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EZRA

Publie le domenica 2 dicembre 2007 par Open-Publishing

Regia: Newton Aduaka
Soggetto e sceneggiatura: Newton Aduaka, Alain-Michel Blanc
Direttore della fotografia: Carlos Arango De Montis
Montaggio: Sébastien Touta
Interpreti principali: Mamoudu Turay Kamara, Mariame N’Diaye, Mamusu Kallon, Richard Gant, Mercy Ojelade, Emile Abossolo-Mbo, Merveille Lukeba
Musica originale: Nicolas Baby
Produzione: Cinéfacto Arte France, Amour Fou FilmProduktion, Sunday Morning
Origine: Fra, Nig, Aus 2006
Durata: 110’

Se regalate o indossate il vostro “diamante per sempre” provate a pensare che dietro quel tesoro, ma anche dietro molti altri di cui l’Africa viene depredata, possono esserci storie di sangue e morte come quella di Ezra. Lui è uno delle migliaia di bambini-soldato utilizzati da mercenari senza scrupoli né cuore per guerre private al soldo del neocolonialismo globalizzato. Newton Aduaka, che certe vicende le ha viste e vissute in Biafra, nel film parla della Sierra Leone ma qualsiasi angolo dell’Africa nera è infestato da simili vicende. Il premio ricevuto all’African Film Festival, appuntamento biennale a Fespaco in Burkina Faso, e la segnalazione alla Semaine de la critique dell’ultimo Festival di Cannes sono il meritato riconoscimento per un lavoro di denuncia realizzato con la sensibilità dell’artista che scava nei problemi mostrandone risvolti al tempo drammatici e sentimentali.

La colpa di Ezra è di essere un bambino africano. Va a scuola ma come altri viene rapito da una banda di pseudo-guerriglieri foraggiati da europei con l’occhio puntato allo sfruttamento delle miniere di diamanti. I bambini catturati possono subito morire fucilati se non accettano il durissimo regime di formazione psico-fisico e militare cui un boss come Rufus li sottopone. Vengono disumanizzati, trasformati in macchine da guerra per difendere il predone-padrone e assaltare i villaggi circostanti che non si piegano al suo volere. Per diventare insensibili e crudeli i ragazzi vengono drogati così da poter realizzare ogni nefandezza, come accade a Ezra partecipe dell’uccisione dei propri genitori durante l’assalto al suo villaggio. Ci sono molti testimoni fra gli scampati, anche Onitcha sua sorella, che subisce la mutilazione della lingua.

Eppure i ragazzi trasformati in crudi sterminatori non smarriscono l’anima, sono desiderosi di vita e d’affetto, possono innamorarsi come accade a Ezra nei confronti di Miriam, versione di soldato al femminile che ha vissuto difficili prove familiari ed è finita anche lei in compagnìa d’un fucile mitragliatore. La storia d’amore fra i due sarà travagliata come le loro vite e avrà un finale tragico quando, cercando di fuggire da quel luogo di mattanze, Miriam resterà vittima della violenza. Nonostante il rifiuto della parentesi del turpe passato che l’ha visto suo malgrado protagonista, Ezra è condotto davanti a una Commissione che discute sulla riappacificazione del popolo, dopo che la spirale di crudeltà fomentata dai ribelli viene sedata. La gente del villaggio, Onitcha in testa, non cercano vendetta, vogliono dal ragazzo un riconoscimento di tanta sciaguratezza. Ezra non ricorda, le anfetamine e certa rimozione inconscia hanno cancellato dalla psiche le maggiori efferatezze. Può sperare, nonostante il dolore subito e recato, di recuperare la vita che resta, che è tanta e può essere d’aiuto al suo popolo.
Realismo e introspezione nel mostrare traumi personali e collettivi causati rappresentano la forza del film dotato di ottima fotografia e una colonna musicale che commenta i passi drammatici. C’è poi il buon mix fra attori collaudati come Richard Gant e Mariame N’Diaye e l’esordiente Mamoudu Turay Kamara che veste i panni tutt’altro che semplici del protagonista. Con loro il regista svolge l’interessante cimento di estrapolare lo spirito africano, per vincere quella che ha definito una “colonizzazione mentale” subìta che deve invece prevedere una riappropriazione identitaria.

Enrico Campofreda, 1° dicembre 2007 pubblicato su alternativ@mente.info