivelavano informazioni
personali" sui poliziotti in borghese. Nessuna delle fonti
direttamente interessate ha confermato l’ipotesi di coinvolgimento
delle autorita’ italiane fatta da alcuni organi di stampa.

La pista elvetica sembra confermata da una dichiarazione di Rackspace
a Indymedia, citata da The Register: la richiesta proverrebbe appunto
dalla polizia svizzera. Indymedia ritiene che le foto fossero state
rimosse dai server prima del sequestro, ma ovviamente non puo’
verificarlo, perche’ i dati dei server sono inaccessibili.

Se le cose stanno cosi’, ci sono alcuni punti da ponderare.
Indubbiamente il sequestro integrale dei server e’ una misura
esagerata, perche’ lede gravemente il diritto all’espressione e
all’informazione. Ma va considerato anche il diritto di chi lavora
nelle forze dell’ordine, e delle loro famiglie, a non essere indicato
per nome e cognome e indirizzo: e’ lo stesso diritto che spetta a
ogni
cittadino, e che nel caso di chi opera in settori delicati e’
addirittura rafforzato per ragioni fin troppo ovvie. Quel poliziotto
in borghese che oggi assiste a una manifestazione, domani potrebbe
aver bisogno di tutelare il proprio anonimato (e la vita dei propri
figli) durante un’indagine antimafia.

Molti si lamentano dell’invasivita’ delle telecamere di sorveglianza
e
non desiderano essere ripresi, neppure nei luoghi pubblici, e lo
considerano anzi un diritto assoluto. Mi sta bene. Ma e’ difficile
conciliare questa lamentela con la pubblicazione online di foto di
persone con tanto di nome, cognome e indirizzo, ritratte in un luogo
pubblico. Un diritto e’ un diritto, e non si annulla soltanto perche’
la persona coinvolta non la pensa come noi o perche’ la parte lesa
non
siamo noi ma e’ qualcun altro.

Si fa in fretta ad accusare di prevaricazione e gridare al complotto
liberticida. Indubbiamente trovarsi la polizia in ufficio con un
ordine di sequestro non e’ piacevole. Ma se le foto e i nomi e
cognomi
pubblicati online fossero stati i vostri, non avreste reclamato a
gran
voce l’intervento di quelle stesse forze dell’ordine per toglierli
dalla Rete al piu’ presto?

Forse, ripeto forse, sequestrare i server era la procedura legale
piu’
spiccia per tutelare i diritti dei cittadini di cui era stata violata
pericolosamente la riservatezza. Forse, ripeto forse, Indymedia
poteva riflettere prima di commettere un atto di scorrettezza del
genere.

Forse, ripeto forse, il torto sta da entrambe le parti, e dare la
colpa a una sola e’ una scelta troppo semplice. E a molti piacciono
le
scelte semplici: evitano la fatica di pensare.

Ciao da Paolo.

Messaggi

  • spero che in tanti raggiungano questo sito

    • Non vedo la contraddizione tra la privacy da difendere dalle telecamere di videosorveglianza e quella da difendere dagli agenti in borghese infiltrati nella manifestazioni,.
      Sono due cose inequivocabilmente dello stesso segno.
      Se e’ giusto oscurare una telecamera e’ altrettanto giusto "sputtanare" gli infiltrati nei cortei.
      Della privacy dei poliziotti, visto quanto loro tengono in considerazione la mia di riservatezza, me ne frego altamente.
      In ogni caso tutti sanno che su Indymedia chiunque puo’ scrivere quello che vuole, al massimo gli admin possono cancellare certe cose successivamente alla pubblicazione.
      Ed e’ quello che, nel caso di Nantes, e’ avvenuto.
      Sarebbe come dire che, per combattere la pornografia ( che peraltro su Internet e’ diffusissima e nessuno se ne cura ) si arrestassero i giornalai.
      Qualcuno, un magistrato fascista che si chiamava Mario Sossi, qualcosa del genere nei primi anni settanta la fece.
      Anche se poi divenne "famoso" per tutt’ altre vicende.
      I Sossi di oggi, invece, per rimuovere due foto peraltro gia’ rimosse, hanno fatto un operazione di censura planetaria.
      E c’e’ pure chi si mette a fare sottili distinguo su Bellaciao.
      Per concludere, non mi sembra che la polizia svizzera sia particolarmente impegnata nella lotta alle mafie, visto che certe leggi " ultraliberiste " in vigore in quel paese ne fanno il paradiso del riciclaggio del denaro sporco.

      Keoma

    • Comunque, alla faccia di fascisti e censori planetari di tutte le risme - e anche di certi "sottili" giuristi improvvisati -, Indymedia gia’ da sabato ha ripreso gran parte delle sue attivita’ di controinformazione !

    • CARO/A KEOMA, PORNOGRAFIA NON EQUIVALE A PEDOFILIA, LA PORNOGRAFIA SU INTERNET NON E’ VIETATA E’ A PAGAMENTO, A VOLTE ANCHE GRATIS, MENTRE LA PEDOFILIA E’ REATO E VIENE ANCHE PERSEGUITA, DICHIARARE IL FALSO E’ REATO, PUBBLICARE FOTO SENZA UN REGOLARE CONSENSO E’ REATO, DIFFAMARE E’ REATO.............LO DICE LA LEGGE, NON BERLUSCONI O FASSINO, LA LEGGE!

      MASSIMO

    • MA CHI TI MANDA ? BERLUSCONI ?

      OPPURE LA DIGOS O I CARABINIERI DEL ROS ?
      Se non avessi un cervello da questurino ( vatti a vedere "Lavorare con lentezza", c’e’ un personaggio che ti assomiglia assai ) avresti ben presente che a chi scrive su Bellaciao nemmeno di Fassino interessa molto.

      Comunque sarei curioso di sapere, dopo il "pompaggio" dela caso Telekom Serbia, dopo le infamie sul povero Baldoni ( secondo Feltri era un sequestro finto ) perche’ nessuno interviene a chiudere "Libero".
      Lui, che e’ amico del Capo, le puttanate e le infamie le puo’ dire, le "bufale" le puo’ pubblicare senza problemi ?

      kEOMA ( che e’ un maschietto di 50 anni, che da 30 fa il bancario e il "giornalista" dilettante )

    • E VOGLIAMO PARLARE DI QUANDO VITTORIO FELTRI, SEMPRE SU "LIBERO", SPARO’ IN PRIMA PAGINA LA NOTIZIA SECONDO CUI IL P.M. GIOVANNI SALVI, ALLORA MEMBRO DEL POOL ANTITERRORISMO DELLA PROCURA DI ROMA, FACEVA INVECE PARTE DELLE BRIGATE ROSSE ?

      NON RISULTA CHE "LIBERO", NE’ IL SUO SITO INTERNET, SIANO STATI OSCURATI PER QUESTO !

  • Maledetti! Maledetti! Maledetti!

    Sui fatti vergognosi che hanno coinvolto Indymedia

    Venerdì 8 ottobre 2004

    Liberi di parlare una lingua materiale e creativa contro la Guerra e contro l’Impero

    Ad un liberale toglietegli tutto ma non la libera espressione, la libertà di linguaggio, l’illimitata "comunità della comunicazione". Nei novanta sembrava potessimo "campare" tutt@ di dot.com, di flussi semiotici tra mercato, impresa, libera concorrenza, innovazione.

    Poi l’incantesimo s’è rotto perché la comunicazione ha a che fare con i corpi e con le pratiche.

    I corpi non hanno attenzione a sufficienza se sono costretti anche a lavorare e ad essere competitivi, quindi non consumano abbastanza. La rete apre alla pratica irreversibile della gratuità (riappropriazione collettiva e singolarissima a mezzo di intelligenza vs e-commerce) e della produzione materiale di conflitti (do you remember Seattle? Genova?).

    Non abbiamo esitato un attimo a definire la guerra globale come "dispositivo ordinativo", ordinativo di economia (old economy, nuove tecnologie e produzione bellica), di sovranità (tentativo di golpe nell’Impero), di senso.

    L’Afghanistan e l’Iraq parlano da sé.

    Ma a parlare è anche il Patriot Act e le leggi neo-autoritarie in tema di libera comunicazione e di diritto di autore (che stanno "appestando" ahimè anche l’Europa!).

    Quanto è accaduto ieri ad Indymedia segna un drammatico passaggio ulteriore in questo senso. Non c’è più spazio per la "comunicazione generalizzata" perché i nostri linguaggi organizzano resistenza alla guerra, alla precarietà, alle nuove schiavitù. Comunicare si, ma solo per produrre merci, guai se della comunicazione si fa uso virale e sovversivo, la guerra deve ordinare, deve perimetrale!!!

    Nell’esprimere solidarietà e sostegno nei confronti di Indymedia e di quel vasto tessuto di cooperazione comunicativa e di conflitto che ha reso in questi anni praticabile quel progetto, riteniamo che il modo migliore di praticare solidarietà sia resistere alla guerra globale, al suo ordine simbolico e materiale, sfida non rinviabile anche sul piano della comunicazione e della produzione di senso.

    GlobalProject
    http://www.globalproject.info

  • SEQUESTRATA INDYMEDIA

    Giovedì scorso l’FBI, su richiesta di Svizzera e Italia, ha sequestrato i server di Indymedia in Europa, bloccando circa una ventina di siti, in gran parte europei. Pare che quest’operazione è stata condotta grazie alla legge, che gli yanqee si sono autopromulgata, in base alla quale si riservano di intervenire in qualunque Paese, quando decidono che è in ballo la loro sicurezza nazionale, ed anche in base ad accordi bilaterali di cooperazione con alcuni Paesi, tra cui il nostro.
    Che ormai il Potere, sia esso internazionale, sia esso nazionale, si arroghi il diritto di decidere quali sono le opinioni e le idee, che sono libere di circolare, lo sapevamo da tempo: anche perchè oltre a queste "leggi" internazionali già operanti ce ne sono alcune altre in nuce. Basti ricordare come esponenti di governo italico da tempo invocano misure per "monitorare" siti ospitati dai server nazionali! Pertanto non vogliamo con questo scritto piangere per questo atto repressivo, e nemmeno ci vogliamo limitare ad esprimere la nostra incazzatura. Vogliamo soprattutto invitare i compagni ad attivare la propria intelligenza, per cercare di capire insieme quali sono i progetti del Potere, per non trovarci sempre impreparati e quindi in mutande.
    Noi non pensiamo che questo attacco sia semplicemente dovuto alla pubblicazione di alcune foto di sbirri elvetici, come qualcuno ritiene (anche all’interno del "movimento"). Per una cosetta di questo tipo non si muove l’FBI a sequestrare una ventina di siti di Indymedia. Come riteniamo che sia improbabile che si parta con un’operazione di questa portata solo perchè qualcuno ha urlato "10 100 1000 Nassirija", anche perchè anche loro sanno che anche sequestrando i dischi non si può arrivare all’identificazione degli anonimi che su Indy hanno scritto quelle frasi.
    Secondo noi c’è in ballo qualcosa di più.
    Intanto c’è in ballo un obiettivo politico, quello di minacciare ed intimidire quanti non si accodano alle loro leggi, al loro pensiero liberale basato sulla centralità del profitto. Questo obiettivo, per loro centrale, è già stato raggiunto con la normalizzazione completa delle comunicazioni tradizionali, e questo è stato facile, perchè essendo quelle forme comunicative costose diventa sempre più complicato tenere in piedi strutture di quel tipo e quindi o si ricorre ai finaziatori o si chiude..
    Restano, è vero alcune (sempre di meno) radio di movimento (di giornali sembra proprio che non sia rimasto niente), ma anche quelle sono sempre sull’orlo del baratro, e per motivi economici e per motivi politici (quante radio sono spesso minacciate di denunce, ed anche di chiusura?) e per motivi "tecnici" (vedi la guerra delle bande di frequenza). Ed infatti spesso queste radio si autonormalizzano, evitando "toni troppo accesi" o magari eliminando qualche trasmissione un pò scomoda.
    Quest’obiettivo politico è stato perseguito anche in altri ambiti, non prettamente di comunicazione. Infatti da un pò di anni stanno fioccando le inchieste ai danni di molti compagni. Tutte queste inchieste sono basate su reati cosiddetti associativi, sono insomma tutte inchieste terroristiche, che servono appunto per minacciare ed intimidire i compagni e spingerli all’abiura.
    Ne citiamo alcune proprio per cercare il nesso tra queste inchieste terroristiche e il sequestro di Indymedia: Genova (che viene spacciata come inchiesta per fatti specifici, ma che è inchiesta terroristica, non fosse altro che per il reato di "compartecipazione psichica alla violenza), Cosenza, Pisa, Viterbo1 (quella del 17 Febbraio u.s.) e Viterbo 2 (quella del 27 Agosto scorso denominata "Cervantes" per cui sono in carcere 4 compagni oltre alle decine di indagati), Perugia (la prima per il 270 ter).
    Ora su tutte queste inchieste Indy stava svolgendo un importante lavoro di controinformazione ed anche di comunicazione fra i compagni, che grazie a questo strumento potevano sentirsi meno soli e quindi meno intimiditi. E, guarda caso, proprio in prossimità dello svolgersi dei primi processi riguardo a queste inchieste, parte la richiesta italica di chiusura di Indy. Fra l’altro su Genova (il cui inizio del processo è ormai vicino) e su Cosenza (il cui processo partirà il 12 Dicembre p.v.) si stava attivando una sorta di legal forum, che voleva cercare di fornire controinformazione su quelle inchieste.
    Insomma anche Indy viene colpita per dare una spallata forte al movimento, e per intimidirlo, come dicevamo prima, ma anche per privarlo di uno strumento in grado di contrastare il pensiero unico ormai imperante.
    E allora bisogna ragionare su come cercare di affrontare una repressione, che sempre di più vuole colpire tutti, "buoni" e "cattivi", coloro che non ci stanno ad uniformarsi alle loro regole, alle loro leggi.
    Non si tratta soltanto di trovare soluzioni tecniche: queste sarebbero facilmente raggiungibili.
    Si tratta di capire come rispondere politicamente a questa offensiva del Potere, che ci vuole tutti omologati ad una logica di pace sociale.
    Non possiamo limitarci alla difesa, gridando allo scandalo degli attacchi alla democrazia e alle garanzie costituzionali (tra virgolette). Loro vogliono eliminarci con gli arresti per associazione sovversiva? Noi possiamo rispondere soltanto organizzando miriadi di "associazioni sovversive"!
    Loro vogliono chiuderci i canali di informazione e comunicazione? Apriamo miriadi di canali di informazione e comunicazione!
    Non potranno arrestarci tutti, e non potranno chiudere tutti i canali di informazione e comunicazione.
    E soprattutto non lasciamoci intimidire! La nostra paura è la più forte arma per loro; la nostra determinazione potrà essere la loro più grande debolezza.

    L’Avamposto degli Incompatibili

    • Ciao,
      a riskio(scusa le k...) di sembrarti(posso darti del Tu?) superficiale... (skerzo)
      vorrei sapere se conosci/conoscete il sito più ricco di foto(interessanti) dei fatti di Genova(g8,ovv.) perké, nel mio piccolo, x me e x tutti direi, niente vale d + dei fatti ineluttabili e indiscutibili x smuovere le rotelle arrugginite del cervello della massa ultramegamassmediatizzata (nn so se mi spiego... ma credo ke mi hai/avete capito al volo, no ?)

      tutto qua, vorrei avere + tempo x informarmi, ma dovrebbe essere il mestiere di altra gente... che, loro sì, han ben altri mezzi !!!

      ....

      Ciao Belle Persone !

      Gacchan
      (é 1 personaggio dei cartoni giapp)
      (di qualke anno fà, nn di adesso !!!)
      (cé la -stessa- differenza ke il resto... !)

  • Ma "Il Foglio" della signora Berlusconi non lo "oscura" nessuno ?

    da "Il Foglio" di oggi 11.10.04 a firma del Direttore Giuliano Ferrara

    Occhio per occhio

    Dopo Bigley: quand’è che ci decidiamo a impiccare Saddam Hussein?

    E’vero che dopo l’antica è venuta la nuova alleanza, è vero che ripugna la sola idea di essere contaminati dai mezzi usati da questo tipo di nemico, è vero che il nemico bisogna amarlo mentre lo si combatte, e solo se lo si combatta
    è possibile riscattare l’inimicizia nell’amore, ma la realtà politica va affrontata per quello che è. Gli islamisti radicali decapitano ritualmente gli “ostaggi giusti”, mandano al loro e al nostro mondo il messaggio della forza legale e profetica del jihad decapitatore, noi ci dividiamo
    tra chi resiste e chi paga riscatti, tra chi cerca con fatica di concepire e realizzare il contrattacco al terrorismo islamista e chi ringrazia la resistenza
    per i suoi buoni uffici resi agli “ostaggi sbagliati”, quelli che salvano la testa in cambio della promessa di leggere i volumi rilegati del Corano. Loro fanno la
    loro parte facendo esplodere i martiri e martirizzando la gente che sale su un bus, noi discutiamo se sia civile erigere un muro di dissuasione in Israele, e le nostre vecchie barbe sottilizzano ex cathedra: è paragonabile un danno collaterale in battaglia a un processo islamico
    che commina la pena come per Ken Bigley? Loro si prendono gioco di noi, fanno il gatto islamico con il topo francese, scrivono doppi comunicati come Hamas, eccovi sedici morti civili freschi freschi a Beersheba ed eccovi la richiesta
    di rilascio di due giornalisti ostaggi per sbaglio, ma noi stiamo lì a domandarci se per isolare il terrorismo
    nelle coscienze inconcusse dell’islam moderato non sia il caso di rinunciare a colpire gli sceicchi del terrore, i capi del partito armato jihadista. Ma quando ci
    decidiamo a impiccare Saddam Hussein?
    Quando ci decidiamo a usare in modo persuasivo quel linguaggio della forza che invece ci limitiamo a balbettare,
    trepidi e insicuri, paurosi di stabilire quella radicale simmetria tra amico e nemico che è sempre stata propria di
    tutte le guerre, compresa quella che ci ha dato la libertà di scrivere e parlare e praticare culti diversi e integrare milioni di musulmani in Europa e in America?
    Quando ci decidiamo a far calare il prezzo del petrolio imponendo una tassa di guerra e un regime di austerità improntato all’autonomia energetica dell’occidente?
    Quando faremo entrare nell’era della pubertà la nostra diplomazia virginale e adolescente? Quando faremo
    pagare il prezzo politico della divisione a chi divide? O pensate che sia possibile affrontare e vincere una guerra religiosa e di civiltà con la mala educatión di Pedro Almodóvar?