Home > Ferrero: "Sui conti pubblici vogliono intimidire il governo"
Ferrero: "Sui conti pubblici vogliono intimidire il governo"
Publie le martedì 25 aprile 2006 par Open-Publishingdi Fabio Sebastiani
Centrodestra in pressing, ma Eurostat l’inchioda. Intervista al dirigente di Rifondazione
«Pura speculazione». Prodi bolla così al termine di una lunga giornata di polemiche sui conti pubblici le voci scatenate dal centrodestra su un possibile aumento dell’Iva e sulla manovra di aggiustamento. «Ipotesi del tutto priva di fondamento (iva, ndr) mentre di vero - sottolinea Prodi - resta lo stato preoccupante dei conti pubblici». Di conti pubblici, ovviamente non si può ragionare in astratto. Per i numeri occorrerà aspettare l’8 maggio quando Joaquim Almunia farà le nuove previsioni su prodotto interno lordo e parametri di Maastricht. Intanto l’Eurostat parla di un deficit che nel 2005 è salito al 4, 1%.
L’Italia, comunque, ha già una aliquota iva tra le più alte dell’Ue. E nel programma dell’Unione la tassazione riguarda la reintroduzione dell’imposta di successione e donazione e il riordino del prelievo sulle rendite finanziarie. L’ipotesi di scaricare altri prelievi fiscali sull’Iva, poi, è del tutto priva di fondamento in quanto significherebbe bloccare il processo di ripresa dei consumi interni. Liberazione su questi temi ha intervistato Paolo Ferrero, membro della segreteria nazionale del Partito della Rifondazione comunista.
– Fin dal momento della chiusura delle urne elettorali è iniziata una pressione senza precedenti sulla questione dei conti pubblici. Quale è il motivo?
Questo forcing si è esplicitato attraverso una pressione psicologica e una campagna d’opinione sulla necessità dei tagli. C’è una sorta di lavoro sotterraneo per intimidire il prossimo governo e metterlo dentro l’alveo delle politiche liberiste. Questo elemento politico trova un punto di appoggio nel modo devastante in cui l’accoppiata Berlusconi-Tremonti ha gestito il bilancio dello Stato. Da un lato la riduzione delle tassazioni dirette a partire dai ricchi, dall’altro l’evasione legalizzata; in terzo luogo, i condoni preventivi e le una tantum. Tutto ciò ha determinato una situazione doppiamente penalizzante. Non solo ci saranno dei buchi maggiori di quelli formulati, così come, ad esempio, è successo in molte regioni italiane l’anno scorso, e in particolare nel Piemonte, con il buco della sanità enormemente più grande di quello denunciato; ma tutto questo ha determinato un problema strutturale. In pratica, le entrate non hanno più una relazione con l’andamento del prodotto interno lordo.
– Che cosa vuol dire? Potresti spiegarti meglio?
Se si fanno dei condoni preventivi, come ha fatto Tremonti, può succedere che prendi un po’ di soldi subito ma non li prendi gli anni successivi. La dinamica del prodotto interno lordo cresce, ma hai le entrate che diminuiscono. Anche perché chi paga subito, attraverso i condoni preventivi, paga meno di quello che dovrebbe pagare in futuro. E questo vale innanzitutto per le imprese e per i concordati preventivi. In sostanza, per tornare al discorso iniziale, nelle pressioni ad intervenire sui conti pubblici a fianco a un elemento politico ce n’è uno basato sul disastro che hanno combinato nel tagliare in diversi modi le tasse ai ricchi.
– Ma allora il buco c’è davvero?
In realtà questa discussione sta avvenendo senza cifre, all’insegna di una campagna politica per intimidire il governo. Anche solo per aprire il confronto le cifre vanno viste. E’ necessario aspettare la verifica precisa dei conti che giustamente anche Prodi ha richiesto. Il fatto che si chiacchiera su cifre che ballano da due a sette miliardi segnala senza dubbio il carattere fortemente politico dell’offensiva mediatica in corso.
– Una offensiva che mi pare dica “subito un intervento sostanzioso”.
Noi pensiamo che non ci può essere nessuna logica dei due tempi in cui prima c’è un risanamento e poi la spesa sociale. E la seconda è che gli interventi devono avere un carattere redistributivo e cioè non possono pesare nello stesso modo in alto e in basso della scala sociale, cioè devono trasferire risorse dall’alto in basso. Lo diciamo per ragioni di giustizia sociale ma anche perché l’altro modello, quello dei due tempi, lo hanno usato per vent’anni e la situazione dell’Italia dimostra come sia completamente fallito. La non accettazione della politica dei due tempi rappresenta esattamente la non accettazione delle politiche liberiste.
– E l’Unione?
Questo è cosa è previsto nel programma. In più, direi, la cautela con la quale fino ad oggi si è mosso prodi non ha alcun elemento di contraddzione con questo programma.