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Emergency, il personale italiano ha lasciato l’Afghanistan
Publie le mercoledì 11 aprile 2007 par Open-PublishingStamane su un volo dell’Onu si sono imbarcati 30 italiani e 8 di varie nazionalità
Sul posto, nei tre ospedali di Gino Strada, rimane il personale afgano
La notizia è stata diffusa stamane dal Giornale Radio Rai
La partenza non è definitiva: ulteriori decisioni saranno prese entro domani

Il fondatore di Emergency Gino Strada
KABUL - Il personale italiano e internazionale di Emergency ha lasciato stamane l’Afghanistan. A darne notizia stamane il Giornale Radio Rai. I 30 italiani che lavoravano per i tre ospedali di Emergency in Afghanistan, oltre ad altre otto persone di varia nazionalità, si sono già imbarcati su un volo dell’Onu, diretto a Dubai. Gli ospedali di Emergency non sono stati tuttavia chiusi: al momento il personale afgano sta continuando a lavorare.
Dalla sede italiana di Emergency viene chiarito che la partenza non è, per ora, definitiva e che il personale che ha lasciato l’Afghanistan si incontrerà, all’estero, con componenti il direttivo dell’organizzazione per decidere insieme, fra oggi e domani, se continuare a operare nel Paese.
Il vicepresidente dell’organizzazione umanitaria, Carlo Garbagnati, ha spiegato che il motivo del trasferimento consiste nella mancanza di "condizioni di sicurezza" e "nell’assenza di una significativa reazione e azione del governo", come era stato chiesto nei giorni scorsi.
La notizia era nell’aria da giorni dopo l’arresto di Rahmatulah Hanefi, il mediatore di Emergency detenuto nelle carceri afgane e accusato dai servizi di Kabul di aver avuto un ruolo nel rapimento del giornalista di Repubblica Daniele Mastrogiacomo.
Il fondatore di Emergency Gino Strada per giorni aveva spiegato alle autorità afgane e italiane che l’attività di assistenza dell’associazione era in grave crisi a causa dell’arresto di Hanefi, e aveva lanciato un ultimatum: "Resteremo in Afghanistan solo se Rahmatullah sarà liberato e se ci sarà data la possibilità di lavorare in sicurezza".
(11 aprile 2007) www.repubblica.it