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Ci risiamo. Mercoledì 4 aprile, durante il match dei quarti di finale di coppa campioni Roma – Manchester United, la celere italiana ha di nuovo mostrato la forza: decine di tifosi inglesi sono stati manganellati a dovere. Alcuni hanno riportato gravi ferite al cranio, che immediatamente sono diventate l’oggetto di pregiatissime foto vendute nel giro di poche ore ai tabloid britannici.
Ancora una volta il calcio sfocia nella politica. Questa volta addirittura internazionale. Il governo di Tony Blair ha chiesto spiegazioni all’Armata Brancaleone, che a sua volta le ha chieste al prefetto Serra, il quale, come al solito, è corso in televisione a difendere i suoi manganellatori provetti. Gli esaltati della divisa che, in preda alle scariche adrenaliniche della paura, spaccano tutto.
Dopo lo scandalo Raciti, agente ucciso da una banda di teppisti durante il derby Catania Palermo, credo sia ora il momento di poggiare il malaugurato piombo sull’altro piatto della bilancia. Non è stato infatti un bello spettacolo vedere celerini accanirsi su tifosi di spalle, caduti a terra, già sanguinanti. Magari Mentana avrà pure immortalato qualche sputo hooligan, ma forse un po’ di saliva sulla visiera dell’elmetto vale un tale pestaggio?
Partiamo dal ragionamento. La prima questione che mi viene in mente è: “poliziotti e tifosi, di ogni paese ed estrazione sociale, si comportano sempre allo stesso modo, come automi?” La risposta credo sia “no”, quindi mi chiedo: “perché in Inghilterra quegli stessi tifosi si comportano come agnellini da pascolo, mentre arrivati in Italia diventano leoni in gabbia?
La discriminante è l’Italia. Mi sembra palese. A questo punto bisogna analizzare la nostra situazione mandolinara, soprattutto perché il calcio ne fonda alcuni paradigmi essenziali. Innanzitutto nel Belpaese, come al solito, c’è tanto fumo da far soffocare e nemmeno una briciola di arrosto da mangiare: tutti si spintonano davanti alle telecamere per sfoggiare un bel primo piano sorridente, ma nessuno riesce a risolvere i problemi.
Gli stadi italiani sono delle fortezze di paglia: fossati profondi dieci metri, barriere alte quattro metri a separare tutti i settori fra di loro e dal campo, migliaia di poliziotti in assetto da guerra, tornelli, ponti levatoi, carabinieri a cavallo, stewards, biglietti elettronici e cecchini sulle nuvole. Risultato: ogni partita succede qualcosa. Morti, feriti, massacrati, mine inesplose, genitori che scappano con i figli sulle spalle.
Tutto questo è normale? Beh, per noi magari sì, ma per quelli normali veramente, no. Perché? Semplicemente per il fatto che, a fronte di un sistema di prevenzione “alcatraziano”, il nostro mandolinismo giullaresco riesce a farla da padrone: le società di calcio italiane non riescono a garantire nemmeno la sicurezza di un pesce rosso, ovunque intorno allo stadio si può comprare ogni tipo di droga o alcol, tifosi di squadre diverse vengono sapientemente sistemati in settori adiacenti.
Basta? No. A questo va aggiunto che il nostro sistema di sicurezza preventivo-repressivo, fondato sulla forza e sulla sfiducia, prevede che ad ogni incontro vengano stanziati migliaia di euro per far blindare lo stadio da una massa infinita di omini blu, armati come picchiatori da guerra civile, il cui unico esempio è la violenza. Al primo sgarro, botte! Perfetto lo stile fascista.
Proprio qualche giorno fa parlavo di questo problema ad una cena di amici a cui era presente un giovane carabiniere. Con un accento napoletano ben affilato non faceva che ripetermi: “ ‘o pesc fete daa capa”. Il pesce puzza dalla testa. E già…alla fine si va a finire sempre “a palazzo”, nei meandri di quel chiacchiericcio sterile che è la nostra politica interna, dove l’eco di voci tronfie viene soffocato dal tintinnio delle posate da banchetto.
Dov’è, in sostanza, lo Stato italiano? Al termine della partita in oggetto non si è sentito parlare di alcun arrestato, diffidato od espulso a tempo indeterminato. In compenso l’Armata Brancaleone è stata messa sotto scacco dal traballante governo Blair, alle cui irritate richieste di spiegazioni abbiamo saputo rispondere con il solito imbarazzato bofonchìo italiota.
Cosa sarebbe successo nel caso opposto? Probabilmente Tony avrebbe riso a crepapelle e, ripresosi, ci avrebbe invitato, in perfetto stile inglese, ad essere più educati sul territorio di sua maestà, invece di ubriacarci come barboni per poi correre allo stadio a sputare agli agenti predisposti alla pubblica sicurezza di una partita di calcio molto poco temuta e miseramente importante.
Ma “‘o pesc fete daa capa”, e allora il punto non è nemmeno questo. Il vero problema è l’educazione, che a sua volta è un portato culturale ed un diritto allo stesso tempo. Il vero problema è che i nostri politici non investono nella conoscenza, ma lasciano che la massa sempre più folta degli incolti continui il suo repentino scivolone verso la barbarie. Una questione di potere, di controllo. Si sa.
In Italia i tifosi stranieri disintossicati, gli ex-violenti, rinnegano la terapia e tornano ad essere bestie perché il clima è favorevole alla perdizione, così come le banche olandesi, con i tassi più vantaggiosi del pianeta, appena mettono piede al di qua delle Alpi, tornano ad essere associazioni a delinquere con fini di strozzinaggio. È l’Italia il problema più grande, è l’inettitudine di chi ci governa e l’animo spaghettaro italiota che vanno colpevolizzati, non qualche centinaio d’ inglesi imbecilli, alcuni dei quali, tra l’altro, accoltellati dai soliti ignobili vigliacchi.
Abbiamo addirittura la bella Melandri, la velina dello sport che scorrazza da una festa all’altra, da Briatore a Bruno Vespa, che sorride, viaggia, suppone, aspira a migliorare e bla bla bla…Ma chi si preoccupa del fatto che i nostri figli vengano educati ad una cultura sportivo-calcistica autentica, fatta di condivisione, di amicizia, di sano sfottò, di rispetto e di valori?
Chi si preoccupa di squalificare società di calcio sommerse di debiti su cui i presidenti vari si permettono anche di speculare, arricchendosi, come se fossero utili? Chi si preoccupa di “prevenire”, nel rispetto e nella fiducia del cittadino, lasciando gli stadi ai tifosi, invece di imbottirli di guardie e considerare tutti alla stregua di bestie da domare col manganello? Chi addestra i poliziotti ad arrestare, invece di massacrare? Chi si preoccupa di farci rispettare dagli altri paesi, di difendere le nostre forze dell’ordine con fermezza, senza dover per forza arrossire tutte le volte, per qualsiasi episodio, come fossimo sempre gli eterni bambini immaturi dell’umanità? Chi si preoccupa di fare in modo che spacciatori d’alcol e droghe, nonché bagarini, aizzino –ognuno col proprio pseudo mestiere- la violenza? Chi si preoccupa di neutralizzare i facinorosi?
Chi si preoccupa dell’Italia?