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Falsa partenza

Publie le sabato 15 luglio 2006 par Open-Publishing

di Armando Rinaldi

Un giudizio più approfondito sul nuovo DPEF deve essere necessariamente demandato a un attenta lettura del documento non appena questo sarà disponibile. Il giudizio qui di seguito espresso si basa quindi sugli ampi resoconti pubblicati dalla stampa.

E’ questo il DPEF che si aspettava chi ha votato per questo governo? Ma prima di esprimere alcune considerazioni credo valga la pena riportare qualche stralcio tratto dal Programma dell’Unione sul quale il centro sinistra ha chiesto il voto agli elettori. Nell’introduzione si poteva leggere, tra l’altro: “Il binomio “lavoro e welfare” è l’asse portante dei valori che ispirano tutte le nostre politiche economiche e sociali. Il punto di partenza è la creazione di un circuito virtuoso tra sviluppo economico e sviluppo sociale, tra diritti e crescita, tra competitività e giustizia: un welfare state declinato come “ambito di giustizia” e come “fattore produttivo”. È in questo contesto che possiamo e dobbiamo recuperare il nesso inscindibile tra diritti individuali, diritti del lavoro e diritti sociali, secondo un nuovo approccio allo "sviluppo umano" che veda l’idea di libertà non solo come attributo individuale, ma come impegno sociale”. Il concetto esposto viene poi ripreso in vari capitoli del programma laddove si espongono in dettaglio le misure che dovrebbero concorrere, tutte insieme, alla realizzazione del suddetto welfare state.

In materia di occupazione il programma cita il superamento della Legge 30, l’estensione a tutti i lavoratori delle tutele e dei diritti di base e dell’accesso al credito, l’aumento delle opportunità di crescita professionale, attraverso il diritto alla formazione permanente, la garanzia e il sostegno non solo del reddito attuale, ma anche dei trattamenti pensionistici futuri, con strumenti quali la totalizzazione
di tutti i contributi versati, anche in regimi pensionistici diversi, e la copertura figurativa per i periodi di non lavoro. Vi è poi l’impegno a estendere le tutele anche nel mercato del lavoro riformando gli ammortizzatori sociali, potenziando i servizi pubblici all’impiego e la formazione professionale sul territorio, innovando e allargando le politiche attive di sostegno all’occupazione e per la formazione lungo tutto l’arco della vita.

Si propongono politiche specifiche per aumentare le opportunità di lavoro dei gruppi oggi sottorappresentati sul mercato del lavoro, in primo luogo i giovani, per accrescerne istruzione e qualificazione professionale e stabilizzarne i rapporti di lavoro; le donne, con strumenti che ne garantiscano la parità di diritti normativi, retributivi e pensionistici, senza discriminazioni....; gli anziani, con azioni che promuovano la vecchiaia attiva; i lavoratori delle aree depresse, con incentivi mirati
all’occupazione stabile e alla regolarizzazione del lavoro nero oltre che con il rilancio dello sviluppo di quelle regioni; i soggetti disabili e svantaggiati, attraverso il superamento delle normative introdotte dalla "legge 30" e il potenziamento dei centri pubblici per i servizi di inserimento lavorativo mirato delle persone con disabilità.

Il programma dell’Unione ritiene poi indifferibile una profonda riforma del sistema degli ammortizzatori sociali, che preveda l’incremento e l’estensione dell’indennità di disoccupazione a tutti i lavoratori (anche discontinui, economicamente dipendenti e non subordinati), il riordino e l’armonizzazione dei trattamenti del settore agricolo, la costituzione di una rete di sicurezza universale che protegga tutti i lavoratori nei casi di crisi produttive.

In tema di Previdenza il programma ritiene necessario intervenire a favore delle parti più fragili del sistema, individuabili soprattutto nelle lavoratrici e nei lavoratori con carriere discontinue e meno retribuite, oltre che nei pensionati che sopravvivono più a lungo dopo il pensionamento. Si sottolinea che la flessibilità del sistema contributivo introdotta dalla riforma "Dini" aiutava anche a risolvere il problema dei lavoratori in difficoltà a mantenere un posto fisso di lavoro oltre certe soglie di età. Con la situazione che si viene a creare, senza adeguati interventi per favorire la prosecuzione della carriera, molte persone ultracinquantenni rischiano, quando sono estromesse dall’attività lavorativa, di non avere più un salario e di non avere ancora diritto alla pensione.

Per quanto riguarda la Persona e la Famiglia si denuncia il fatto che negli ultimi anni è mancata una politica economica e sociale nel suo insieme adeguata al sostegno ai redditi bassi e precari e alle responsabilità familiari, alla fornitura di servizi sociali e abitativi alle famiglie e ai trattamenti di disoccupazione. In particolare, è mancato uno strumento generalizzato di contrasto della povertà e dell’esclusione, così come un fondo per la non auto-sufficienza.

L’Unione si impegna a modificare questo stato di cose innovando l’intervento pubblico in modo che le risorse messe a disposizione dal governo centrale facciano da volano di una più ampia mobilitazione di risorse pubbliche, realizzino la massima efficacia possibile nel sostenere i redditi personali e familiari e nel contrastare i fenomeni di povertà ed esclusione sociale e facciano ciò in forme incentivanti comportamenti attivi e non passivi dei beneficiari.

Tutto ciò al fine di realizzare due libertà fondamentali per i giovani, quella di rendersi autonomi dalla famiglia di origine e quella di poter costituire una propria famiglia, contrastare la povertà e l’esclusione sociale, ampliare il diritto per le donne di partecipare al mercato del lavoro senza rinunciare al diritto alla maternità, favorire la conciliazione tra vita lavorativa e vita personale e familiare, coniugare il riconoscimento delle famiglie come una espressione della socialità con il rispetto
dei diritti dei singoli componenti, compresi i minori, tutelare il benessere e la salute dell’infanzia e dell’adolescenza garantendo un organico e integrato intervento di protezione materno-infantile finalizzando a tale scopo una azione di messa in rete di tutti gli interventi sociali, sanitari ed educativi che si rendono necessari, favorire una vecchiaia attiva, inserita nella rete delle relazioni affettive, familiari e sociali, assicurando al contempo l’assistenza a chi ne ha bisogno, riconoscere la cura
come questione di giustizia sociale, il che comporta, fra l’altro, garantire rispetto e tutele ai lavoratori impiegati nelle mansioni di cura.

Perseguire questi obiettivi è parte essenziale della costruzione di un welfare dello sviluppo umano, di una società più libera e solidale. È questa la cornice entro cui si inseriscono le linee d’azione per un nuovo sistema di welfare.

Nel capitolo sul contrasto della povertà e dell’esclusione sociale si legge che per i cittadini in condizioni economiche particolarmente disagiate si prevede l’introduzione di un “Reddito minimo di inserimento”, da accompagnarsi con misure di integrazione sociale che favoriscano, nel caso di persone in età da lavoro, l’occupabilità e la formazione e, nel caso di minori, la scolarità.

Fin qui quanto si legge nel programma dell’Unione. Se ora analizziamo quanto riportato degli organi di stampa sul DPEF vi troviamo indicate una serie di misure a sostegno della famiglia, dei giovani, delle donne, contro la precarietà, ecc. Misure che meritano di essere approfondite ma che a una prima lettura sembrano tutte di segno positivo.

Ciò premesso il DPEF si caratterizza per l’assenza di impegni precisi sul fronte del sostegno al reddito, del reddito di inserimento e della riforma degli ammortizzatori sociali. Per contro si anticipano interventi ancora tutti da definire sulla previdenza (l’unica cosa che sembra chiara è quella dell’abolizione dello scalone del 2008 previsto dalla riforma Maroni) e sulla sanità.

Nel DPEF viene quindi a mancare totalmente qualsiasi indicazione in merito alla realizzazione di quel welfare state più volte citato nel programma dell’Unione così come di quella Riforma degli Ammortizzatori Sociali che dovrebbe costituire parte fondamentale del welfare state. Misure spot, ancorché positive, a favore di questa o quella categoria disagiata tendono ancora una volta a seguire la logica di interventi frammentari, frutto di scelte estemporanee ed emergenziali e non parte di un disegno strategico di ampio respiro.

Tutto ciò è ancora più grave se si considera che il DPEF ha una valenza quinquennale e che quindi, a maggior ragione, dovrebbe trovare al suo interno tutto lo spazio necessario per tracciare le linee fondamentali di un sistema di riforme profonde particolarmente attente ai bisogni delle fasce più disagiate della società.

Non ritengo possa essere oggi accampata la scusa dello stato dei conti pubblici ereditato dal precedente governo. Lo stato dei nostri conti pubblici era noto a tutti e tutti erano perfettamente al corrente del disastro prodotto dalle politiche demenziali del ministro Tremonti non fosse altro per il fatto che ogni mese l’Ue ci lanciava segnali d’allarme. Non esiste quindi giustificazione plausibile per un ridimensionamento di quanto scritto nel programma dell’Unione.

Credo quindi di poter affermare che esiste una preoccupazione condivisa da molti tra coloro che hanno sostenuto il programma del centro sinistra. La preoccupazione è legata alla crescita dalla consapevolezza che all’interno della coalizione stia imponendosi quella ben nota componente liberale le cui idee non sono poi così dissimili da quelle che circolano nello schieramento di centro destra.

Non possiamo che augurarci, se questa è l’ipotesi, che queste posizioni vengano duramente contrastate in nome di una giustizia e di una equità che è dovuta a milioni di nostri concittadini molti dei quali hanno sostenuto il centro sinistra non certo per vedersi propinare in modo forse più addolcito ricette liberiste che piacciono anche al centro destra.

Associazione Culturale Punto Rosso pr@puntorosso.it

Lavori in corso n° 38