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EPIFANI SULLA SICUREZZA NEL LUOGO DI LAVORO

Publie le venerdì 2 maggio 2008 par Open-Publishing
2 commenti

EPIFANI SULLA SICUREZZA NEL LUOGO DI LAVORO

Leggo sul Corriere Della Sera edizione online di ieri:


EPIFANI: CONFINDUSTRIA ESPELLA AZIENDE IRREGOLARI - Così come Confindustria in Sicilia ha deciso di espellere tutte le imprese che pagano il pizzo, da Confindustria nazionale deve arrivare un segnale altrettanto chiaro nei confronti di chi non rispetta le regole sulla sicurezza nei posti di lavoro. Lo ha chiesto successivamente dal palco sempre Guglielmo Epifani. «Come sindacati - dice Epifani - abbiamo salutato favorevolmente come gesto non solo simb olico quello di Confindustria Sicilia» che ha deciso di espellere le imprese che pagano il pizzo. «Confindustria - ha continuato poi il segretario - può fare lo stesso per le imprese che non rispettano le norme sulla sicurezza. Oppure la sicurezza vale meno del pizzo?».

La mafia e’ diversa dalla libera impresa.

La mafia ha un senso dello stato che e’ molto diverso dalla libera impresa. Quando diventi imprenditore ed assumi qualcuno, sai i rischi che corri te e il lavoratore che hai assunto. Entrambi sono coscienti di questo. L’impiegato e’ libero di andare via dall’impresa se alcune cose non garbano a lui. Una di queste potrebbe per esempio essere la sicurezza. Io ho imparato per esempio che la salute mentale e’, almeno per me, la cosa piu’ importante sul lavoro.

Il pizzo e’ cosa molto diversa. Li non hai molte scelte. Il pizzo quello e’, ti viene richiesto e te lo tieni cosi’ come e’ venuto. Infatti la forza e’ esercitata sull’individuo per accettare tale condizione. Non e’ una libera scelta, o al massimo una scelta dettata dalle esigenze.

Sicurezza sulla lavoro e pizzo sono cose molto diverse. Nella libera impresa entrambi stakeholders decidono di collaborare all’impresa.

Ecco per cui l’imprenditore si dovrebbe far carico di tutte quelle responsabilita’ per organizzare il luogo, strumenti di lavoro idonei per l’adeguato svolgimento del lavoro con dignita’ e sicurezza.

La sicurezza costa. Ma e’ anche un’investimento. Se si lavora meglio, senza stress, senza paura, si lavora di piu’. Certamente si puo’ anche in alcuni casi aumentare la produttivita’ e la qualita’ del lavoro. Questi sono interessi dell’imprenditore che punta sempre ad un profitto maggiore. Comunque la sicurezza sul lavoro e’ da staccare completamente dalla produttivita’ e non deve essere utilizzata come entry point per giustificare richieste di piu’ alta produttivita’ al lavoratore. E’ una soglia di sicurezza, una garanzia per il lavoratore non per l’imprenditore!

Dall’altro questo carico di spesa/investimento non puo’ essere messo sulle spalle del lavoratore poiche’ non e’ parte del suo lavoro. Cioe’ la sicurezza e’ legata piu’ alla spesa d’impresa che alla formazione del lavoratore.

La scuola dell’obbligo puo’ insegnare sicurezza di base. La famiglia lo stesso. Corsi introduttivi al luogo di lavoro dovrebbero essere fiscali per familiarizzare il lavoratore alle routines, rischi ecc. ecc.

La sicurezza di per se’ come si vede e’ molto dipendente dal luogo di lavoro. Dal contesto in cui si opera scaturisce la sicurezza. La formazione ai sistemi e procedure di sicurezza che un’ operaio ha ricevuto in un’azienda puo’ non essere trasferibile in un’altra. Certo il lavoratore adottera’ la propria intelligenza per trasferire esperienza acquisita nei precedenti luoghi di lavoro. Tuttavia, non si puo’ essere certi di questo, ossia che le cose accadranno sempre per il verso giusto o che il lavoratore sia sempre pronto a risolvere una situazione difficile. Anzi alcuni esperimenti dimostrano esattamente il contrario: molti individui restano paralizzati o fanno esattamente il contrario di quello che dovrebbero fare quando ci sono situazioni di emergenza.

La sicurezza e’ un tema veramente lungo e’ difficile. Ma la responsabilita’ a parer mio resta con i sistemi. I sistemi dovrebbero essere progettati per essere sicuri. Cosi’ come gli ambienti di lavoro. La casualita’ certo c’e’ sempre, ma e’ il compito dell’imprenditore ridurra al minimo.

E questo e’ il punto: ci sono imprenditori che capiscono questo, ed altri invece che pensano, accorciando le spese, che la sicurezza resti solo con l’esperienza dei lavoratori, oltretutto lo spazio fisico del luogo di lavoro da subito un’idea quanto l’impresa valuti i suoi lavoratori. Questi valori nulla hanno a che fare l’esperienza del lavoratore.

Mi sorge un dubbio. Cosa ci sta’ veramente a fare sto’ paragone della sicurezza sul lavoro con il pizzo.

Questo e’ un linguaggio che perde molto, non sullo stile o nei contenuti, ma nella vera essenza ossia quella di essere un linguaggio e di poter essere capito tra i diversi attori.

Mi riferisco ai vari operatori professionali per la sicurezza sul lavoro, agli ingegneri, ai professori universitari che vengono spazzati via dalla scena in un solo colpo di battute pragmatiche da Epifani in una giornata che tanta riflessione richiede. Confindustria secondo lui e’ uno strumento che deve vigilare e punire. Confindustria per Epifani e’ la polizia capace di sovrapporsi a tutti gli agenti che la societa’ Epifani utilizza un linguaggio paradossale che ignora il contesto, la storia la materialita’ che pesa come un macigno sugli individui, su cui invece, proprio il movimento operaio, era abituato a camminare con sicurezza e con una disinvoltura tipica degli individui che sono coscienti che la loro condizione e’ legata alla materialita’ di quello che circonda loro.

Come fa’ Epifani a far credere che la sicurezza sia una fatalita’ da essere repressa e non prevenuta. Ed e’ li che ci si gioca proprio tutto: il grande pubblico della nuova democrazia da mercato e’ smembrato di ogni appartenenza al reale. Multiple interpretazioni post-moderne della sicurezza degne di un varieta’ che porta alla deriva la stessa sicurezza, facendo le masse sempre piu’ insicure occultando il vero problema.

Si puo fare e dire tutto di tutto: demagogia, spettacolo, demenzialita’, multiple interpretazioni post-moderne. Tutto, tranne che spiegare al pubblico che la sicurezza deve essere un diritto per il lavoratore ed e’ un dovere per l’imprenditore. Il governo deve solo vigilare senza ostruire o avere compiti di polizia. Deve fare formazione, incoraggiare, salvare e non certamente delegare a strutture di rappresentanza come Confindustri che di per se hanno un peso enorme nelle decisioni del governo. In pratica deve sborsare quattrini per la sicurezza dei suoi cittadini, e soprattutto quelli piu’ vulnerabili e creare un’ambiente sicuro.

La sicurezza non e’ certamente la sola responsabilita’ dell’individuo che presta con il proprio lavoro servizio per la collettivita’ e questo non avviene in assenza di contesto e storia.

Epifani ha fallito miseramente come Napolitano, che propone di dare premi alle aziende che utilizzano sistemi di sicurezza sul lavoro, nel cogliere la drammaticita’ e la precarieta’ di tale linguaggio. Questo e’ tipico del post-moderno: la precarieta’ e l’instabilita’ del linguaggio aprono diversi punti di interpretazione non chiudono l’orizzonte di possibilita’. Molto difficile e’ comunque scollarsi da dosso la materialita’ del corpo che agisce in un contesto con tale linguaggio.

Sal.

Messaggi

  • I sindacati sulla questione sicurezza del lavoro hanno sempre tenuto una posizione ambigua ed ipocrita, preferendo spesso barattare la sicurezza con il mantenimento dei posti di lavoro !!

    La sicurezza costa e le imprese le misure per garantire la sicurezza le vorrebbero far pagare ai lavoratori o allo Stato,attraverso ulteriori defiscalizzazioni !!

    Le imprese possono poi pur sempre delocalizzare ed andare a produrre in paesi dove vige ancora lo schiavismo o salari da un euro al giorno !!

    Questo è il capitalismo bellezza !!

    MaxVinella

    • E se ci fosse un’azione coordinata a livello internazionale??

      Ora che poni il problema, e certamente il capitalismo funziona come tu dici, ne possiamo discutere. Forse far capire anche ai compagni all’estero circa la situazione e quello che si possono aspettare dai nuovi "investimenti" gioverebbe ad una nuova internazionale, che non sia quella che D’Alema vuole fare... per carita’. Ma un’internazionale piu’ comunista.

      Il problema che tu poni, non e’ da sottovalutare, anzi, aprire un dibattito su questo ed attivare i canali di informazione a livello internazionale .... forse darebbe una mano.

      Sal.