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Bologna, corsi di italiano al Centro di espulsione
Al Centro di identificazione ed espulsione di via Mattei partita da un mese l’iniziativa della Cgil, unica in Italia. E presto spazio anche al teatro. Ma c’è già chi fa polemica. Ya Basta: ’’Servono diritti, non assistenza’’
BOLOGNA - Corsi di italiano per stranieri: fin qui nulla di strano, se non fosse che le lezioni si svolgono all’interno del Centro di identificazione ed espulsione (Cie) di Bologna.
A portare l’italiano tra i detenuti dell’ex Cpt di via Mattei è la Cgil, che da un mese ha varato un progetto “unico in Italia e forse anche in Europa”, come spiega il responsabile dell’Ufficio lavoratori stranieri della Cgil bolognese Roberto Morgantini. Due corsi la settimana (il lunedì e il giovedì dalle 15 alle 17) sono stati infatti organizzati all’interno delle sezioni maschile e femminile del centro: finora gli studenti sono in tutto una trentina (15 donne e 15 uomini) e vengono seguiti da Matteo Bolognini e Emanuela Malau, due docenti volontari della Cgil. “C’è un ricambio abbastanza frequente tra i fruitori, perché il tempo massimo di permanenza in un Cie è di 60 giorni”, spiega Morgantini.
E infatti verso la fine del 2007 la struttura ospitava in tutto 221 persone (129 uomini e 92 donne) ma nel corso dell’anno ben 538 cittadini stranieri erano passati tra le sue mura. Gli uomini che frequentano i corsi “sono tutti del Maghreb, soprattutto marocchini e tunisini, più un paio di cittadini bengalesi e un pakistano. Tra le donne ci sono molte cinesi, qualche nigeriana e alcune marocchine”.
Il livello di conoscenza dell’italiano “è vario: ad esempio i maghrebini ne hanno una buona padronanza. Durante i corsi, chi ha più dimestichezza con la lingua può fare da mediatore aiutando gli altri”.
Ma perché insegnare l’italiano a persone che con ogni probabilità saranno espulse dal Paese? “Il Centro di identificazione è il carcere peggiore, perché è lì dentro che muoiono le speranze – dice Morgantini –. Nello stesso tempo, una grossa fetta di persone non viene espulsa dopo la reclusione”.
Così i corsi servono anche a “umanizzare la vita dentro il Cie, e a consentire alle persone immigrate di investire il loro tempo in modo utile”. Il sindacalista racconta che “in passato alcuni cittadini stranieri, dopo aver lavorato in nero in un’azienda, venivano denunciati e finivano nell’allora Cpt con la prospettiva di essere mandati a casa e senza neppure avere incassato lo stipendio.
Così abbiamo creato un progetto per il recupero del crediti da parte di chi è rinchiuso nella struttura. E’ a partire da questa esperienza che abbiamo deciso di cercare un nuovo rapporto con i detenuti”.
Sull’onda della “umanizzazione” che la Cgil cerca di portare in via Mattei, c’è poi l’intenzione di avviare dei laboratori di teatro. “Abbiamo già la disponibilità dell’attore Ivano Marescotti”, dice Morgantini.
La Cgil sta cercando la maniera ottimale di conciliare un percorso di formazione con il ricambio dei possibili fruitori dell’iniziativa. “Verso la metà di novembre vedremo cosa fare, ma l’intento è quello di trasmettere qualcosa che possa rimanere”, precisa il responsabile dell’Ufficio lavoratori stranieri della Cgil.
Sotto le Due Torri si è però alzata anche qualche critica verso i corsi di lingua avviati dal sindacato: secondo i volontari di Ya Basta, “lavorare all’interno di un Centro di identificazione ed espulsione per umanizzarlo significa legittimare e normalizzare un luogo che è invece da distruggere dal punto di vista giuridico, legale e fisico”.
L’associazione organizza corsi d’italiano nella propria sede e gestisce uno sportello di tutela legale, orientamento e informazione per stranieri. “I Cie sono un abominio dal punto di vista del diritto, perché vi si recludono persone che hanno solamente infranto una norma amministrativa – dice una volontaria –: collaborare con queste strutture significa assumersi la responsabilità di riconoscerle”.
“Anche noi siamo per la chiusura – spiega Morgantini –, ma siccome ci sono e ce ne saranno altri, mentre si lotta per abolirli è bene tentare di capire cosa succede al loro interno e controllare che non ci siano soprusi”. (ef)