Home > Ennesime intimidazioni nei processi genovesi

Ennesime intimidazioni nei processi genovesi

Publie le domenica 20 marzo 2005 par Open-Publishing

Informazione. I Pm del G8 fanno sequestrare i computer di Indymedia

di Carmen Ruggeri

Nell’aula dibattimentale del palazzo di giustizia genovese lo scorso mercoledì si respirava un’aria insolita. Pungente. Nervosa. Tutto però sembrava scorrere come previsto. Al banco degli imputati per l’ultima seduta dibattimentale, i quattro antifascisti milanesi accusati “d’aggressione e rapina” per i fatti di gennaio 2004 a Genova.

Dall’altra parte i pm Anna Canepa e Andrea Canciani, gli stessi che hanno condotto le inchieste sui black bloc e i 25 manifestanti del G8 sotto inquisizione per “devastazione e saccheggio”. A fare da spettatori all’udienza finale, ovvero a quella che avrebbe partorito la sentenza di primo grado, come sempre, gli attivisti di Indymedia Italia, nonché consulenti degli avvocati dei no-global nei processi del G8.

Qualcosa però, mercoledì è andato storto. Niente a che vedere con la pronuncia (condanna a 3 anni e 8 mesi “con revoca degli obblighi in attesa del processo d’appello” per Orlando Esposito, assoluzione per Milo Todeschini, rito abbreviato per gli altri), che tuttavia molti non hanno esitato a definire “punitiva e sproporzionata rispetto all’episodio”. A scatenare il marasma e a finire sotto il torchio della procura di Genova, sono stati, invece, i malcapitati attivisti presenti in aula, gli stessi che hanno sempre seguito e documentato sulle puntate processuali del G8. Gli stessi a cui, in virtù di un “freschissimo” decreto di giornata, sono stati sequestrati pc e atti delle sedute.

Il motivo? Attualmente risulta ancora un po’ confuso, sia per la tortuosità delle motivazioni addotte sul momento dalle parti, sia per la strana freneticità in cui la vicenda si è evoluta. Tutto sarebbe scaturito, o almeno così dicono le carte, da una querela contro ignoti sporta dai rappresentanti della pubblica accusa “per frasi ed epiteti offensivi contenuti nei resoconti infamanti” che il supporto legale fornisce sul processo agli antifascisti milanesi.

Una querela che porta, e non è una coincidenza, le firme di Anna Canepa e Andrea Canciani, i pm che lo scorso 2002 hanno ordinato la perquisizione e il sequestro dei materiali di Genova presenti negli archivi di Bologna, Torino, Firenze e Taranto, nonostante questi fossero già on-line e già depositati in Procura. Un chiaro segno di sfiducia, dunque, che oggi si ripropone in tutta la sua evidenza, visto che l’esposto doveva essere, da regola, competenza della Procura di Torino, e non lo è stato.

Probabilmente si è cercato di cogliere in flagrante i presunti autori perché - ha affermato il procuratore genovese Pellegrino -“l’immediata diffusione dei precisi resoconti consente di ritenere che la redazione venga fatta da persone presenti nel pubblico delle udienze”. Si è proceduto, così, al sequestro immediato dei pc e degli atti processuali, nonostante non vi fosse alcuna prova del loro effettivo coinvolgimento, dato che le udienze sono pubbliche e chiunque avrebbe potuto scrivere quei resoconti. Nulla, infatti, se non la loro assidua presenza in aula, proverrebbe nero su bianco la loro colpevolezza.

“Si tratta di una vendetta trasversale - hanno graffiato immediatamente i due protagonisti della vicenda - Senza pc e senza atti è a rischio la copertura delle prossime udienze del processo contro i 25 manifestanti del 2001”.

Le conseguenze delle requisizioni genovesi sono lampanti ma, come se non bastasse, a lasciare attonito l’intero movimento sono state pure le modalità in cui gli eventi si sono succeduti: “atmosfera tesissima - si legge tra le righe di un breve, istantaneo report di Indymedia - il benvenuto lo hanno dato carabinieri e polizia in antisommossa già in piazza De Ferrari e poi negli isolati intorno al tribunale. Presenti decine di ’’digos’’, di diverse città. Durante l’udienza intervengono anche pesantemente nei confronti di chi si trova davanti all’aula. In particolare a far la voce grossa sono gli sbirri guardie del corpo della Canepa che tentano di togliere il cappello dalla testa di un attivista.

All’uscita, durante la pausa del collegio per la decisione della sentenza, ci siamo allontanati per mangiare. Notiamo subito di essere seguiti da oltre dieci digos e all’uscita si forma una lunghissima fila di oltre 30 sbirri che dopo un isolato ci bloccano contro le vetrate del Mac Donald e ci intimano di salire sulle macchine per andare in questura. Cercano anche di non farci contattare gli avvocati, si tiene la posizione grazie all’intervento delle militanti e dei militanti presenti in aula e arrivano gli avvocati. Veniamo portati in tribunale e procedono al sequestro. Scusate la brevità - concludono - ma per ora è tutto”.

Non sarà tutto: l’indomani (17 marzo, ndr) Indymedia pubblicherà comunque il puntuale riferimento della sentenza. Anche senza pc. A dispetto dei “sequestri scandalosi” che da luglio 2001 si sono succeduti. Continua. Organizzando sistematicamente tutto il materiale ancora a disposizione per metterlo al servizio del “lavoro legale” e della “memoria storica comune”. Mettendo on-line filmati, audio, trascrizioni, che possano effettivamente servire a contro-informare. Anche a costo di dover ricorrere a monitor, pc, schede audio e mixer video “gentilmente concessi” dai sostenitori.

http://www.aprileonline.info/articolo.asp?ID=3895&numero=224