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Editoria, Mediacoop: cambiate la legge o muore il pluralismo
Publie le mercoledì 24 settembre 2008 par Open-Publishing1 commento
Editoria, Mediacoop: cambiate la legge o muore il pluralismo
di Castalda Musacchio
«O ci muoviamo o ci fanno fuori». L’ultima denuncia lanciata dall’assemblea straordinaria convocata a Roma da Mediacoop e Media non profit, l’associazione delle cooperative editoriali e di comunicazioni, ha il tono di un ultimo disperato grido di allarme. Conseguenza diretta dell’ultima legge Tremonti che ha modificato la distribuzione dei fondi all’editoria. Fondi falcidiati con tagli del tutto discutibili, e soprattutto «mirati» - dicono senza mezzi termini da Mediacoop - «che corrispondono a una precisa direzione politica: sopprimere o ridurre di gran lunga il pluralismo e la libertà di informazione in Italia». E’ come sempre difficile parlare di "prove di regime", ma in questo caso la direzione imposta dall’Esecutivo - nota anche Vincenzo Vita (Ds) - «non somiglia proprio a questo?».
L’ultima legge non va in questa direzione?
«Innanzitutto - spiega Lelio Grassucci, presidente Mediacoop - non opera affatto quella riforma dell’intervento pubblico necessaria a garantire un uso corretto delle risorse pubbliche, ma al contrario fa solo tagli indifferenziati». Le vittime? Tutti i quotidiani, i periodici, in sostanza i media che appartengono a cooperative sociali nonché e non ultimi i quotidiani di partito come, per esempio, "Liberazione". La richiesta è dunque netta: per salvare l’editoria cooperativa, non profit e di partito è necessario un provvedimento urgente da inserire in uno dei decreti in trasformazione o nella Finanziaria. Che, innanzitutto, ristabilisca «il carattere di diritto soggettivo dei contributi all’editoria e reperisca le risorse necessarie alla loro erogazione». Le soluzioni proposte sono molteplici ma su una innanzitutto c’è una convergenza di intese: «Ricorrere - propone Mediacoop - alla costituzione di un fondo di solidarietà con risorse provenienti dalla pubblicità e anche ad una rimodulazione dell’aliquota Iva sui prodotti collaterali venduti nelle edicole».
La situazione è di fatto più che «drammatica». Negli ultimi giorni - spiega ancora Lelio Grassucci - i consigli di amministrazione di alcuni quotidiani e periodici cooperativi hanno annunciato ai comitati di redazione l’apertura dello stato di crisi ed altri si apprestano a farlo. Il principale difetto del provvedimento è appunto indicato nel fatto di sopprimere il carattere soggettivo dei contributi diretti rendendo in pratica, per dirla in parole semplici, «estremamente difficile il rapporto con il mondo bancario».
Anche perché la legge Tremonti è già in vigore: il che vuol dire che i fondi a rischio in bilancio non sono quelli del prossimo anno ma proprio quelli dell’anno in corso. Il che ha innescato ciò che sta accadendo: con piccoli giornali che hanno già deciso lo stato di crisi e altri, anche prima di dicembre, che si apprestano a farlo.
Anche la rassegna sindacale della Cgil, di cui è direttore l’ex presidente Fnsi Paolo Serventi Longhi, corre il rischio. «Siamo vittime - denuncia Paolo Serventi Longhi - di una decisione affidata al governo che potrà decidere quanti e quali soldi dare al settore. Un ricatto odioso, un vero e proprio attacco al pluralismo. Serve un’iniziativa comune di tutti i giornali a rischio, una grande mobilitazione politica». Che dire del resto di quei quotidiani, come Liberazione o il Manifesto, voci di sinistra, che già di per sé soffrono per la mancanza di una rappresentanza parlamentare?
«Si stanno sopprimendo la libertà e il pluralismo dell’informazione - tuona Giovanni Russo Spena, ex senatore di Rifondazione - e se a ciò si aggiunge il fatto che si mira ad approvare una legge elettorale che prevede una soglia di sbarramento al 5% il dado è tratto. Si vogliono far scomparire le voci critiche di questo Paese. Un vero vulnus per la democrazia». Per questo «sì a una mobilitazione della categoria in nome di quei valori che hanno anche ispirato i 10 punti della manifestazione nazionale che si terrà il prossimo 11 ottobre».
Il rischio? La scomparsa dalla scena non solo di quotidiani e periodici che rappresentano comunque un arricchimento del pluralismo ma, soprattutto, la definitiva consegna di un settore, quello dei media, a un presidente del Consiglio che ha già nelle sue mani il più forte impero mediatico del Paese.
Messaggi
1. Editoria, Mediacoop: cambiate la legge o muore il pluralismo, 2 ottobre 2008, 12:03, di Gianni
Il commento e’ che sono pienamente d’accordo con quanto scritto e che il pluralismo con questo governo sarebbe messo in discussione anche senza questa legge barbara.
Inoltre ciao e complimenti a Castalda!
Gianni Colombo,Campomarino.