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ELEZIONI USA: parodia della democrazia
a cura di Paolo De Gregorio - 9 novembre 2006
Attentato alla logica e al buon senso: il “caro leader” Bush, invece di dimettersi, fa dimettere Rumsfeld che da lui prendeva ordini e, con raro sprezzo del ridicolo, dichiara: dall’Irak non ce ne andiamo.
A una persona semplice come me viene da chiedersi, ma che le hanno fatte a fare queste elezioni?
L’unica cosa che c’è da capire dell’America è che il sistema elettorale è finanziato dai gruppi economici e dai gruppi religiosi (evangelici ed ebrei), e che fra repubblicani e democratici non vi è alcuna sostanziale differenza per quanto riguarda la politica estera, l’uso della forza, e il dogma dell’egemonia degli Usa sul mondo.
Alla politica arrivano personaggi assolutamente mediocri, manovrabili dalle forze economiche e mediatiche che li mettono al potere, e le persone di livello culturale, etico e professionale non hanno alcuna possibilità di emergere in questo sistema di autentica dittatura del capitale.
La signora Clinton, che in queste elezioni ha acquisito una notorietà capace di portarla tra due anni alla Casa Bianca, ha speso più di cinquanta miliardi di vecchie lire per queste elezioni di medio termine. Basterebbe conoscere i veri personaggi che hanno sostenuto queste spese per capire quale sarà la politica del futuro presidente.
D’altronde vi sono elementi determinanti molto seri, strutturali, che costringono democratici e repubblicani ad avere politiche strategicamente molto simili, che sono l’enorme debito pubblico nei confronti di quasi tutti i paesi del mondo, la necessità di mantenere il dollaro come moneta internazionale di riferimento e per il pagamento del petrolio, e la struttura economica delle multinazionali che è l’asse portante dell’economia Usa che ha bisogno di egemonia su tutti i mercati e dunque il sostegno della forza militare.
Ecco le dichiarazioni di Thomas Friednam, consigliere del segretario di Stato Usa Madaleine Albrigth durante l’amministrazione Clinton: perché la globalizzazione funzioni l’America non deve temere di agire come l’invisibile superpotenza che in realtà è. La mano invisibile del mercato non funzionerà mai senza un pugno visibile. Mc Dondald’s non può diffondersi senza Mc Donnel Douglas (il fabbricante di F16) e il pugno visibile che garantisce la sicurezza di Silicon Valley si chiama esercito, aviazione, forza navale e corpo dei marine degli Stati Uniti.
Il problema politico è come rimanere all’interno di questo quadro con più o meno intelligenza e aggressività, ma nessun personaggio democratico o repubblicano ha mai posto il problema di finirla con questa costosissima egemonia fatta di un enorme esercito di attacco e di 900 basi militari in tutto il mondo, nessun politico americano parla di un mondo multipolare con cui confrontarsi senza minacce e senza egemonia, nessuno parla dell’evidente fatto che la democrazia non si esporta con le guerre.
Un paese che elegge come suo rappresentante e amministratore un deficiente muscoloso tipo Schwarzenegger, la cui immagine è legata esclusivamente a film violenti con la filosofia che il più forte ha ragione, e che soprattutto non ha esperienza politica di alcun tipo, ma solo immagine e notorietà, è un paese di cui aver paura ed è sbagliato aspettarsi da queste elezioni un qualunque cambiamento, se non di facciata o di linguaggio.
La prepotente e muscolosa America, ormai con pochi amici, sarà presto ridimensionata dai poli economici e geo-politici di “massa critica” imponente che stanno sorgendo nel mondo e nessuna politica egemonica, né economica, né militare, potrà più essere nemmeno concepita, né tollerata.
Per quanto riguarda l’Europa, essa ha il massimo interesse ad abbandonare per sempre l’asse del male Usa-Inghilterra-Israele, abbandonare la Nato, chiudere tutte le basi americane in territorio europeo, e dedicarsi alla integrazione pacifica con le economie di Russia e Medio Oriente, che sono i nostri vicini, che ci riforniscono di energia che potremmo pagare con grande vantaggio in Euro, se saremo capaci di emanciparci dalla dittatura del dollaro.
Paolo De Gregorio