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EZLN : SESTA DICHIARAZIONE DELLA SELVA LACANDONA

Publie le giovedì 30 giugno 2005 par Open-Publishing

Dazibao Movimenti Guerre-Conflitti America Latina

ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE MESSICO

SESTA DICHIARAZIONE DELLA SELVA LACANDONA

Questa è la nostra semplice parola che cerca di toccare il cuore della gente
umile e semplice come noi e, proprio come noi, degna e ribelle. Questa è
la nostra semplice parola per raccontare quale è stato il nostro cammino
e dove ci troviamo ora, per spiegare come vediamo il mondo ed il nostro paese,
per dire quello che pensiamo di fare e come pensiamo di farlo, e per invitare
altre persone ad incamminarsi con noi in qualcosa di molto grande che si
chiama Messico e qualcosa di più grande che si chiama mondo. Questa è la
nostra semplice parola per far sapere a tutti i cuori onesti e nobili, quello
che vogliamo per il Messico e per il mondo. Questa è la nostra semplice parola,
perché la nostra idea è chiamare quelli come noi ed unirci a loro, in qualsiasi
parte vivano e lottino.

I - QUELLO CHE SIAMO

Noi siamo gli zapatisti dell’EZLN, benché ci chiamino anche "neo zapatisti".
Noi, gli zapatisti dell’EZLN, ci siamo sollevati in armi nel gennaio del
1994 perché vedevamo le troppe malvagità che fanno i potenti capaci solo
di umiliarci, derubarci, metterci in prigione e ammazzarci, e niente e nessuno
che dice né fa nulla. Per questo motivo dicemmo "Ora Basta! ", in pratica,
non avremmo più permesso che ci umiliassero e ci trattassero peggio degli
animali. Allora, dicemmo anche di volere la democrazia, la libertà e la giustizia
per tutti i messicani, anche se ci siamo concentrati più sui popoli indios.
Perché noi dell’EZLN siamo quasi tutti puri indigeni di qua del Chiapas,
ma non vogliamo lottare solo per il nostro bene o solo per il bene degli
indigeni del Chiapas, o solo per i popoli indios del Messico, ma vogliamo
lottare insieme a tutte le persone umili e semplici come noi, che hanno grandi
bisogni e che subiscono lo sfruttamento e le ruberie dei ricchi e dei loro
malgoverni qui nel nostro Messico ed in altri paesi del mondo.

Dunque, la nostra piccola storia è che ci stancammo dello sfruttamento dei
potenti e quindi ci organizzammo per difenderci e per lottare per la giustizia.
All’inizio non eravamo molti, solo qualcuno, e andavamo da un posto all’altro
a parlare ed ascoltare altre persone come noi. Per molti anni abbiamo fatto
questo e lo abbiamo fatto in segreto, senza chiasso. Abbiamo raccolto le
nostre forze in silenzio. Abbiamo trascorso così 10 anni e poi siamo cresciuti
e siamo diventati molte migliaia. Allora, ci siamo preparati bene con la
politica e con le armi ed improvvisamente, mentre i ricchi stavano festeggiando
l’anno nuovo, siamo piombati sulle loro città e le abbiamo occupate ed abbiamo
così fatto sapere a tutti che siamo qui, che ci devono prendere in considerazione.
Allora i ricchi si presero un bello spavento e ci mandarono contro i loro
grandi eserciti per annientarci, come fanno sempre ogni volta che gli sfruttati
si ribellano, li mandano per eliminare tutti. Ma non ci eliminarono per niente,
perché noi ci eravamo preparati molto bene prima della guerra e ci facemmo
forti dentro le nostre montagne. E qui sono arrivati gli eserciti a cercarci
e gettarci le loro bombe e pallottole, e ormai pianificavano di ammazzare
in una volta tutti gli indigeni perché non sapevano esattamente chi era zapatista
e chi no. E noi a correre e combattere, combattere e correre, come hanno
fatto i nostri antenati. Senza consegnarci, senza arrenderci, senza sconfiggerci.

Allora, la gente delle città uscì per le strade ed incominciò a gridare di
fermare la guerra. Così, noi abbiamo fermato la nostra guerra ed abbiamo
ascoltato quei fratelli e sorelle della città che ci dicevano di tentare
di giungere ad un accordo, cioè un accordo con i malgoverni per risolvere
il problema senza carneficine. E noi abbiamo ascoltato la gente, perché quella
gente è come si dice "il popolo", cioè il popolo messicano. Cosicché abbiamo
messo da parte il fuoco ed abbiamo tirato fuori la parola.

Ed i governi dissero di essere ben disposti e che avrebbero dialogato e fatto
accordi e che li avrebbero rispettati. E noi dicemmo che sta bene, ma pensammo
anche che sarebbe stato bene conoscere quella gente che era uscita per le
strade per fermare la guerra.

Allora, mentre dialogavamo con i malgoverni, abbiamo parlato anche con queste
persone ed abbiamo visto che la maggioranza era gente umile e semplice come
noi, ed entrambi sapevamo bene perché lottavamo, cioè loro e noi. Questa
gente la chiamammo "società civile" perché la maggioranza non faceva parte
di partiti politici, ma era gente comune, come noi, gente semplice ed umile.

Ma risulta che i malgoverni non volevano un buon accordo, era solo un loro
stratagemma quello di voler parlare e stringere accordi mentre stavano preparando
i loro attacchi per eliminarci definitivamente. E diverse volte ci hanno
attaccato ma non ci hanno vinto perché noi abbiamo resistito bene e molta
gente in tutto il mondo si è mobilitata. Allora i malgoverni hanno pensato
che il problema era che molta gente stava vedendo quello che succedeva a
proposito dell’EZLN e di proposito hanno iniziato a comportarsi come se non
stesse accadendo nulla. Nel frattempo, ci circondarono per bene, cioè ci
accerchiarono, sperando che, siccome le nostre montagne sono remote, la gente
si dimenticasse perché la terra zapatista è lontana. E di volta in volta
i malgoverni hanno provato e tentato di ingannarci o attaccarci, come nel
febbraio del 1995 quando ci scatenarono addosso una gran quantità di soldati
ma non ci sconfissero. Perché, come poi si disse, non eravamo soli e molta
gente ci appoggiò e resistemmo bene.

Allora i malgoverni hanno dovuto fare accordi con l’EZLN e questi accordi
si chiamano "Accordi di San Andrés" perché "San Andrés" è il nome del municipio
dove sono stati firmati questi accordi. Durante quei dialoghi non eravamo
soli a parlare con quelli del malgoverno, ma avevamo invitato molta gente
ed organizzazioni che lottavano o lottano per i popoli indios del Messico,
e tutti dicevano la loro parola e tutti insieme si concordava che cosa dire
ai malgoverni. Così si svolse quel dialogo, non c’erano solo gli zapatisti
da una parte ed i governi dall’altra, ma con gli zapatisti c’erano i popoli
indios del Messico e quelli che li appoggiavano. Ed in quegli accordi i malgoverni
dissero che avrebbero riconosciuto i diritti dei popoli indios del Messico
e rispettato la loro cultura, e che avrebbero fatto diventare il tutto, legge
della Costituzione. Ma, subito dopo aver firmato, i malgoverni si sono comportati
come se se ne fossero dimenticati e sono trascorsi molti anni senza che questi
accordi fossero rispettati. Invece, il governo attaccò gli indigeni per farli
desistere dalla lotta, come quel 22 dicembre del 1997, data in cui Zedillo
fece ammazzare 45 uomini, donne, anziani e bambini nel villaggio del Chiapas
che si chiama ACTEAL. Questo grave crimine non si dimentica tanto facilmente,
ed è la dimostrazione di come i malgoverni non si fanno scrupolo di attaccare
ed assassinare coloro che si ribellano contro le ingiustizie. Mentre succede
tutto questo, noi zapatisti facciamo di tutto affinché si rispettino gli
accordi e resistiamo sulle montagne del sudest messicano. E incominciammo
a parlare con altri popoli indios del Messico e le loro organizzazioni e
concordammo con loro di lottare insieme per la stessa cosa, cioè per il riconoscimento
dei diritti e della cultura indigeni. Ci appoggiò anche molta gente di tutto
il mondo e molte persone stimate per la loro parola perché sono importanti
intellettuali, artisti e scienziati del Messico e di tutto il mondo. Abbiamo
fatto anche incontri internazionali, cioè ci siamo trovati insieme a parlare
con persone dell’America e dell’Asia e dell’Europa e dell’Africa e dell’Oceania,
ed abbiamo conosciuto le loro lotte ed i loro modi, e li abbiamo chiamati
incontri "intergalattici" per fare gli spiritosi e perché avevamo invitato
anche quelli di altri pianeti che però non sono arrivati, o forse sono venuti
ma non l’hanno fatto sapere.

Poiché i malgoverni non rispettavano gli accordi, allora pensammo di parlare
con molti messicani affinché ci sostenessero. Così, per prima cosa nel 1997
abbiamo fatto una marcia su Città del Messico chiamata "dei 1,111" perché
vi partecipava un compagno o una compagna per ogni comunità zapatista, ma
il governo non ci fece caso. Poi, nel 1999, abbiamo realizzato una consultazione
in tutto il paese ed abbiamo così verificato che la maggioranza era d’accordo
con le richieste dei popoli indios, ma neppure a questa fecero caso i malgoverni.
Per ultimo, nel 2001, abbiamo fatto la "marcia per la dignità indigena" che
ha trovato il sostegno di milioni di messicani e di altri paesi, ed è arrivata
fino a dove siedono i deputati e i senatori, cioè al Congresso dell’Unione,
per esigere il riconoscimento degli indigeni messicani.

Ma niente, i politici del partito PRI, il partito PAN ed il partito PRD,
si misero d’accordo tra loro e non riconobbero i diritti e la cultura indigeni.
Questo accadde nell’aprile del 2001, e in quell’occasione i politici hanno
dimostrato chiaramente di non avere un minimo di decenza, di essere svergognati
e di pensare solo a guadagnare i loro bei soldi come malgovernanti quali
sono. Questo bisogna ricordarlo perché vedrete che adesso diranno che riconosceranno
i diritti indigeni, ma è una bugia per far sì che si voti per loro, ma hanno
già avuto la loro opportunità e non hanno fatto il loro dovere.

Ci siamo dunque resi conto di quanto siano stati vani il dialogo e la negoziazione
con i malgoverni del Messico. Loro non badano se stiamo stiamo parlando con
i politici perché né il loro cuore né la loro parola sono retti, ma distorti
e mentono dicendo che rispetteranno gli accordi, ma non è così. Quel giorno,
quando i politici del PRI, PAN e PRD hanno approvato una legge inutile, con
un colpo solo hanno ucciso il dialogo e detto chiaramente che non ha importanza
quello che concordano e firmano perché non mantengono la parola. Quindi,
non abbiamo più cercato nessun contatto con i poteri federali perché abbiamo
compreso che il dialogo e la negoziazione erano falliti a causa di quei partiti
politici. Abbiamo capito che non gli importava il sangue, la morte, la sofferenza,
le mobilitazioni, le consultazioni, gli sforzi, i pronunciamenti nazionali
ed internazionali, gli incontri, gli accordi, le firme, gli impegni. In questo
modo, la classe politica non solo ha chiuso un’altra volta la porta ai popoli
indios; ha dato anche un colpo mortale alla soluzione pacifica, dialogata
e negoziata della guerra. E non si può più credere che rispetterà gli accordi
presi con qualcuno.
Guardate bene e fate esperienza di quanto ci è accaduto.

Ci siamo resi ben conto di tutto questo e nei nostri cuori abbiamo pensato
che cosa avremmo fatto. La prima cosa che abbiamo inteso era che il nostro
cuore non era più come prima, quando avevamo iniziato la nostra lotta, ma
era più grande perché avevamo toccato il cuore di molta gente buona. Ed abbiamo
capito anche che il nostro cuore era ancora più ferito. Ma non per l’inganno
subito dai malgoverni, ma perché quando abbiamo toccato i cuori di altri,
abbiamo sentito anche i loro dolori. Era come se ci fossimo guardati in uno
specchio.

II - DOVE SIAMO ADESSO

Dunque, come zapatisti, abbiamo pensato che non bastava smettere di dialogare
con il governo, ma che era necessario continuare la lotta nonostante quei
parassiti fannulloni dei politici. L’EZLN decise allora l’applicazione, solo
da parte sua (si dice"unilaterale" perché solo da una parte) degli Accordi
di San Andrés per la parte dei diritti e cultura indigeni. Per 4 anni, dalla
metà del 2001 fino a metà del 2005, ci siamo dedicati a questo e ad altre
cose che diremo.

Bene, abbiamo allora cominciato ad avviare i municipi autonomi ribelli zapatisti,
che è la forma in cui si sono organizzati i popoli per governare e governarsi,
per rendersi più forti. Questa forma di governo autonomo non è stata inventata
dall’EZLN, ma viene da molti secoli di resistenza indigena e dalla stessa
esperienza zapatista, è l’autogoverno delle comunità.

Cioè, non è che viene qualcuno da fuori a governare, ma i popoli stessi decidono,
tra di loro, chi e come governa, e se non obbedisce lo rimuovono. Cioè, se
quello che comanda non obbedisce al popolo, lo rimuovono dall’incarico, non
è più autorità e subentra un altro.

Ma ci siamo accorti che i municipi autonomi non erano tutti alla pari, ce
n’erano alcuni più sviluppati e che avevano maggiori aiuti da parte della
società civile, mentre altri erano più abbandonati. C’era quindi bisogno
di organizzazione perché ci fosse più parità.

Ci siamo anche accorti che l’EZLN, con la sua parte politico-militare si
intrometteva nelle decisioni che spettavano alle autorità democratiche, come
si dice "civili". Il problema è che la parte politico-militare dell’EZLN
non è democratica, perché è un esercito, ed abbiamo visto che non è un bene
che la parte militare stia sopra e la parte democratica sotto, perché non
deve essere che quello che è democratico si decida militarmente, ma deve
essere il contrario: cioè, che sopra la parte politica democratica comanda
e sotto la parte militare obbedisce. O forse sarebbe meglio che niente sia
sotto ma che tutto sia allo stesso livello, senza parte militare, per questo
gli zapatisti sono soldati, affinché non ci siano soldati. Bene, allora,
per risolvere questo problema abbiamo cominciato a separare la parte politico-militare
dalle forme di organizzazione autonome e democratiche delle comunità zapatiste.
Così, azioni e decisioni che prima faceva e prendeva l’EZLN, a poco a poco
sono state passate alle autorità democraticamente elette nelle comunità.

Sembra facile a dirsi, ma nella pratica è costato molto perché sono molti
anni, prima di preparazione alla guerra e poi di guerra, e si fa l’abitudine
alla cosa politico-militare. Ma l’abbiamo fatto perché questo è il nostro
modo di fare, quello che diciamo poi lo facciamo, perché altrimenti perché
lo dovremmo dire se poi non lo facciamo.

Così sono nate le Giunte di Buon Governo, nell’agosto del 2003, e con queste
si è continuato l’apprendistato e l’esercizio del "comandare obbedendo".

Da allora e fino alla metà del 2005, la dirigenza dell’EZLN non ha più dato
ordini sulle questioni civili, ma ha accompagnato ed appoggiato le autorità
elette democraticamente dalle comunità, inoltre, ha vigilato che le comunità
e la società civile nazionale ed internazionale fossero opportunamente informate
sugli aiuti ricevuti e sul loro utilizzo. Ed ora stiamo trasferendo il lavoro
di vigilanza del buon governo alle basi di appoggio zapatiste, con incarichi
temporanei a rotazione, in modo che tutti e tutte imparino e svolgano questo
compito. Perché noi pensiamo che un popolo che non vigila sui suoi governanti,
è condannato ad essere schiavo, e noi combattiamo per essere liberi, non
per cambiare padrone ogni sei anni.

L’EZLN, durante questi 4 anni, ha trasferito alle Giunte di Buon Governo
ed ai Municipi Autonomi, gli appoggi ed i contatti che, in tutto il Messico
e nel mondo, sono stati raccolti in questi anni di guerra e resistenza. Inoltre,
in questo periodo, l’EZLN ha costruito un supporto economico e politico che
permettesse alle comunità zapatiste di andare avanti con meno difficoltà
nella costruzione della loro autonomia e migliorare le loro condizioni di
vita. Non è molto, ma è molto di più di quanto si aveva prima dell’inizio
della sollevazione, nel gennaio del 1994.

Se si legge qualcuno degli studi che fanno i governi, si vede che le uniche
comunità indigene che hanno migliorato le proprie condizioni di vita, cioè
la loro salute, educazione, alimentazione, abitazione, sono quelle che si
trovano in territorio zapatista, come diciamo noi, dove si trovano le nostre
comunità. Tutto questo è stato possibile grazie allo sviluppo dei popoli
zapatisti ed al sostegno molto grande ricevuto da persone buone e nobili
che chiamiamo "società civili", e dalle loro organizzazioni di tutto il mondo.
Come se tutte queste persone avessero reso reale quella cosa del "un altro
mondo è possibile", ma nei fatti, non nelle chiacchiere.

Quindi, le comunità hanno fatto buoni progressi.

Adesso ci sono più compagni e compagne che stanno imparando ad essere governo.
E, anche se poco a poco, più donne si stanno inserendo in questi lavori,
anche se continua ad esserci mancanza di rispetto per le compagne e necessità
di una maggiore partecipazione nelle attività di lotta. Inoltre, con le Giunte
di Buon Governo è migliorato il coordinamento tra i municipi autonomi e la
soluzione dei problemi con altre organizzazioni e con le autorità ufficiali.
Si è migliorato molto anche riguardo ai progetti presenti nelle comunità
ed è più equa la ripartizione di progetti ed aiuti forniti dalla società
civile di tutto il mondo: è migliorata la salute e l’educazione sebbene manchi
ancora molto per essere quello che dovrebbe essere, la stessa cosa riguardo
alla casa e l’alimentazione, ed in alcune zone è migliorato molto il problema
della terra perché si sono suddivise le terre recuperate dai proprietari
delle fincas, ma ci sono zone che continuano a soffrire per mancanza di terre
da coltivare. Inoltre, è migliorato molto l’appoggio della società civile
nazionale ed internazionale, perché prima ognuno andava dove gli garbava
ed ora le Giunte di Buon Governo li indirizzano dove è più necessario. Dovunque,
ci sono più compagni e compagne che stanno imparando a relazionarsi con le
persone di altre parti del Messico e del mondo, stanno imparando a rispettare
e a esigere rispetto, stanno imparando che ci sono molti mondi e che tutti
hanno il loro posto, il loro tempo ed i loro modi, quindi bisogna rispettarsi
reciprocamente.

Noi zapatisti dell’EZLN abbiamo dedicato questo tempo alla nostra forza principale,
cioè ai popoli che ci sostengono. La situazione in qualche cosa è migliorata
e non si può dire che l’organizzazione e la lotta zapatiste sono state vane,
ma, anche se ci elimineranno completamente, la nostra lotta é servita a qualcosa.

Non sono cresciuti solo i popoli zapatisti, ma è cresciuto anche l’EZLN.
Perché in questo tempo è successo che le nuove generazioni hanno rinnovato
tutta la nostra organizzazione. Hanno portato nuova forza. I comandanti e
le comandanti che raggiungevano la loro maturità all’inizio della sollevazione
nel 1994, posseggono ora la saggezza di quanto appreso nella guerra e nel
dialogo di 12 anni con migliaia di uomini e donne di tutto il mondo. I membri
del CCRI, la direzione politico-organizzativa zapatista, ora consigliano
ed orientano i nuovi che continuano ad unirsi alla nostra lotta e che vanno
ad occupare incarichi direttivi. Da tempo ormai i "comitati" (come li chiamiamo
noi) hanno preparato tutta una nuova generazione di comandanti e comandanti
che, dopo un periodo di istruzione e prova, incominciano ad apprendere i
compiti di comando organizzativo e a svolgerli. E succede anche che i nostri
insurgentes, insurgentas, miliziani, miliziane, responsabili locali e regionali,
così come le basi di appoggio che erano giovani all’inizio della sollevazione,
sono ora uomini e donne maturi, veterani combattenti e leader naturali nelle
proprie unità e comunità. E chi era bambino quel gennaio del ’94, ora è un
giovane cresciuto nella resistenza e formato nella degna ribellione condotta
dai suoi genitori in questi 12 anni di guerra. Questi giovani hanno una formazione
politica, tecnica e culturale che non avevano i fondatori del movimento zapatista.
Questa gioventù alimenta ora, sempre di più, tanto le nostre truppe quanto
i ruoli direttivi nell’organizzazione. Tutti noi abbiamo visto gli inganni
della classe politica messicana e la distruzione che le sue azioni provocano
nella nostra patria. Ed abbiamo visto le grandi ingiustizie e carneficine
che compie la globalizzazione neoliberista in tutto il mondo. Ma di questo
parleremo in seguito.

Così l’EZLN ha resistito a 12 anni di guerra, di attacchi militari, politici,
ideologici ed economici, di accerchiamento, di vessazioni, di persecuzione,
ma non ci hanno sconfitto, non ci siamo venduti né arresi, e siamo andati
avanti. Molti altri compagni di molte parti sono entrati a far parte della
lotta, cosicché, invece di indebolirci dopo tanti anni, siamo diventati più
forti. Ci sono indubbiamente problemi che si possono risolvere separando
di più la parte politico-militare dalla parte civile-democratica. Ma ci sono
cose, le più importanti, come le nostre richieste per cui lottiamo, che non
sono ancora state raggiunte completamente.

Secondo il nostro pensiero e quello che sentiamo nel nostro cuore, siamo
arrivati ad un punto in cui non possiamo più andare oltre, in aggiunta, è
possibile che perdiamo tutto quello che abbiamo se restiamo dove siamo arrivati
adesso e non facciamo nient’altro per avanzare. Quindi, è arrivata l’ora
di rischiare un’altra volta e compiere un passo pericoloso ma che vale la
pena. Perché, forse uniti con altri settori sociali che hanno i nostri stessi
bisogni sarà possibile ottenere quello di cui necessitiamo e meritiamo. Un
nuovo passo avanti nella lotta indigena è possibile solo se l’indigeno si
unisce con operai, contadini, studenti, insegnanti, impiegati... cioè i lavoratori
della città e della campagna.

III - COME VEDIAMO IL MONDO

Ora vi spieghiamo come noi zapatisti vediamo ciò che succede nel mondo. Dato
che vediamo che il capitalismo è il più forte adesso. Il capitalismo è un
sistema sociale, cioè il modo in cui in una società sono organizzate le cose
e le persone, e chi ha e chi non ha, e chi comanda e chi obbedisce. Nel capitalismo
ci sono alcuni che hanno denaro cioè capitale e fabbriche e negozi e terre
e molte cose, e ci sono altri che non hanno niente ma hanno solo la loro
forza e le loro conoscenze per lavorare; e nel capitalismo comandano quelli
che hanno il denaro e le cose ed obbediscono quelli che non hanno altro che
la loro capacità di lavoro.

Dunque, il capitalismo vuol dire che ci sono pochi che hanno grandi ricchezze,
ma non è che abbiano vinto un premio, o trovato un tesoro o ereditato da
un parente, quelle ricchezze le ottengono sfruttando il lavoro di molti.
Cioè questo capitalismo si basa sullo sfruttamento dei lavoratori, il che
vuole dire che spremono i lavoratori e tirano fuori da loro tutto quello
che possono per guadagnarci. E questo si fa con ingiustizia perché non pagano
il giusto al lavoratore per il suo lavoro, ma gli danno un salario appena
sufficiente per mangiare un po’ e perché possa riposarsi un pochino ed il
giorno seguente torni di nuovo a lavorare dove lo sfruttano che sia nelle
campagne o in città.

Ed anche il capitalismo si arricchisce con la spoliazione, cioè col furto,
perché toglie ad altri quello che brama, per esempio terre e ricchezze naturali.
Cioè il capitalismo è un sistema dove i ladri sono liberi e sono ammirati
e portati ad esempio.

Ed oltre a sfruttare e togliere, il capitalismo reprime perché imprigiona
ed ammazza coloro che si ribellano contro l’ingiustizia.

Al capitalismo quello che più interessa sono le merci, perché quando si comprano
e si vendono danno guadagni. Ed allora il capitalismo trasforma tutto in
merce, per lui sono merci le persone, la natura, la cultura, la storia, la
coscienza. Secondo il capitalismo, tutto deve potersi comprare e vendere.
E nasconde tutto dietro le merci affinché non vediamo lo sfruttamento che
compie. Ed allora le merci si comprano e si vendono in un mercato. E risulta
che il mercato, oltre a servire per comprare e vendere, serve anche per nascondere
lo sfruttamento dei lavoratori. Per esempio, nel mercato vediamo il caffè
già confezionato, nel suo sacchetto o nel barattolo proprio bello, ma non
vediamo il contadino che ha sofferto nella raccolta del caffè e non vediamo
il coyote che gli ha pagato pochissimo il suo lavoro e non vediamo i lavoratori
nella grande impresa dai e dai ad impacchettare il caffè. Oppure, prendiamo
un registratore per ascoltare musica tipo cumbia, ranchera o corrido o come
volete, e vediamo che è molto buono perché ha buon suono, ma non vediamo
l’operaia della maquiladora che ha tribolato molte ore per collegare i cavi
e le parti dell’apparecchio e le hanno pagato una miseria di denaro, e lei
che vive lontano dal posto di lavoro e spende molto per il trasporto e che
corre inoltre il rischio che la sequestrino, la violentino e l’ammazzino
come succede a Ciudad Juárez, in Messico.

Sul mercato vediamo merci, ma non vediamo lo sfruttamento attraverso cui
sono state fatte. Ed allora il capitalismo ha bisogno di molti mercati...
o di un mercato molto grande, un mercato mondiale.

Ed allora risulta che il capitalismo di adesso non è come quello di prima
quando i ricchi erano contenti di sfruttare i lavoratori nei loro paesi,
ora si trova in una fase che si chiama Globalizzazione Neoliberista. Questa
globalizzazione vuol dire che oramai i lavoratori si dominano non solo in
un paese o in diversi, i capitalisti oramai tentano di dominare tutto in
tutto il mondo. E dato che il mondo, cioè il pianeta Terra, è detto anche
"globo terracqueo", per questo motivo si dice "globalizzazione" cioè tutto
il mondo.

E si parla di neoliberismo dato che è l’idea che il capitalismo è libero
di dominare tutto il mondo e non c?è nulla da fare, perché bisogna rassegnarsi
ed accontentarsi e non fare chiasso, cioè non ribellarsi. Il neoliberismo
è la teoria, il progetto della globalizzazione capitalista. Ed il neoliberismo
ha i suoi piani economici, politici, militari e culturali. In tutti questi
piani quello di cui si tratta è di dominare tutti, e colui che non obbedisce
viene represso e messo da parte affinché non passi le sue idee di ribellione
ad altri.

Allora, nella globalizzazione neoliberista, i grandi capitalisti che vivono
nei paesi potenti, come gli Stati Uniti, vogliono che tutto il mondo diventi
come una grande impresa dove si producono merci e come un gran mercato. Un
mercato mondiale, un mercato per comprare e vendere tutto quello che si produce
nel mondo e per nascondere tutto lo sfruttamento di tutto il mondo. Allora
i capitalisti globalizzati si inseriscono dappertutto, in tutti i paesi,
per fare i loro grandi affari, ovvero, i loro grandi sfruttamenti. E non
rispettano niente e si insediano a forza. Praticamente conquistano gli altri
paesi. Per questo noi zapatisti diciamo che la globalizzazione neoliberista
è una guerra di conquista di tutto il mondo, una guerra mondiale, una guerra
che il capitalismo conduce per dominare a livello mondiale. Questa conquista
a volte avviene con eserciti che invadono un paese e lo conquistano con la
forza. Invece a volte avviene attraverso l’economia, cioè i grandi capitalisti
mettono il loro denaro in un altro paese o gli prestano denaro, ma a condizione
che obbedisca a quello che loro dicono. E introducono anche le loro idee,
cioè la cultura capitalista che è la cultura della merce, del profitto, del
mercato.

Con la conquista, il capitalismo fa quello che vuole, cioè distrugge e cambia
quello che non gli piace ed elimina quello che lo disturba. Per esempio lo
disturbano quelli che non producono né comprano né vendono le merci della
modernità, o quelli che si ribellano a questo ordine. E quelli che non gli
servono, li disprezza. Per questo motivo gli indigeni disturbano la globalizzazione
neoliberista e per questo li disprezzano e li vogliono eliminare. Il capitalismo
neoliberista cancella anche le leggi che non gli permettono di sfruttare
ed avere molti profitti. Per esempio si impone che tutto si possa comprare
e vendere e dato che il capitalismo ha il denaro, allora compra tutto. Così
il capitalismo distrugge i paesi che conquista con la globalizzazione neoliberista,
ma poi vuole pure risistemare tutto o rifarlo di nuovo ma a modo suo, cioè
in modo che gli dia benefici e senza nessuno che lo disturbi. Così, la globalizzazione
neoliberista, cioè capitalista, distrugge quello che c?è in quei paesi, distrugge
la loro cultura, la loro lingua, il loro sistema economico, il loro sistema
politico e distrugge anche le forme di relazione in questi paesi. Cioè, distrugge
tutto quello che fa sì che un paese sia un paese.

Quindi, la globalizzazione neoliberista vuole distruggere le Nazioni del
mondo e vuole che rimanga una sola Nazione o paese, cioè il paese del denaro,
del capitale. Ed il capitalismo vuole allora che tutto sia come lui vuole,
cioè a modo suo, e ciò che è diverso perché non gli piace, lo perseguita
e l’attacca o lo mette da parte in un angolo e fa come se non esistesse.

Per riassumere, il capitalismo della globalizzazione neoliberista si basa
sullo sfruttamento, sulla spoliazione, sul disprezzo e sulla repressione
di quelli che non lo accettano. Ovvero, uguale a prima, ma ora globalizzato,
mondiale.

Ma non è tanto facile per la globalizzazione neoliberista, perché gli sfruttati
di ogni paese non si accontentano e non dicono che non c?è più nulla da fare,
ma si ribellano; e quelli che protestano e disturbano, resistono e non si
lasciano eliminare. Ed allora vediamo che in tutto il mondo quelli che sono
fregati fanno resistenze per non arrendersi, cioè si ribellano, e non solo
in un paese ma in tutti i posti in cui si trovano numerosi, cioè: dove c’è
una globalizzazione neoliberista, c?è anche una globalizzazione della ribellione.

Ed in questa globalizzazione della ribellione non ci sono solo i lavoratori
delle campagne e delle città, ma ci sono anche altri ed altre che sono perseguitati
e disprezzati per lo stesso motivo, perché non si lasciano dominare, come
le donne, i giovani, gli indigeni, gli omosessuali, le lesbiche, i transessuali,
gli emigranti e molti altri gruppi presenti in tutto il mondo ma che non
vediamo finché non gridano ora basta al disprezzo e si sollevano e allora
sì li vediamo e li sentiamo e li conosciamo.

Ed allora noi vediamo che tutti questi gruppi di persone stanno lottando
contro il neoliberismo, cioè contro il piano della globalizzazione capitalista
e stanno lottando per l?umanità.

Ci stupisce molto vedere la stupidità dei neoliberisti che vogliono distruggere
tutta l’umanità con le loro guerre ed i loro sfruttamenti, ma ci suscita
anche grande contentezza vedere che dovunque nascono resistenze e ribellioni,
come la nostra che è un po’ piccola ma siamo qui. E vediamo tutto questo
in tutto mondo ed il nostro cuore sa che non siamo soli.

IV. - COME VEDIAMO IL NOSTRO PAESE CHE È IL MESSICO

Ora vi parliamo di come vediamo quello che sta succedendo nel nostro Messico.
Bene, perché quello che vediamo è che il nostro paese è governato dai neoliberisti.
Ossia che, come già abbiamo spiegato, i governanti che abbiamo stanno distruggendo
la nostra Nazione, la nostra Patria messicana. Il loro lavoro, di questi
cattivi governanti, non è agire per il benessere del popolo, ma solo occuparsi
del benessere dei capitalisti. Per esempio, fanno leggi come quelle del Trattato
di Libero Commercio, che gettano nella miseria molti messicani, tanto i contadini
come i piccoli produttori, che vengono ?divorati? dalle grandi imprese agroindustriali;
così come gli operai ed i piccoli impresari perché non possono competere
con le grandi transnazionali che si installano senza che nessuno dica loro
niente e con tante grazie, e applicano bassi salari e prezzi alti. Così,
come si dice, alcune delle basi economiche del nostro Messico, che erano
la campagna e l’industria ed il commercio nazionali, sono distrutte e ne
restano solo pochi rottami che di sicuro saranno venduti.

E queste sono delle grandi disgrazie per la nostra Patria. Perché nella campagna
oramai non si producono alimenti, ma solo quello che vendono i grandi capitalisti
e le terre buone sono rubate con la complicità e con l’appoggio dei politici.
Nelle campagne sta succedendo lo stesso come ai tempi del Porfirismo, solo
che, invece dei latifondisti, ora sono alcune imprese straniere quelle che
fregano per bene il contadino. E dove prima c?erano crediti e prezzi protetti,
adesso ci sono solo elemosine, .. e a volte neanche queste.

Per il lavoratore della città, invece, le fabbriche chiudono e si resta senza
lavoro, o si aprono quelle che si chiamano maquiladoras che sono di proprietà
degli stranieri e che pagano una miseria per molte ore di lavoro. Quindi,
non importa il prezzo dei prodotti di cui ha bisogno il popolo perché, che
sia caro o a buon mercato, non c’è stipendio. E se qualcuno lavorava in una
piccola o media impresa, adesso non lavora più, perché è chiusa e l?ha comprata
una grande transnazionale. E se qualcuno aveva un piccolo commercio, è sparito
pure questo oppure si è messo a lavorare clandestinamente per le grandi imprese
che sfruttano all?inverosimile e fanno lavorare perfino i bambini e le bambine.
E se prima il lavoratore si rivolgeva al suo sindacato per chiedere legalmente
i suoi diritti, adesso non più, perché lo stesso sindacato gli dice che deve
accettare che gli abbassino il salario o la giornata di lavoro o che gli
tolgano i servizi, perché se no l’impresa chiude e se ne va in un altro paese.
E poi c?è quella cosa del ?microcommercio?, quasi il programma economico
del governo perché tutti i lavoratori della città si mettano a vendere gomme
da masticare o schede telefoniche agli angoli delle strade. E la pura distruzione
economica anche nelle città.

Quello che accade è che l’economia del paese è compromessa tanto in campagna
come in città, perché molti messicani e messicane devono lasciare la loro
Patria, la terra messicana, ed andare a cercarsi il lavoro in un altro paese,
gli Stati Uniti, e lì non li trattano bene ma li sfruttano, li perseguitano,
li disprezzano e perfino li ammazzano. Allora nel neoliberismo che c’impongono
i malgoverni non è migliorata l’economia, al contrario, la campagna è piena
di necessità e nelle città non c’è lavoro. Il Messico sta diventando un paese
dove prima nascono e vivono, e poi muoiono, quelli che lavorano per la ricchezza
degli stranieri, in particolare dei gringos ricchi. Per questo diciamo che
il Messico è dominato dagli Stati Uniti.

Bene, ma non succede solo questo, perché il neoliberismo ha cambiato anche
la classe politica del Messico, cioè i politici, perché li ha fatti diventare
come dei commessi di bottega che devono fare tutto il possibile per vendere
tutto e a buon mercato. Avete visto che hanno già cambiato le leggi per cancellare
l’articolo 27 della Costituzione per vendere le terre ejidali e comunali.
Quello fu Salinas de Gortari, e lui e le sue bande dissero che era per il
bene della campagna e del contadino che così prosperava e viveva meglio.
Ma è stato così? La campagna messicana sta peggio che mai ed i contadini
sono più a terra che ai tempi di Porfirio Díaz. Ed hanno detto anche che
privatizzeranno, cioè che venderanno agli stranieri le imprese dello Stato
che servivano al benessere del popolo. Dato che non funzionano bene e si
devono modernizzare, è meglio venderle. Ma, invece di migliorare, i diritti
sociali conquistati nella rivoluzione del 1910 ora fanno pena... e rabbia.
Ed hanno detto pure che bisogna aprire le frontiere per far entrare tutto
il capitale straniero, che così si incoraggeranno gli impresari messicani
a fare meglio le cose. Ma ora vediamo che non ci sono neanche più imprese
nazionali, se le sono mangiate tutte gli stranieri, e quello che vendono
è peggio di ciò che si faceva in Messico.

I politici messicani adesso vogliono vendere anche la PEMEX, il petrolio
dei messicani, e l’unica differenza è che alcuni dicono che si vende tutto
ed altri dicono che se ne vende solo una parte. E vogliono anche privatizzare
la previdenza sociale e l’elettricità e l’acqua ed i boschi e tutto, fino
a che non rimarrà più niente del Messico ed il nostro paese sarà solo un
terreno vuoto o un parco divertimenti dei ricchi di tutto il mondo e noi
messicani e messicane saremo i loro domestici, attenti a servirli, vivendo
male, senza radici, senza cultura, senza Patria insomma.

I neoliberisti vogliono uccidere il Messico, la nostra patria messicana.
Ed i partiti politici elettorali non solo non difendono, ma sono i primi
di tutti a mettersi al servizio degli stranieri, principalmente degli Stati
Uniti, e sono incaricati di ingannarci, di farci guardare dall?altra parte
mentre loro vendono tutto e si prendono i profitti. Tutti i partiti politici
elettorali che ci sono adesso, non solo alcuni. Pensate se hanno fatto qualcosa
di buono e vedrete che sono solo furti ed inganni. I politici hanno sempre
le loro belle case e le loro belle automobili ed i loro lussi. E poi vogliono
anche che li ringraziamo e che votiamo un’altra volta per loro. Veramente,
come si dice, non hanno il minimo di decenza. E non l?hanno perché davvero
non hanno Patria, hanno solo conti in banca.

E vediamo anche crescere il narcotraffico ed i crimini. A volte pensiamo
che i criminali sono come quelli rappresentati nelle ballate o nei film,
e forse alcuni sono così, ma non lo sono i capi. I capi sono ben vestiti,
hanno studiato all’estero, sono eleganti, non si nascondono ma mangiano nei
migliori ristoranti ed appaiono sui giornali belli e ben vestiti alle loro
feste, cioè, come si dice, sono ?gente per bene? ed alcuni sono perfino governanti,
deputati, senatori, segretari di stato, prosperi impresari, capi di polizia,
generali.

Stiamo dicendo che la politica non serve? No, quello che vogliamo dire è
che QUELLA politica non serve. E non serve perché non tiene conto del popolo,
non lo ascolta, non gli fa caso, gli si avvicina solo quando ci sono le elezioni
e non vogliono neanche più i voti, gli bastano ormai le inchieste per stabilire
chi vincerà. E promettono che faranno questo e quest?altro, ma poi, non li
vedi più salvo che non esca la notizia che si sono rubati il denaro ma non
ne subiranno le conseguenze perché la legge, che loro stessi politici hanno
fatto, li protegge.

Questo è un altro problema, la Costituzione è stata oramai tutta rimaneggiata
e cambiata. Non è più quella che conteneva i diritti e le libertà del popolo
lavoratore, ora ci sono i diritti e le libertà dei neoliberisti per i loro
grandi profitti. Ed i giudici sono lì per servire questi neoliberisti, perché
si esprimono sempre a loro favore, mentre a quelli che non sono ricchi toccano
le ingiustizie, le prigioni, i cimiteri.

Anche in tutto questo disordine che stanno facendo i neoliberisti, ci sono
messicani e messicane che si organizzano e fanno lotte di resistenza.

E così sappiamo che ci sono indigeni, che vivono in terre lontane dal Chiapas,
che costruiscono la loro autonomia e difendono la loro cultura e curano la
terra, i boschi, l’acqua.

E ci sono lavoratori della campagna, contadini, che si organizzano e fanno
le loro marce e mobilitazioni per esigere crediti ed appoggi per l?agricoltura.

E ci sono lavoratori della città che non permettono che tolgano loro i diritti
o che privatizzino il loro lavoro, ma protestano e manifestano affinché non
tolgano loro quel poco che hanno ed affinché non tolgano al paese quello
che è suo, come l’elettricità, il petrolio, la previdenza sociale, l’educazione.

E ci sono studenti che non permettono che si privatizzi l’educazione e lottano
perché sia gratuita e popolare e scientifica, cioè che non si debba pagare
perché tutte le persone possano imparare, e perché nelle scuole non s?insegnino
cavolate.

E ci sono donne che non permettono che le trattino come oggetti o che le
umilino e disprezzino solo perché sono donne, ma si organizzano e lottano
per il rispetto che meritano come donne.

E ci sono giovani che non accettano di essere abbrutiti dalle droghe o che
sono perseguitati per il loro modo di essere, ma diventano coscienti con
la loro musica e la loro cultura, insomma con la loro ribellione.

E ci sono omosessuali, lesbiche, transessuali e molti modi, che non accettano
che si burlino di loro, che li disprezzino, li maltrattino e perfino li ammazzino
perché hanno un altro modo che è diverso e li trattano da anormali o delinquenti,
e quindi si organizzano per difendere il loro diritto alla diversità.

E ci sono sacerdoti e suore e quelli che si chiamano secolari, che non stanno
con i ricchi né con i rassegnati alla preghiera, ma si organizzano per accompagnare
le lotte del paese.

E ci sono quelli che si chiamano attivisti sociali che sono uomini e donne
che hanno passato tutta la loro vita a lottare per il popolo sfruttato e
sono gli stessi che hanno partecipato ai grandi scioperi ed alle azioni operaie,
alle grandi mobilitazioni cittadine, nei grandi movimenti contadini e che
hanno subito le grandi repressioni, e tutti, anche se alcuni hanno già una
certa età, proseguono senza arrendersi e vanno da una parte all?altra cercando
la lotta, cercando l’organizzazione, cercando la giustizia, e si fanno organizzazioni
di sinistra, organizzazioni non governative, organizzazioni dei diritti umani,
organizzazioni di difesa dei prigionieri politici e di verità sui desaparecidos,
pubblicazioni di sinistra, organizzazioni di insegnanti o di studenti, cioè
lotta sociale e perfino organizzazioni politico-militari, e semplicemente
non se ne stanno tranquilli e sanno molto perché hanno visto molto e sentito
e vissuto e lottato.

E così, in generale, noi vediamo che nel nostro paese che si chiama Messico,
c’è molta gente che non lascia perdere, che non si arrende, che non si vende.
Cioè che è degna. E questo ci dà molta gioia ed allegria perché con tutta
questa gente i neoliberisti non vinceranno tanto facilmente e forse si riuscirà
a salvare la nostra Patria dai grandi furti e dalle distruzioni che compiono.
E pensiamo che forse il nostro "noi" potrebbe includere tutte queste ribellioni...

V - QUELLO CHE VOGLIAMO FARE

Bene, ora vi diremo quello che vogliamo fare nel mondo e in Messico, perché
non possiamo guardare tutto quello che succede sul nostro pianeta e restare
in silenzio, come se ci fossimo solo noi.

Al mondo, a tutti quelli che resistono e lottano con i loro metodi e nei
loro paesi, vogliamo dire che non sono soli, che noi zapatisti, benché siamo
molto piccoli, li appoggiamo e studieremo il modo di aiutarli nelle loro
lotte e di parlare con loro per imparare, perché in effetti, quello che abbiamo
imparato è stato ad imparare.

E vogliamo dire ai popoli latinoamericani, che è per noi un orgoglio essere
una parte di voi, benché piccola. È bello ricordare quando anche anni fa
il continente si illuminava ed una luce si chiamava Che Guevara, come prima
si chiamò Bolivar, perché a volte i popoli prendono un nome per dire che
prendono una bandiera.

E vogliamo dire al popolo di Cuba che da molti anni orami resiste sul suo
cammino, che non è solo e che non siamo d’accordo con il blocco imposto loro,
e che vedremo il sistema di mandare qualcosa, anche solo mais, per la sua
resistenza. E vogliamo dire al popolo nordamericano che noi non ci confondiamo
e sappiamo che una cosa sono i malgoverni che si ritrovano e che pregiudicano
tutto il mondo, ed un’altra molto diversa sono i nordamericani che lottano
nel loro paese e solidarizzano con le lotte di altri popoli. E vogliamo dire
ai fratelli e sorelle Mapuche, in Cile, che guardiamo ed impariamo dalle
loro lotte. Ed ai venezuelani che osserviamo bene come difendono la loro
sovranità ovvero il diritto della loro Nazione a decidere dove andare. Ai
fratelli e sorelle indigeni di Ecuador e Bolivia diciamo che stanno dando
una buona lezione di storia a tutta l’America Latina perché ora sì che stanno
mettendo un freno alla globalizzazione neoliberista. Ed ai"piqueteros" ed
ai giovani dell’Argentina vogliamo dire questo, che gli vogliamo bene. E
a quelli che in Uruguay vogliono un paese migliore, che li ammiriamo. E a
quelli che in Brasile sono senza terra, che li rispettiamo. E a tutti i giovani
dell’America Latina che è bene quello che stanno facendo e che ci dà una
grande speranza.

E vogliamo dire ai fratelli e sorelle dell’Europa Sociale, quella degna e
ribelle, che non sono soli. Che ci rallegrano molto i loro grandi movimenti
contro le guerre neoliberiste. Che guardiamo con attenzione le loro forme
di organizzazione ed i loro metodi di lotta perché forse qualcosa impariamo.
Che stiamo studiando la maniera di appoggiarli nelle loro lotte e che non
manderemo euro perché poi si svalutino per le baruffe nell’Unione Europea,
ma forse potremo mandare artigianato e caffè perché lo commercializzino e
serva d’aiuto per le loro attività di lotta. E forse manderemo anche pozol
che dà molta forza nella resistenza, ma chissà se lo manderemo, perché il
pozol è proprio del nostro modo e potrebbe far male alla pancia e se si indeboliscono
le loro lotte i neoliberisti li sconfiggono.

E vogliamo dire ai fratelli e sorelle di Africa, Asia ed Oceania, che sappiamo
che anche lì si sta lottando e che vogliamo conoscere di più le loro idee
e le loro pratiche.

E vogliamo dire al mondo che lo vogliamo fare grande, tanto grande da far
stare tutti i mondi che resistono perché li vogliono distruggere i neoliberisti
e perché non si lascino andare ma lottino per l’umanità.

Bene, in Messico quello che vogliamo fare è un accordo con persone e organizzazioni
di sinistra, perché pensiamo che sia nella sinistra politica l’idea di resistere
contro la globalizzazione neoliberista, e fare un paese dove ci sia, per
tutti, giustizia, democrazia e libertà. Non come adesso, dove c’è giustizia
solo per i ricchi, c’è libertà solo per i loro grandi affari e c’è democrazia
solo per dipingere i muri con la propaganda elettorale. Perché noi pensiamo
che solo dalla sinistra può uscire un progetto di lotta affinché la nostra
Patria, il Messico, non muoia.

Dunque, quello che pensiamo è di fare un progetto, con queste persone ed
organizzazioni di sinistra, per andare in tutte le parti del Messico dove
c’è gente umile e semplice come noi.

Non è che diremo che cosa si deve fare o daremo ordini.

Non vi chiederemo neppure di votare per un candidato, tanto sappiamo che
quelli che ci sono, sono neoliberisti. Non vi diremo neppure di fare come
noi, né che ci si sollevi in armi.

Quello che faremo sarà domandare com’è la vostra vita, la vostra lotta, il
vostro pensiero su com’è il nostro paese e su cosa fare perché non ci sconfiggano.
Quello che faremo sarà conoscere il pensiero delle persone semplici ed umili
e forse troveremo in loro lo stesso amore che proviamo noi per la nostra
patria.

E forse troveremo un accordo tra noi che siamo semplici ed umili e, insieme,
ci organizzeremo in tutto il paese e metteremo insieme le nostre lotte che
adesso sono sole, separate le une dalle altre, e troveremo qualcosa come
un programma che contenga quello che vogliamo tutti, ed un piano su come
realizzare questo programma che si chiama "programma nazionale di lotta".

Allora, secondo l’accordo della maggioranza di queste persone che ascolteremo,
faremo una lotta con tutti, con indigeni, operai, contadini, studenti, maestri,
impiegati, donne, bambini, anziani, uomini, e con tutto quanto di buono ci
sia nel loro cuore e la voglia di lottare affinché non si permetta di distruggere
e vendere la nostra patria che si chiama "Messico" e che giace tra il Río
Bravo ed il fiume Suchiate, e ad un lato ha l’oceano pacifico ed all’altro
l’oceano atlantico.

VI - COME LO FAREMO

Quindi, questa è la nostra semplice parola rivolta alle persone umili e semplici
del Messico e del mondo, e questa nostra attuale parola si chiama:

Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona.

Siamo qui per dire, con la nostra semplice parola, che...

L’EZLN mantiene il suo impegno di cessate il fuoco offensivo e non realizzerà
alcun attacco contro forze governative né movimenti militari offensivi.

L’EZLN mantiene ancora il suo impegno di insistere nella via della lotta
politica con questa iniziativa pacifica che stiamo presentando. Pertanto,
l’EZLN proseguirà nel suo intendimento di non avere nessun tipo di relazione
segreta con organizzazioni politico-militari nazionali o di altri paesi.

L’EZLN riconferma il suo impegno di difendere, appoggiare ed obbedire alle
comunità indigene zapatiste che lo compongono e che sono il suo comando supremo,
e, senza interferire nei loro processi democratici interni e nella misura
delle sue possibilità, contribuire al rafforzamento della loro autonomia,
buon governo e migliorare le loro condizioni di vita. Ovvero, quello che
faremo in Messico e nel mondo, lo faremo senza armi, attraverso un movimento
civile e pacifico, e senza trascurare né smettere di appoggiare le nostre
comunità.

Pertanto...

Nel mondo...

1 - Stringeremo rapporti di rispetto e mutuo appoggio con persone ed organizzazioni
che resistono e lottano contro il neoliberismo e per l’umanità.

2 - Nella misura delle nostre possibilità manderemo aiuti materiali come
alimentari, artigianato, ai fratelli e sorelle che lottano in tutto il mondo.

Per cominciare, chiederemo in prestito alla Giunta di Buon Governo di La
Realidad, il Camion che si chiama "Chompiras" che porta circa 8 tonnellate,
e lo riempiremo di mais e forse di due serbatoi da 200 litri l’uno di benzina
o petrolio, come meglio conviene, e li consegneremo all’ambasciata di Cuba
in Messico perché lo mandi al popolo cubano come sostegno degli zapatisti
alla sua resistenza contro il blocco nordamericano. O forse c’è un posto
più vicino per fare la consegna perché fino a Città del Messico è sempre
distante e se il "Chompiras" si rompe facciamo brutta figura. E questo fino
al raccolto che adesso è ancora verde nella milpa, e se non ci attaccano,
perché se lo mandiamo in questi mesi sono solamente pannocchie e con queste
non vengono bene neanche i tamales, meglio in novembre o dicembre.

E faremo anche accordi con le cooperative di donne artigiane per mandare
un bel po’ di tessuti ricamati alle Europe che forse non saranno più Unione,
e forse manderemo anche caffé organico delle cooperative zapatiste, affinché
lo vendiate e ne ricaviate un po’ di soldi per la vostra lotta. E se non
si vende si può sempre usare per fare un buon caffé mentre si parla della
lotta antineoliberista, e se fa un po’ freddo ci si copre con i tessuti ricamati
zapatisti che resistono bene perfino ai lavaggi a mano sulla pietra e, inoltre,
non stingono.

Anche ai fratelli e sorelle indigene di Bolivia ed Ecuador manderemo un po’
di mais non transgenico ma non sappiamo proprio dove consegnare la roba perché
arrivi a destinazione, ma siamo disposti a dare questo piccolo aiuto.

3 - E a tutti e tutte che resistono in tutto il mondo diciamo che bisogna
fare altri incontri intercontinentali, anche se sarà solo un altro uno. Forse
a dicembre di quest’anno o gennaio prossimo, bisogna pensarci. Non vogliamo
dire noi quando, perché si tratta di concordare alla pari su tutto, su dove,
quando, come, chi. Ma che non sia dal pulpito, dove pochi parlano e tutti
gli altri ascoltano, senza altari, alla pari dove tutti parlano, ma in ordine
perché altrimenti è solo chiasso e non si capisce la parola, e con una buona
organizzazione tutti ascoltano, e appuntano nei loro quaderni le parole di
resistenza di altri affinché poi ognuno ne parli con i suoi compagni e compagne
nei suoi mondi. Noi pensiamo che si debba tenere in un luogo dove ci sia
una prigione molto grande, nel caso ci reprimano e ci arrestino, e per non
stare tutti ammucchiati ma carcerati però, questo sì, ben organizzati, e
lì in prigione proseguire l’incontro intercontinentale per l’umanità e contro
il neoliberismo. Quindi, poi vi diremo come fare per metterci d’accordo su
come ci metteremo d’accordo. Bene, così è come pensiamo di fare quello che
vogliamo fare nel mondo. Ora segue...

In Messico...

1 - Continueremo a lottare per i popoli indios del Messico, ma non più solo
per loro né solo con loro, ma per tutti gli sfruttati e diseredati del Messico,
con tutti loro e in tutto il paese. E quando diciamo tutti gli sfruttati
del Messico, stiamo parlando anche dei fratelli e delle sorelle che hanno
dovuto andare negli Stati Uniti a cercare lavoro per sopravvivere.

2 - Andremo ad ascoltare e parlare direttamente, senza intermediari né mediazioni,
con le persone semplici ed umili del popolo messicano e, secondo quanto ascolteremo
ed impareremo, costruiremo insieme a queste persone che, come noi, sono umili
e semplici, un programma nazionale di lotta, ma un programma che sia chiaramente
di sinistra cioè anticapitalista e antineoliberista, cioè per la giustizia,
la democrazia e la libertà per il popolo messicano.

3 - Cercheremo di costruire o ricostruire un’altro modo di fare politica,
che ancora una volta abbia lo spirito di servire gli altri, senza interessi
materiali, con sacrificio, con dedizione, con onestà, che rispetti la parola,
per cui l’unico compenso sia la soddisfazione del dovere compiuto, cioè come
prima facevano i militanti di sinistra che non si fermavano né con le botte,
la prigione o la morte, tanto meno con banconote di dollaro.

4 - Inoltre, promuoveremo una lotta per chiedere una nuova Costituzione,
cioè nuove leggi che prendano in considerazione le richieste del popolo messicano
che sono: casa, terra, lavoro, cibo, salute, educazione, informazione, cultura,
indipendenza, democrazia, giustizia, libertà e pace. Una nuova Costituzione
che riconosca i diritti e le libertà del popolo, e difenda il debole di fronte
al potente.

PER QUESTO....

L’EZLN invierà una delegazione della sua dirigenza per svolgere questo lavoro
in tutto il territorio nazionale e a tempo indefinito. Questa delegazione
zapatista, insieme alle organizzazioni e persone di sinistra che accoglieranno
questa Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, si recherà nei luoghi dove
sarà espressamente invitata.

Inoltre, comunichiamo che l’EZLN stabilirà una politica di alleanze con organizzazioni
e movimenti non elettorali che si definiscano, in teoria e in pratica, di
sinistra, alle seguenti condizioni:

Non fare accordi dall’alto per imporli in basso, ma fare accordi per andare
insieme ad ascoltare e organizzare l’indignazione; non creare movimenti che
siano poi gestiti alle spalle di chi li fa, ma prendere sempre in considerazione
l’opinione di chi vi partecipa; non cercare regali, posizioni, vantaggi,
impieghi pubblici, di Potere o di chi aspira al potere, ma andare molto più
lontano delle scadenze elettorali; non tentare di risolvere dall’alto i problemi
della nostra Nazione, ma costruire DAL BASSO E PER IL BASSO un’alternativa
alla distruzione neoliberista, un’alternativa di sinistra per il Messico.

Sì al rispetto reciproco dell’autonomia e indipendenza di organizzazione,
delle proprie forme di lotta, del proprio metodo di organizzazione, dei propri
processi interni di presa delle decisioni, delle proprie rappresentanze legittime,
delle proprie aspirazioni e istanze; e sì ad un impegno chiaro di difesa
congiunta e coordinata della sovranità nazionale, con l’opposizione intransigente
ai tentativi di privatizzazione dell’energia elettrica, del petrolio, dell’acqua
e delle risorse naturali.

Dunque, come si dice, invitiamo le organizzazioni politiche e sociali di
sinistra che non sono registrate, le persone che rivendicano di essere di
sinistra che non appartengono ai partiti politici, a riunirci a tempo, luogo
e modo che proporremo a vostra opportunità, per organizzare una campagna
nazionale, visitare tutti gli angoli possibili della nostra patria, per ascoltare
ed organizzare la parola del nostro popolo. Quindi, è come una campagna,
ma molto diversa perché non è elettorale.

Fratelli e sorelle:

Questa è la nostra parola con cui dichiariamo:

Nel mondo ci affratelleremo con le lotte di resistenza contro il neoliberismo
e per l’umanità.

Appoggeremo, anche se poco, queste lotte.

Con mutuo rispetto, scambieremo esperienze, storie, idee, sogni.

In Messico, percorreremo tutto il paese, le rovine disseminate dalla guerra
neoliberista e le resistenze che, trincerate, in lui fioriscono.

Cercheremo, e troveremo, qualcuno che ami questi suoli e questi cieli tanto
quanto noi.

Cercheremo, da La Realidad fino a Tijuana, chi vorrà organizzarsi, lottare,
costruire forse l’ultima speranza che questa Nazione, che esiste almeno dal
giorno in cui un’aquila si posò su un fico d’india per divorare un serpente,
non muoia.

Lotteremo per democrazia, libertà e giustizia per coloro a cui sono negate.

Lotteremo per un’altra politica, per un programma di sinistra e per una nuova
costituzione.

Invitiamo indigeni, operai, contadini, maestri, studenti, casalinghe, coloni,
piccoli proprietari, piccoli commercianti, micro impresari, pensionati, handicappati,
religiosi e religiose, scienziati, artisti, intellettuali, giovani, donne,
anziani, omosessuali e lesbiche, bambini e bambine, a partecipare, in maniera
individuale o collettiva, direttamente con gli zapatisti a questa CAMPAGNA
NAZIONALE per la costruzione di un’altro modo di fare politica, di un programma
di lotta nazionale e di sinistra, e per una nuova Costituzione.

Questa è la nostra parola su quello che faremo e come lo faremo. È qui se
volete farne parte.

Diciamo agli uomini e alle donne che hanno buoni pensieri nel loro cuore,
di essere d’accordo con questa parola che abbiamo pronunciato e di non avere
paura, o di avere paura ma di controllarla, e che dicano pubblicamente se
sono d’accordo con quest’idea che stiamo presentando, così vedremo chi e
come e dove e quando si farà questo nuovo passo nella lotta.

E mentre ci pensate, vi diciamo che, oggi, nel sesto mese dell’anno 2005,
gli uomini, donne, bambini ed anziani dell’Esercito Zapatista di Liberazione
Nazionale hanno già deciso e sottoscritto questa Sesta Dichiarazione della
Selva Lacandona, e firmato quelli che sanno scrivere e quelli che non lo
sanno hanno messo la loro impronta, ma sono ormai pochi quelli che non sanno
scrivere perché l’educazione è ormai sviluppata qui, in questo territorio
in ribellione per l’umanità e contro il neoliberismo, cioè in cielo e terra
zapatisti.

E questa è la nostra semplice parola rivolta ai cuori nobili della gente
semplice ed umile che resiste e si ribella contro le ingiustizie in tutto
il mondo.

Dalle montagne del Sudest Messicano
Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno-Comando Generale dell’Esercito
Zapatista di Liberazione Nazionale
Messico, nel sesto mese, cioè giugno, dell’anno 2005