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ESTATE ACCOGLIENZA

Publie le giovedì 14 agosto 2008 par Open-Publishing

Parola d’ordine : ACCOGLIENZA !
A scuola d’italiano per sopravvivere alla città semivuota

Tra gli stranieri costretti a restare in città durante le vacanze, c’è anche chi ne approfitta per migliorare (o imparare da zero) l’italiano. Per esempio, ai corsi (gratuiti) della Cgil. Occasione, in alcuni casi, per imparare a tenere in mano una penna per la prima volta. A trent’anni. Ma anche per socializzare. «In estate questi corsi servono anche per far sentire gli immigrati meno soli », spiega Roberto Morgantini, responsabile dell’ufficio stranieri del sindacato.

Capita, allora, di vedere oltre 60 persone, all’appuntamento settimanale del sabato mattina, nell’afosa sala Passpartout di via Galliera. Africani, magrebini, filippini, albanesi, tutti ad ascoltare Elisa e Umberto, insegnanti volontari, che spiegano cosa sono verbi e sostantivi. Tra gli studenti anche un ragazzo tunisino di 32 anni. Non vuole dire come si chiama ma ammette: «Non ho tanti amici, qui incontro altre persone». Nina (moldava) e Nello (rumeno), invece, gestiscono lo spazio dell’associazione L’Arca di via Gandusio, in Bolognina. Uno stanzone diviso a metà, sotto al deposito del cibo che arriva grazie al Banco alimentare: da una parte vestiti usati per chi ha bisogno, dall’altra una piccola chiesa, con tanto di altare, crocifissi e quadro di Padre Pio. È lì che, tra un materasso di recupero e una vecchia tv, su assi «recuperate in giro» e appoggiate su alcune sedie a mo’ di cavalletto, una ventina di persone si trova ogni lunedì (ma qualcuno frequenta tutte le tre lezioni settimanali) per l’altro corso di italiano gestito dalla Cgil. La classe è divisa in due: alcuni imparano le nozioni base, altri ascoltano come si scrive una lettera formale. Gli studenti, uomini e donne di nazionalità diverse ma soprattutto arabi, età media 30 anni, siedono composti e attenti. Prendono appunti, alcuni su fogli di fortuna. E rispettano il divieto assoluto di parlare in lingue diverse dall’italiano. Una delle «maestre», come le chiamano, è Manuela: «Stanno concentrati per due ore di seguito – dice dei suoi allievi – e fanno sempre i compiti a casa». Arrivano anche degli analfabeti, «ma alla terza lezione sanno già scrivere il loro nome», racconta.
Benedetta Boldrin dal " corriere Bologna "