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«E ora abroghiamola»
di Daniela Preziosi
Parola d’ordine: referendum. La dicono gli studenti, lo promuove il Pd e chiama a raccolta tutti, persone e forze politiche. Veltroni: sarà una grande battaglia civile. Coro di sì dall’Idv al Prc. No di Casini. Qualche perplessità fra i ragazzi
«Referendum, referendum». Intorno alle 10 e mezza, quando sotto Palazzo Madama si diffonde la notizia che il decreto sulla scuola è legge, gli studenti che stringono l’edificio di un pacifico variopinto assedio scandiscono così. «Referendum» è già la parola d’ordine di qualche cartello a Corso Rinascimento. «Se passa la Gelmini: referendum» dice uno striscione dell’Italia dei Valori, aperto in aula. E «referendum» strilla il dipietrista Stefano Pedica, scavalcando le transenne e buttandosi a discutere con i ragazzi. «E’ una buona idea», dice Anna Finocchiaro, capogruppo Pd, più senatorialmente aggirando lo sbarramento per raggiungere i manifestanti, «per rispondere con uno strumento di democrazia diretto contro un governo che si tappa orecchie e bocca». Dopo un paio d’ore, in una conferenza stampa convocata in fretta e furia a Montecitorio, Walter Veltroni pronuncia per la volta definitiva la parola: il Pd promuoverà la consultazione popolare contro il provvedimento, «il governo non ha voluto ascoltare nessuno di quanti chiedevano il ritiro del decreto», ha «rifiutato il confronto con il mondo della scuola», «ha ignorato un movimento civile».
Dunque: «Quando delle forze politiche ritengono che delle decisioni del governo ledono gli interessi del paese, esse si avvalgono di un altro strumento previsto dalla Costituzione che è il referendum». Evviva, cade dunque l’ultimo tabù democratico, se la riderà più tardi Arturo Parisi, promotore del quesito contro il Lodo Alfano, fieramente osteggiato da Veltroni: «sarebbe puro sadismo» ricordare che fin qui ha sostenuto che «i referendum si fanno solo se si ha già la vittoria in tasca». Il leader Pd anticipa l’obiezione: l’istituto «va usato con parsimonia, ma la scuola e l’università sono temi importantissimi e le misure volute dal governo lasceranno effetti seri sul sistema informativo». Di qui la decisione «di promuovere un referendum abrogativo» della parte più estesa possibile del decreto Gelmini e l’appello «al mondo politico e tutto il mondo della scuola affinché questo referendum non sia l’espressione di una iniziativa di un partito politico ma il più grande referendum partito dalla società civile».
Da giorni al Nazareno l’idea circolava. La prima entusiasta è stata Finocchiaro, poi uno alla volta tutti i ’big’ hanno detto sì. Ieri, dopo l’approvazione della Gelmini, una riunione del coordinamento ha sancito la posizione del partito (e infatti in Transatlantico, alla Camera, i cronisti hanno intercettato un’adesione freddina di Massimo D’Alema, che dell’organismo non fa parte). Fuori dal Pd adesioni fioccano, intorno al principale azionista del vecchio centrosinistra si ricompongono le forze sparpagliate della defunta Unione. E tutte insieme tendono una mano verso il mondo della scuola, che nel frattempo ha messo in piedi una colossale opposizione autonoma al governo. Per Massimo Donadi «l’Idv raddoppia: dalla settimana prossima staremo nelle piazze non solo contro il Lodo Alfano ma anche per la raccogliere le firme contro la legge Gelmini. Mandiamo a casa due leggi vergogna.
Possiamo sommergere questo paese con 4 milioni di firme», per Manuela Palermi del Pdci «sarà una passeggiata, vinceremo alla grande». Sì dai verdi e da Sinistra democratica, dal Prc scatta l’adesione del segretario Paolo Ferrero («Il governo è stato sordo alle proteste. Gli vanno sturate le orecchie») e del leader della minoranza Nichi Vendola («All’arroganza di chi ha voluto sbattere la porta in faccia allo straordinario e pacifico movimento» è «sacrosanto replicare»). Nelle scuole in movimento non tutti sono persuasi, in realtà. Michele Corsi, del coordinamento Retescuole di Milano, per esempio, è incerto: «Se ne potrà parlare, ma non prima di aver percorso ogni possibilità di mobilitazione.
Nel frattempo le forze dell’opposizione istituzionale possono adeguare le loro proposte. Quella del Pd è ancora tagliare alla scuola pubblica non 8 ma 6 miliardi?».
Del resto ci sarà tempo per discutere, persino troppo. Non sarà un lavoro facile, tant’è che l’Udc, per questa ragione, si sfila. Dice Pierferdinando Casini: «Andrà in votazione nel 2010, mi sembra che sia una presa di posizione di valore simbolico, quella di Veltroni, alla quale guardiamo con rispetto. Ma non aderiamo». In effetti il referendum non potrà essere convocato prima del 2010, visto che è già scaduto il termine per la presentazione del quesito (il 30 settembre ). Nei prossimi giorni il Pd incaricherà un gruppo di esperti.
Il primo a fare «una ricognizione tecnica» è il costituzionalista Stefano Ceccanti: i quesiti, ragiona, debbono fare lo slalom fra i commi delle leggi, evitando di toccare materie tributarie e di bilancio, per le quali il referendum non è ammesso. Dalla legge 137, la Gelmini, si può abrogare la figura del maestro unico; dalla 133, la finanziaria anticipata del ministro Tremonti, si può scorporare qualche indicazione ’politica’ sui tagli. Tutto questo per svuotare la controriforma ’di fatto’.
Messaggi
1. «E ora abroghiamola», 31 ottobre 2008, 16:18, di luisa
non condivido il ricorso al referndum. Se il 51% egli italiani, ad es., fosse favorevole alla gelmini, anche solo perché ostile agli statali, dovremmo forse chinare la testa ed accettare 130mila posti di lavoro tagliati nelle scuole?! Perché?! Con questa logica ad ogni azione di lotta dovremmo chiederci se il nostro obiettivo può "disturbare" uno più della metà degli italiani! Buona parte poi degli studenti delle superiori (per non parlare dei più piccoli, vittime prime di questo scempio) non potrebbe nemmeno votare. Continuiamo le mobilitazioni nei luoghi di lavoro/studio e cerchiamo nuove alleanze che NON INTENDONO PAGARE LA CRISI più di quanto già... Il referendum lasciamolo perdere, per carità!
2. «E ora abroghiamola», 31 ottobre 2008, 17:58
Sono d’accordo con il precedente post: mi sembra assurdo invocare il referendum per ogni legge fatta dal governo B.Un referendum per il lodo Alfano mi sembra già sufficiente, ingolfare con decine di referendum le votazione può portare solo confusione e rigetto psicologico dell’istituto stesso che, ricordiamolo, è nato solo per le emergenze.
3. «E ora abroghiamola», 1 novembre 2008, 19:53
Non c’ è dubbio che la "Gelmini" sia, in prospettiva futura, molto più pericolosa della "Alfano" ma in realtà un referendum sulla stessa non cancellerebbe la cancellazione del 50% del bilancio scolastico (da 16 ad 8 miliardi di euro)in quanto il taglio è contenuto in una legge differente che è la finanziaria. E’ questa la vera porcata ( le parole non mi spaventano)del governo non certo il maestro unico od il grembiulino ai bambini.A proposito del maestro unico non so se avete visto portaa porta di qualche giorno fa in cui il ministro si impegnava a non licenziare nessuno sul suo onore(???). Siamo al gioco di parole in quanto si limiterà a non riconfermare i 50mila e più precari della scuola ma il risultato sarà identico:50mila persone l’anno prossimo saranno disoccupate con scarsissime possibilità di ricollocarsi altrove ma la coscienza del ministro è pulita lui mica li ha licenziati. Per quanto riguarda il grembiule a scuola noto soltanto il fatto che è gradito in tutte le dittature in quanto favorisce l’appredimento del "pensiero unico"e del conformismo. Michele