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FOTO - Quattro anni di guerra in Iraq, cortei per la pace nel mondo
Publie le martedì 20 marzo 2007 par Open-Publishing
19 marzo 2007
Da "costa a costa", da New York a Washington a Los Angeles - passando per San Francisco, Portland e Seattle per citare solo i maggiori centri - decine di migliaia di americani hanno dato vita ieri a vivaci manifestazioni contro la guerra in Iraq: "Gettate Bush, non le bombe", "Impeach Bush", " Via subito i soldati", "Quattro anni sono già troppi" erano le scritte su alcuni degli striscioni e cartelli nelle strade di New York dove circa 30.000 tra studenti, manifestanti in bicicletta, reduci del Vietnam e comuni cittadini hanno percorso in lungo e in largo il centro dell’isola di Manhattan, al suono di tamburi e altri strumenti musicali, nonostante il freddo e il clima sgradevole. "Se la gente si mette ad ascoltare sul serio quello che i militari stanno dicendo, capirà che sono contro la guerra, come accade in Vietnam" ha detto il sergente José Vasquez che si è rifiutato di partire per l’ Iraq. L’attore e regista Tim Robbins, che sfilava in testa a un corteo a New York, ha aggiunto: "Questo non è un oscuro movimento di sinistra, è la voce del popolo. Gli americani vogliono che questa guerra finisca; quando verranno ascoltati?". Già sabato, in una manifestazione davanti al Pentagono, l’ex-ministro della Giustizia Ramsey Clark, oltre a chiedere una data certa per il ritiro delle truppe - che sono state invece di recente aumentate di circa 30.000 unità su ordine presidenziale - ha proposto l’avvio di una formale procedura politico-giudiziaria nei confronti del presidente. "E’ tempo di cambiare politica" diceva un cartello a Los Angeles; "Il peggior presidente della storia" suggeriva un altro.

Sarebbero un milione le vittime irachene della guerra cominciata con il bombardamento americano di Baghdad nella notte del 20 marzo 2003: lo sostiene Gideon Polya, un ricercatore australiano che ha confrontato e incrociato dati e informazioni di diverse fonti, qualificate e indipendenti, cominciando da quelli del Fondo Onu per l’infanzia (Unicef).
Polya, dopo 40 anni di vita accademica come biochimico - in gran parte trascorsi all’Università ’Latrobe’ di Melbourne, una delle prime 10 università australiane e una delle prime 100 al mondo - si è dedicato in questi ultimi anni a una crescente attività pubblicistica in cui spicca il testo "Global mortality, Iraq and the Muslim Holocaust" del luglio 2004. Già allora - sottolineando che "sotto l’occupazione anglo-americana la "excess mortality" (mortalità evitabile) e quella dei bambini entro i cinque anni di età era stimabile a 100.000 l’anno" - Polya scriveva: "Come umanista e studioso di scienze biologiche, ho approfondito e scritto un’analisi dettagliata della mortalità planetaria nella storia, allo scopo di affrontare questa straordinaria cecità morale e intellettuale delle nostre altrimenti istruite e certamente umane società del primo mondo". Per la sua ultima ricerca sulla mortalità in Iraq , pubblicata alla vigilia del quarto anniversario dell’inizio della guerra in Iraq - che era stata indicata come "mission accomplished" dal presidente americano già il primo maggio 2003 - Polya ha utilizzato anche dati dei servizi demografici dell’Onu e fonti mediche.
Il molto reclamizzato e stimato "Iraq body count" ancora oggi non va oltre le 65.121 vittime irachene.www.misna.org
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http://www.edoneo.org/notbush.html
