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E ora boom disoccupati
di Maurizio Galvani
Negli Stati Uniti in recessione il tasso sale al 6.5, il più alto dal 1994. Mentre collassa anche l’auto: General Motors perde altri 4,2 miliardi di dollari, la Ford altri 3
Gli Stati Uniti sono ufficialmente in recessione, ora certificata dal National Bureau of Economic Reasearch incaricato di misurare i cicli economici del paese. E a togliere di mezzo eventuali dubbi sono arrivati ieri altri due dati macroscopici. Il primo sulla disoccupazione: in ottobre, il tasso è schizzato al 6,5%, il livello più alto dal 1994. Il secondo proveniente dal mondo dell’automobile: nel terzo trimestre, la Ford ha perso altri 3 miliardi di dollari, la General Motors 4,2. In borsa, il titolo è crollato.
La giornata si era aperta con il Dipartimento al lavoro che comunicava che in ottobre 240 mila persone hanno perso il posto di lavoro, portando la cifra complessiva dei primi dieci mesi del 2008 a 1,2 milioni di unità. La recessione avanza a grandi passi e nel paese sono 10,1 milioni di persone senza un posto di lavoro. Non c’è comparto dell’economia che non paghi la crisi iniziata con la speculazione dei subprime: i disoccupati si contano soprattutto nelle costruzioni, nella manifattura e nelle vendite al dettaglio. Regge, ancora, il comparto dei servizi, in particolare in ambito sanitario e minerario.
L’auto americana invece si è proprio fermata. La Ford ha dichiarato di aver perso tra luglio e settembre 3 miliardi di dollari, con una flessione delle vendite del 25%. La Gm ha dichiarato di aver avuto perdite operative pari a 4,2 miliardi di dollari, ridotte formalmente a 2,5 miliardi dopo aver utilizzato 6,9 miliardi di liquidità. E dopo la pubblicazione dei conti, il numero uno del gruppo Richard Wagoner ha annunciato che interromperà le trattative di fusione con Chrysler, per concentrarsi sui suoi gravissimi problemi finanziari che ormai mettono a rischio le attività del gruppo.
Una delegazione delle tre di Detroit (Ford, Gm e Chrysler) hanno incontrato giovedì Nancy Pelosi, la presidente democratica del Congresso. Alla riunione hanno partecipato i numeri uno delle tre case automobilistiche - Wagoner per la Gm, Alan Mulally per la Ford e Bob Nardelli per la Chrysler insieme al capo del sindacato di categoria Uaw, Ron Gettelfinger - per chiedere ancora più aiuti. Almeno 50 miliardi di dollari; 25 miliardi liquidi e 25 miliardi di dollari per coprire le spese per l’assistenza dei dipendenti.
L’assedio delle quattro ruote a Washington arriva mentre il neo presidente Barack Obama sta mettendo a punto la sua nuova squadra per l’economia, tema centrale della campagna elettorale. La nomima del segretario al tesoro Usa è la più urgente di fronte all’attuale recessione e al crack occupazionale. Sembrano non esserci più soldi anche per gli ammortizzatori sociali e i sussidi. «Alcuni singoli stati - sostiene il National Employment Law Project - sono in bancarotta e non hanno più riserve per poter pagare i sussidi». Il numero delle richieste è sensibilmente aumentato: sono «3,84 milioni le persone che beneficiano di un aiuto, il livello più alto livello degli ultimi 25 anni». Con il trend attuale e - con i tagli che le imprese hanno annunciato per le prossime settimane - le casse potrebbero risultare presto insolventi. La CnnMoney riporta l’esempio dello stato del Michigan (dove hanno sede le Big Three) con l’industria dell’auto al collasso. Quest’anno le richieste di un sussidio sono aumentate già del 21% e il tasso di disoccupazione - in quella regione - è salito all’ 8,7%, rispetto all’ 7,3% di un anno fa. «Il fondo del Michigan ha già speso circa 1,1 miliardi di dollari in contributi», ha dichiarato Stephen Geskey presidente del fondo statale. Anche in Ohio, le richieste di sussidio sono salite in un anno del 40% e la cassa del fondo ha «disposizione solamente 305,6 milioni di dollari», scrive la CnnMoney.
Il dato fornito dal Dipartimento al lavoro rivela altre cose. Ovvero che è cresciuto il numero di coloro che rimangono senza lavoro per più di 27 settimane (2.3 milioni di persone); è cresciuto il numero dei dipendenti licenziati che non si aspettano di essere richiamati al lavoro (ad ottobre sono 4.4 milioni e molti tra coloro che sono stati espulsi vengono dal mondo della finanza); è salito il numero delle persone che sono impiegate par-time (più 645 mila a ottobre e complessivamente 6.7 milioni in tutto il paese); perdono per primi il posto di lavoro le minoranze nere (11.1 per cento) quella ispanica (8,8 per cento) ma i più colpiti sono il gruppo dei teenagers (20.6%).