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Euro: risposte sintetiche alle articolate fesserie

Publie le lunedì 4 luglio 2005 par Open-Publishing
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Euro: risposte sintetiche alle articolate fesserie

di Marco Ottanelli

articolo originale di www.democrazialegalita.it Se lo volete utilizzare, citate con evidenza la fonte e l’autore o meglio linkate direttamente questa pagina o la home del nostro periodico on line

Nelle ultime settimane la polemica contro l’euro è ripresa, rinvigorita, si è riaccesa in un crescendo di accuse, analisi, proposte. Tutte fesserie. Raramente è stato possibile sentire tante banalità, tanti errori e tante sciocchezze concentrate in così ristretto periodo. E il fatto che le fonti di tali castronerie siano state le menti dei nostri rappresentanti politici, ministri e parlamentati, provoca, più che preoccupazione, infinita tristezza. Cerchiamo, schematicamente, di dare alcune risposte ad alcune delle più frequenti affermazioni.

L’euro ha fatto aumentare i prezzi 1
Fesseria. I prezzi, come qualunque studentello di ragioneria dovrebbe sapere, sono una risultante così complessa e così articolata che persino i grandi economisti del passato (da Smith a Marx, fino a Keynes) non sono stati capaci di spiegarla e di illustrarla completamente in un modello universale. La moneta con la quale si misura un prezzo, è, appunto, solo una unità di misura. Un prezzo può essere espresso in dollari, in euro, in lire, in rubli o in pizze di fango, ma la sua entità non cambia, come non cambia la distanza tra Roma e Londra, sia che la esprimiamo in chilometri, sia che la esprimiamo in miglia. Una moneta, che può essere anche solo virtuale (proprio come fu l’euro dal 1999 al 2002) e non circolare fisicamente, può essere forte o debole, può essere legata alle riserve o oscillare, può essere inflazionata o svalutata, ma l’unica cosa che non può fare è determinare i prezzi.

L’euro ha fatto aumentare i prezzi 2
Fesseria. I prezzi non salgono da soli, ma, come precedentemente accennato, vengono determinati. In altre parole, vengono decisi dal mercato e/o da chi sul mercato opera. Se milioni di esercizi commerciali hanno raddoppiato i prezzi con il cosiddetto “cambio a pari” (portando i listini alla quota 1.000 £ = 1 €, ed incamerando quindi le 936,27 lire di differenza), la responsabilità è loro, non del mezzo di scambio (la moneta) usato. Ed è assolutamente necessario ricordare che, dal 2002, cioè in pieno governo Berlusconi, i primi ad effettuare aumenti del 50, 100, 200 % furono lo Stato, gli Enti Locali, le Amministrazioni Pubbliche e le grandi Aziende, pubbliche e private. Bolli, francobolli, imposte di registro, commissioni postali e bancarie, ticket, scatti telefonici, biglietti dell’autobus, del tram e del treno, tariffe autostradali, canoni e altri balzelli sono aumentati, dal momento della circolazione della moneta europea, senza nessun ritegno. Come detto prima, l’euro era la nostra valuta fin dal 1999; il fatto che solo e immediatamente dal gennaio 2002 ci sia stato un salto tariffario così violento è l’indice di una vera e propria volontà di rapina generalizzata, alla quale non si sono certo sottratti comuni, province e regioni di centrosinistra.

(variante): da quando c’è l’euro, tutti i prezzi sono saliti.

Fesseria. L’euro esiste, anche se lo maneggiavamo “spezzettato” in lire, dal 1999. Da quel periodo, i tassi di interesse sono scesi. Chi ha un mutuo per la casa, o ha preso un finanziamento, sa benissimo che le “rate” si sono ridotte di due, cinque, dieci volte.

Inoltre, (i dati sono disponibili, ad esempio, sul sito www.aduc.it) i prezzi alla produzione dei prodotti agricoli sono letteralmente crollati. Pomodori, zucchine, patate, frutta, uova, latte, carni, grano e farina vengono pagati al produttore anche il 60, 100, 200 % in meno rispetto a prima. Quindi, questi prezzi sono scesi, eccome. Disgraziatamente, al dettaglio, le stesse merci hanno subito aumenti a due cifre. Come si vede, il problema non è certo nell’euro, ma in un sistema colpevolmente avido, che, nei suoi mille passaggi dai campi al mercato, ha trovato il modo di lucrare sulla pelle della gente. Governo, associazioni di categoria, consumatori, dovrebbero chiedere conto di questo “gap” a chi ci ha guadagnato.

Da quando c’è l’euro, siamo tutti più poveri.

Fesseria. La ricchezza o la povertà di un popolo, e di una singola persona, non si misura né con la valuta che ha nel portafoglio, né con i prezzi. La si misura con il potere d’acquisto, ovvero con la capacità media che il reddito da di acquistare beni e servizi. In questo, l’Italia è sempre stata la cenerentola d’Europa. Sì, oggi siamo più poveri, disastrosamente più poveri, ma ciò è dovuto al fatto che possiamo acquistare meno beni e servizi di prima, perché i nostri redditi non sono aumentati tanto quanto le spese. Ciò è stato causato soprattutto al mascheramento degli aumenti dei servizi, e ai dati quantomeno dubbi, per non dire falsati, dell’inflazione. Per chi non lo sapesse, la Unione Europea, dopo aver smascherato i trucchi contabili sui bilanci di Tremonti, ha avviato una indagine sui dati Istat, talmente ottimistici e minimalisti da non essere ormai più credibili a nessuno.

In secondo luogo, non tutti si sono impoveriti in questo periodo: con l’aumento dei prezzi, delle tariffe, ed il relativo blocco degli stipendi, si sono arricchite a dismisura intere categorie di cittadini, le grandi industrie, le compagnie energetiche, e lo Stato. Il fatto che oggi il 10% dei cittadini possiedano il 50% della ricchezza (un dato che ci fa ripiombare alla situazione pre-risorgimentale) dovrebbe chiarire la situazione.

L’euro è troppo forte: frena economia ed esportazioni.

Fesseria. È vero, l’euro ha aumentato il suo valore rispetto al dollaro. Ma l’orgia di aumenti sconsiderati e senza controllo (anzi, premiati da depenalizzazioni e condoni fiscali) è scattata nel 2002, quando l’euro crollava, sempre rispetto al dollaro. Tutti ricorderete le espressioni di tragedia che le stesse persone preoccupate oggi per la forza dell’euro avevano quando l’euro perdeva quotidianamente terreno. Quindi, delle due, una: o è buono l’euro forte, o è buono l’euro debole. Ma non è neanche così semplice. Intanto, l’euro è forte nei confronti del dollaro, e non di altre valute (la sterlina, ad esempio). In secondo luogo, i prodotti che vengono trattati usualmente in dollari ci costano il 20-30% in meno, e fra tutti spicca il petrolio. Questo rappresenta un risparmio ultramiliardario sia per lo Stato, sia per le imprese, che, se dovessero pagare con la liretta benzina ed elettricità, sarebbero costretti ad aumentare prodotti finali e bollette ed uscire, stavolta sul serio, dal mercato. Mercato che con molta relatività si blocca o si sblocca a seconda della forza di una moneta: come appena detto, la sterlina britannica è ai suoi massimi storici, ma le esportazioni del Regno Unito sono aumentate esponenzialmente negli ultimi anni. C’è da sospettare che gli inglesi puntino sulla qualità, piuttosto che sull’effetto discount.

Ma perché non abbiamo fatto il cambio immediato 1 € = 2.000 lire?

Fesseria. Doppia fesseria. Il valore dell’euro, rispetto a tutte le monete che ha sostituito, non è stato valutato a caso, o al miglior offerente. Esso è stato fissato dopo anni di armonizzazione del cambio (il cosiddetto Sistema Monetario Europeo) e dopo defatiganti analisi e controanalisi dei processi inflattivi e macroeconomici di ogni Paese membro. Nel ’98 si giunse ad un calcolo di una “media ponderata” tra le diverse monete che determinò il valore dell’euro, e non viceversa. È importante ricordare che tale compito fu affidato, (anni prima) dal presidente Delors non hai governi, ma alle Banche Centrali, unico modo per escludere egoismi e trucchetti di piccolo cabotaggio politico. I nostri rappresentanti, ovviamente, cercarono di ottenere un cambio il più favorevole possibile, ovvero chiesero di poter pagare ogni euro il meno possibile. Viste le condizioni della lira, 1.936,27 fu un ottimo risultato, dovuto soprattutto alla stabilità di bilancio di quegli anni. È veramente sorprendente, e ridicolo, sentire qualcuno che ancora invoca il cambio a 2000 lire: ciò avrebbe voluto dire che ogni cittadino avrebbe pagato, comprato, ogni singolo euro ben 63,73 lire in più! Insomma, forse è necessario un esempio: un cittadino che avesse uno stipendio di 1 milione di lire, al momento del “change over”, ha ricevuto 516, 45 euro. Se il cambio fosse stato a 2.000, ne avrebbe ricevuti solo 500.

Ci vuole l’euro di carta: la gente spenderebbe meno.

Fesseria. Offensiva fesseria nei confronti di chi è costretto a sbarcare il lunario. Non è dato sapere se, veramente, la banconota da 1 € avrebbe un effetto psicologico sul consumatore (però a questa tesi hanno risposto con grasse risate dal Portogallo alla Finlandia: un motivo ci sarà); la cosa sicura è che esso uscirebbe con la stessa velocità dalle tasche dell’utente tartassato, del cliente spremuto, del cittadino gabellato. Se mai, per puro caso, l’effetto- freno si verificasse, sarebbe un fattore di disperazione, non di arricchimento. Ma ritenere che siano gli italiani così imbecilli da buttare i soldi solo perché sono in moneta metallica, è, ripetiamo, una grossa offesa alla intelligenza di tutti noi. Sarebbe anche necessario ricordare un po’ di teoria monetaria, che spiega come e perché alcuni tagli si fanno in metallo ed altri in filigrana (non è un caso! È il risultato di un processo inflazionistico/deflazionistico!), ma questo vorrebbe dire aspettarsi troppo dai nostri fantasiosi politici: un po’ di cultura.

Torniamo alla Lira, facciamo un referendum

Un coacervo di fesserie. Tralasciamo gli effetti che una simile eventualità produrrebbe (disastrosi, e, nella più utopica delle ipotesi, nulli. O c’è qualcuno che davvero crede che, una volta reintrodotta la Lira, i prezzi automaticamente dimezzerebbero? Che le tariffe gonfiate calerebbero? Che le imposte e le accise arretrerebbero?). Concentriamoci sull’ipotesi referendaria, e chiediamoci, come insegna a fare David Lane davanti alle dichiarazioni dei politici (la scuola britannica di giornalismo è sempre la migliore): “perché questi mascalzoni ci raccontano tutte queste bugie?”.

Chi chiede, auspica, vuole, pretende il referendum per il ritorno della Lira sa perfettamente, infatti, che una simile consultazione non si potrà mai fare. O perlomeno dovrebbe saperlo, visto che siede in Parlamento e guadagna quel che guadagna apposta per conoscere questo genere di cose. Ma il sospetto è che la sparata sia appunto una boutade, un feticcio, uno dei tanti che si agitano per far distogliere lo sguardo dalla realtà.

Perché non è possibile reintrodurre la lira tramite referendum?

In primo luogo, perché in Italia, il referendum può essere solo abrogativo (articolo 75 Costituzione). Non consultivo, non propositivo, non reintroduttivo. In secondo luogo, sempre secondo l’art. 75, non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, né per i trattati internazionali. Ora, pur non essendo l’assunzione di una moneta una legge strettamente “tributaria”, dubitiamo fermamente che un qualsivoglia referendum sul tema non intacchi tale materia, il che lo renderebbe immediatamente inaccettabile. Mentre è assolutamente certo che l’euro è nato da un trattato internazionale, altro motivo di inammissibilità.

C’è anche un altro articolo costituzionale, l’ 11 comma 2, che recita: “l’Italia consente alle limitazioni di sovranità...promuove e favorisce le organizzazioni internazionali”. In altri termini, tale articolo sancisce, attribuendogli un valore aggiunto, i patti con altri Paesi come doverosi e talvolta intoccabili. In effetti, è la prassi meta-costituzionale che in latino viene detta “pacta sunt servanda” : i patti debbono essere rispettati, e basta. Le decisioni unilaterali non sono contemplate.

Come se non bastasse, ci sono poi quaranta anni di giurisprudenza della Corte Costituzionale che ha sempre ribadito la superiorità dei trattati europei nei confronti non solo delle nostre leggi ordinarie, ma anche della nostra stessa Carta Fondamentale.

Visto dunque che un referendum sul quesito Lira o Euro non è neanche ipotizzabile, torniamo alla domanda di David Lane : “perché questi mascalzoni ci raccontano tutte queste bugie?”

http://www.democrazialegalita.it/marcoeuro.htm

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