Home > EPPURE POSSIAMO CANTARE
che il piede straniero è sul cuore di altri
i morti sono in piazze e strade lontane
si ammucchiano tra macerie riarse
i lamenti d’agnello dei fanciulli giungono flebili
e l’urlo nero delle madri non rompe il cristallo
della distanza
i salici non hanno fronde per cetre appese a voto
il vento si è chetato
sono questi i tempi dell’incoscienza
stupida e stupefatta
scorrono le immagini delle mattanze
come quelle della cocacola di schumacher
e vasco rossi
tutto si confonde in un sogno insensato
le cifre dei morti vengono scandite
insieme alle finte commozioni dei potenti
ci dispiace ci dispiace tanto
per le vittime innocenti
oh uomini che danzate fra macelli
e macellati i vostri figli tremano
al pensiero della vendetta da scontare
Sentono l’angoscia che sale dai cadaveri
si accucciano sotto il peso della maledizione
Da millenni di padre in figlio
si tramanda il fratricidio
per il solco maledetto
su cui fondare una Roma
che libertà cercate fra l’odore del sangue
e le rovine? quale riscatto sazierà
le vostre mani nude
che scavano la terra in cerca della morte?
come siete sordi a questa colpa collettiva?
sul confine contate i morti da entrambi le parti
chiudete le palpebre agli occhi fissi
dei vostri piccoli innocenti
o vi incrudelite dietro la
vostra stella di morte
corazzati nelle vostre divise
stupidamente fieri nelle vostre armi vincenti
per ora
la danza macabra corre come
in un nuovo medioevo
e i vostri padroni
brindano insieme alla morte
a voi le vesti del lutto
per loro le tutte le gioie della terra
a voi lacrime e fame
per loro tutte le primizie della terra
oh schiavi coperti di sangue
la terra per cui lottate
la perenne cima da conquistare
è arsa ormai per il troppo sangue
putrefatta dai cadaveri
darà solo frutti marciti
oh schiavi questa è
l’ora della diserzione
che ogni esercito si sciolga
volga le armi contro
i propri generali
scannate i rispettivi padroni
che non ne resti il seme per Dio
che in suo nome vi sterminate
in una guerra che nessuno
può vincere
strappate le divise
e vadano a fuoco
che l’incendio purificatore redima
la vostra ignominia
oh uomini diventate uomini
o che siate maledetti
che la rovina vi travolga
che nessuno resti a piangervi
vittoria
L’avamposto degli Incompatibili
www.controappunto.org
Messaggi
1. > EPPURE POSSIAMO CANTARE, 1 agosto 2006, 16:55
Con la tua visione poetica dimostri che a partire da te, siamo tutti invece ancora capaci di parola e di poesia.Scrivere-tacere per dolore, raccontare le nostre "visioni"... forse anche queste emozioni sono impegno civile, amore per la vita? Forse...
Grazie Vittoria
Doriana
Alle fronde dei salici
[da Giorno dopo giorno (1947)]
Nel settembre 1943 l’Italia risultava divisa in due parti. Nella parte meridionale, controllata dagli Alleati, era stata restaurata la monarchia, sotto il re Vittorio Emanuele III. Nella parte centro-settentrionale, occupata dai tedeschi, Mussolini aveva creato la Repubblica sociale italiana.
Dall’8 settembre 1943 al 25 aprile 1945 l’esercito di liberazione condusse una lotta senza esclusione di colpi contro i tedeschi e i fascisti, che rispondevano con rastrellamenti, deportazioni e veri e propri massacri. Particolarmente feroci furono quelli di Boves, in Piemonte, di Marzabotto, in Emilia, dove le SS sterminarono l830 civili, e di Roma, dove i nazisti come rappresaglia a un attentato partigiano, che era costato la vita a 32 soldati tedeschi, uccisero 335 prigionieri italiani.
Di fronte agli orrori, ai mali della guerra, i poeti non potevano cantare, scrivere versi, ma solo agire come gli antichi ebrei schiavi a Babilonia, che appesero le loro cetre ai rami dei salici.
La poesia come impegno civile, per "rifare" l’uomo, abbrutito dagli orrori della guerra e reso incapace di parola e di poesia.
E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.
1. > EPPURE POSSIAMO CANTARE, 1 agosto 2006, 18:00
Il riferimento a Quasimodo è
venuto spontaneo
cambiano i tempi i luoghi
le situazioni ma quello che si prova no.
però la più bella di tutte resta sempre questa!
di Boris Vian
Monsieur le Président
Je vous fais une lettre
Que vous lirez peut-être
Si vous avez le temps
Je viens de recevoir
Mes papiers militaires
Pour partir à la guerre
Avant mercredi soir
Monsieur le Président
Je ne veux pas la faire
Je ne suis pas sur terre
Pour tuer des pauvres gens
C’est pas pour vous fâcher
Il faut que je vous dise
Ma décision est prise
Je m’en vais déserter
Depuis que je suis né
J’ai vu mourir mon père
J’ai vu partir mes frères
Et pleurer mes enfants
Ma mère a tant souffert
Elle est dedans sa tombe
Et se moque des bombes
Et se moque des vers
Quand j’étais prisonnier
On m’a volé ma femme
On m’a volé mon âme
Et tout mon cher passé
Demain de bon matin
Je fermerai ma porte
Au nez des années mortes
J’irai sur les chemins
Je mendierai ma vie
Sur les routes de France
De Bretagne en Provence
Et je dirai aux gens:
Refusez d’obéir
Refusez de la faire
N’allez pas à la guerre
Refusez de partir
S’il faut donner son sang
Allez donner le vôtre
Vous êtes bon apôtre
Monsieur le Président
Si vous me poursuivez
Prévenez vos gendarmes
que je tiendrai une arme ,
et que je sais tirer ..
so che le ultime strofe sono state cambiate su consiglio Mouloudji
però la versione originale era questa