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EDITORIALE. PER CLEMENTINA

Publie le giovedì 26 maggio 2005 par Open-Publishing

Clementina Cantoni, volontaria dell’associazione umanitaria "Care
international", impegnata in Afghanistan nella solidarieta’ con le donne, e’
stata rapita alcuni giorni fa

A Kabul, ma anche a Roma, a Milano, persone che vogliono Clementina libera
sono gia’ scese in strada, per gratitudine ed in trepidazione, sapendo che
la pace non viene da se’, va costruita con le nostre mani, come appunto
faceva Clementina prima che la rapissero. A Kabul, ma anche a Roma, a
Milano, e forse gia’ anche sotto casa tua: in ogni citta’, in ogni paese si
levi una voce di pace, una richiesta di liberazione.

RIFLESSIONE. MARIA G. DI RIENZO: SIGNORI GOVERNANTI

Governanti, politici, decisori italiani, buongiorno. Riuscite a leggermi?
So gia’ che siete sordi, ma ancora mi ostino a credere che sappiate leggere
e scrivere.

Da anni le Ong presenti in Afghanistan mandano rapporti e lanciano allarmi
sullo stato del paese, con tanta pignola frequenza che persino io, una
cittadina italiana qualsiasi, ne vengo a conoscenza. A voi non arrivano? Ve
li nascondono biechi funzionari e perverse segretarie? I vostri uomini sul
campo non si accorgono di nulla?

Ma si’, per voi la guerra e’ vittoriosamente conclusa e l’Afghanistan e’
finito nel cassetto dei ricordi. Si era persino millantato di aver
"liberato" le donne afgane, che hanno infatti manifestato per il rilascio di
Clementina Cantoni rigorosamente soffocate nei loro bei burka.

Vogliamo parlare di rapimenti, allora?

Una buona parte dei rapiti, una storia all’ordine del giorno in Afghanistan,
finiscono nelle camere di tortura costruite dagli Usa e gestite dai
mercenari pakistani. La gente viene rapita per strada e torturata per
estorcere loro informazioni. I torturatori pensano che se torturano
abbastanza persone, finiranno per aver la fortuna di ricavare da qualcuna di
esse informazioni che poi gli statunitensi pagheranno in denaro.
Anche i bambini vengono rapiti: dalle strade e persino dalle loro stesse
case. Secondo il "Pakistan News Service", l’anno scorso un padre afgano e’
stato costretto a pagare un riscatto di 4.500 dollari per riavere il
figlioletto. Come primo avviso, i rapitori hanno spedito al padre un dito
del bambino, con la nota allegata: "La prossima volta ti manderemo la
testa". Il padre riusci’ a raccogliere il denaro e pago’: il bimbo gli venne
restituito nudo e drogato.

Vogliamo parlare delle afgane "liberate"?

Il 3 maggio 2005 leggo sulla stampa internazionale di tre donne afgane
stuprate e strangolate nella provincia di Baghlan. Una veniva dal
Bangladesh, aveva 25 anni, e faceva il lavoro della nostra Clementina, era
una cooperante internazionale. Sulle vittime e’ stato lasciato un biglietto,
a firma del gruppo "Convenzione della gioventu’ afgana". Il testo recitava:
"Questa e’ la ricompensa per le donne che lavorano nelle Ong e per quelle
che si danno al meretricio". Il che, evidentemente, suggerisce un’identita’
simbolica fra aiuto umanitario e prostituzione. E il monito, con altrettanta
chiara evidenza, non e’ per i cooperanti stranieri in toto: e’ per le donne.
Qualche giorno dopo leggo dell’ennesima Amina uccisa, in una provincia del
nordest afgano. Il mullah ha autorizzato il padre, il padre ha ucciso la
figlia con la complicita’ del fidanzato di lei e di altri tre uomini.
Le ragazzine, invece, vengono vendute ai mercenari e agli americani perche’
le usino sessualmente. Persino gli ospedali non sono sicuri. Le ragazze e le
donne ci vanno, vengono anestetizzate per una ragione o l’altra, e al
risveglio dall’anestesia scoprono di essere state stuprate.

Vogliamo parlare del commercio di organi umani?

Quando i rapiti, soprattutto giovani e bambini, non vengono restituiti, e’
comune ritrovare i loro corpi senza cuore, reni, o fegato. Persino i loro
occhi vengono espiantati con cura.

Vogliamo parlare del fatto che il 40% dell’economia afgana ruota attorno al
commercio del papavero da oppio?

Si e’ passati dai 2.000 ettari del 2001 (prima dell’intervento statunitense)
ai 61.000 del 2005. Si tratta, signori, del 20% della terra coltivabile, in
un paese in cui si fa la fame. I contadini afgani coltivano il papavero da
oppio perche’ non hanno alternative: sono miserabili e indebitati con i
signori della guerra; il loro profitto consiste in una quantita’ di raccolto
che viene determinata prima del raccolto stesso, cosicche’, se la resa e’
inferiore alle aspettative, i debiti aumentano e i contadini non riescono a
sottrarvisi, perche’ devono produrre ancora piu’ oppio per estinguerli.
Forse a questo proposito vorrete mandare degli esperti, per esaminare il
problema.

Gli Usa lo hanno diligentemente gia’ fatto, ne hanno spediti in loco ben 50.
E costoro hanno redatto un rapporto che comincia cosi’: "Gli Usa
intervennero in Afghanistan nel 2001 per rimuovere il regime talebano che
permetteva ai campi di Al Qaida di prosperare nel suo territorio. L’esercito
Usa e’ ancora in Afghanistan sia per catturare i restanti leader di Al
Qaida, sia per creare le condizioni che prevengano un ritorno del
terrorismo". Dopo 4 anni di rapimenti, stupri, sangue ed oppio possiamo
dichiarare la missione fallita? Il rapporto non ne fa cenno. Pure, con
fraseggio pudico, sorpreso e scandalizzato nota che i trafficanti di oppio
sono gli alleati degli Usa, i signori della guerra dell’Alleanza del Nord, e
che questi stessi trafficanti occupano posizioni di rilievo nel governo di
Harmid Karzai. Come mai, quando si e’ accettata la collaborazione contro Al
Qaida con i signori della guerra, non e’ stato messo in chiaro che il
traffico d’oppio non va bene? Se lo chiedono, costernati, i 50 esperti. Di
settori del traffico di droga profittano pure, aggiunge il rapporto,
"oppositori della democrazia" come "Talebani ostinati e Al Qaida".

Non ci sono "risposte facili", ci ammoniscono i 50 saggi, che ritengono ci
vogliano almeno i prossimi dieci anni per sradicare il commercio e la
coltivazione del papavero da oppio. Hanno suggerito la creazione di "nuove
unita’ specializzate", nonche’ di una base di spionaggio (veramente loro
dicono "intelligence", ma associare l’intelligenza a questa cosa e’ un salto
semantico troppo grande perche’ io mi rompa una gamba assecondandoli)
situata alla periferia di Kabul, con annesso aeroporto; sapete, non stavano
scherzando: sotto la benevola egida del Dipartimento della difesa
statunitense questa base e’ gia’ in costruzione. Di denunciare i trafficanti
che stanno al governo, di offrire alternative ai coltivatori, di smobilitare
l’esercito, di utilizzare quei soldi per portare sollievo all’indigenza non
si parla.

Governanti, politici e decisori italiani: vi viene mai qualche dubbio sulla
partecipazione del nostro paese a simili auree imprese? Naturalmente dite di
essere preoccupati per la sorte di Clementina Cantoni, come eravate
preoccupati per Simona Torretta e Simona Pari, come sarete preoccupati per
la prossima volontaria rapita. Quanto ad ascoltarle prima, non sia mai.
Quanto ad ascoltare, so gia’ che siete sordi.