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Falluja: centinaia di corpi nei frigoriferi. Marine condannato per omicidio

Publie le domenica 12 dicembre 2004 par Open-Publishing

di Toni Fontana

Di Falluja non si era più saputo nulla da quando la battaglia si è ufficialmente conclusa con un bilancio (la fonte è il governo iracheno) di oltre 2000 morti. Su quanto è accaduto durante l’assedio ed il successivo attacco dei marines è calato un silenzio alimentato soprattutto dal fatto che gli americani hanno ostacolato i soccorritori della Mezza Luna Rossa e, più in generale, i testimoni. Ora, con molto ritardo, cominciano a filtrare notizie che sollevano inquietanti e drammatici interrogativi. Centinaia di cadaveri sono ammassati in una cella frigorifera mentre in città non funzionano né gli impianti fognari né quelli idrici e la popolazione è allo stremo.

Ieri, per la prima volta, il comando Usa ha autorizzato una «breve» visita a Falluja di una delegazione del Comitato Internazionale della Croce Rossa (Circ). Dal mese di ottobre del 2003 la Croce Rossa internazionale non è più presente in Iraq con personale straniero. Tutti i funzionari non iracheni sono stati ritirati in seguito ad un gravissimo attentato terroristico avvenuto a Baghdad, e, da allora, il Circ si appoggia a circa 400 collaboratori iracheni. Sette funzionari locali hanno appunto formato ieri la delegazione che ha potuto visitare Falluja solo per «poche ore». Nel corso della visita i rappresentanti della Croce Rossa hanno appreso che in città non vi è acqua potabile e non funzionano gli impianti fognari. Ma, come ha detto a Ginevra il portavoce del Circ, Florian Westhphal «l’esercito americano ci ha riferito che alcuni centinaia di corpi si trovano in un deposito frigorifero». Il portavoce ha aggiunto che, per ora, non è possibile saperne di più, ma che la Croce Rossa intende avviare un’indagine anche allo scopo di identificare i corpi e consegnarli quindi alle famiglie.

Il fatto che, come ha rivelato la clamorosa protesta in occasione della visita di Rumsfeld in una base del Kuwait, una parte dei militari Usa siano molto «nervosa» per la lunga permanenza in guerra è dimostrato anche da un’altra notizia che giunge dagli Stati Uniti. Una corte marziale ha riconosciuto ieri la colpevolezza del sergente Johnny Horne che uccise un miliziano iracheno ferito. La sentenza, come è in uso nei tribunali militari americani, verrà pronunciata nei prossimi giorni. Il sottufficiale rischia al massimo una condanna a 10 anni di reclusione perché ha ammesso di aver commesso il fatto che gli viene addebitato. L’episodio è accaduto il 18 agosto mentre nel quartiere Sadr City di Baghdad erano in corso furiosi combattimenti tra i marines e gli estremisti sciiti. La pattuglia di Horne si trovò davanti ad un furgone crivellato all’interno del quale vi erano alcuni cadaveri. Solo un giovane, Kassim Hassam, era sopravvissuto alla sparatoria, ma era gravemente ferito. A quel punto i soldati americani decisero di uccidere il giovane perché - sostiene l’imputato - «non si poteva fare nulla per salvarlo ed l’abbiamo aiutato a smettere di soffrire». I magistrati militari non hanno però creduto a questa tesi ed hanno accusato il sergente di omicidio non premeditato. Il sottufficiale ha ammesso di aver sparato allontanando in tal modo il rischio di una condanna all’ergastolo. La tesi dell’uccisione «per compassione» di iracheni feriti viene sostenuta anche da altri militari americani che stanno tentando di sottrarsi ad una condanna.

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