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Fisco e giustizia. Peggio di così non potevano fare
Publie le sabato 13 novembre 2004 par Open-PublishingMinisteri e ’’riforme’’: uno scambio indecente
Le due riforme, fisco e giustizia. Peggio di così il centrodestra non poteva fare.
Berlusconi, viene meno alle promesse fatte agli elettori quando aveva annunciato che tagliava le tasse a tutti. Per le aliquote Irpef se ne riparlerà nel 2006. Per ora si prevede un taglio all’Irap per 2,7 miliardi di euro e per le famiglie la miseria di un miliardo. Messo in un angolo dai suoi alleati, per rifarsi ne annuncia altre. Vuole eliminare la par condicio, come se non avesse già abbastanza spazio nei media: i suoi, i collegati e quelli pubblici - leggi Rai - di cui è l’editore di riferimento.
Vuole cambiare la legge elettorale andando oltre quel proporzionale che Follini e l’Udc rivendicano. Pensa ad un sistema che gli garantisca comunque la maggioranza, e il fido Bondi ha già provveduto a mettere insieme un gruppo di lavoro. Il ministro Castelli si vanta della riforma della giustizia che mette in riga i magistrati, li priva dell’autonomia e dell’indipendenza così come detta la Costituzione. Non affronta i problemi veri ovvero il funzionamento della giustizia. I magistrati, unanimi, decidono lo sciopero.
Sempre Castelli annuncia molte altre riforme. C’è anche un deputato che sta studiando come ridurre i tempi della prescrizione in modo che Previti possa andare tranquillamente in barca. Berlusconi si vanta di aver messo in cantiere più riforme di quanto non abbiano fatto tutti i governi dal dopoguerra ad oggi. Il presidente del Consiglio che non onora il famoso contratto con gli italiani, viene meno alla parola data sulla riduzione delle tasse, avverte che i suoi alleati sono pronti a fargli la festa. Non vogliono precipitare nel baratro insieme a lui. Passata l’euforia per le elezioni americane e la vittoria di Bush, si torna alla dura realtà.
Berlusconi ha solo una strada percorribile, quella della distribuzione di poltrone, siglando un accordo di puro potere con An, Udc, Lega, tenendo conto anche degli appetiti di personaggi dei nuovi , si fa per dire, socialisti come Gianni De Michelis e qualche repubblicano che parcheggia nella Cdl. Gli alleati tentano di razzolare il più possibile, conquistando qualche ministero, alcuni sottosegretari, posti di sottogoverno che pare assommano a più di centocinquanta. Ecco allora Follini che fa lo scontroso non perché non vuole l’incarico di vicepresidente ma perché deve portarsi dietro anche Baccini per ottenere qualche posto da sottosegretario. Solo così può riuscire a rimanere in sella, a guidare l’Udc, divisa fra democristiani storici, democristiani moderni, integralisti alla Buttiglione ma il leghista Cè non gradisce Follini. Fini ha ugualmente bisogno di placare gli appetiti dei colonnelli.
Fanno la fila per un posto o due, per questo o quel ministero. Lui va agli Esteri. Allora Urso deve diventare ministro del Commercio. Poi c’è La Russa sempre in bilico fra la Santanché e qualcos’altro. Quando lo cercano non lo trovano e non trovano neppure lei. Vuole più poteri nel partito oppure un posto nel governo. Ma Alemanno, l’ala sociale dei post fascisti, di cui fa parte anche Storace che si muove in proprio, non ne vuol sapere. Tra l’altro, fare il ministro dell’agricoltura gli sembra un po’ poco. La concorrenza dell’amico Storace, insieme a lui nella cordata, lo preoccupa per cui l’Alemanno si smarca sempre più. Assume il ruolo dell’ideologo, del politologo, dell’intellettuale della destra a fronte del sanguigno Storace. Fini deve tener conto anche del ministro Matteoli, detto “Attila”, tenendo conto che è ministro dell’Ambiente.
Insomma la conquista della Farnesina ha un prezzo interno ad An e Berlusconi lo deve pagare. La Lega si muove in sottofondo. Sembrano gattoni bonaccioni, di quelli che fanno le fusa ma non ti guardano pronti a saltarti addosso. Da Berlusconi vogliono l’impossibile: il posto di Formigoni attuale presidente della Regione Lombardia. Come subordinata potrebbero accontentarsi del Veneto, del Piemonte o della Liguria. Nell’incertezza dei risultati delle prossime elezioni regionali intanto, come antipasto, qualche sottosegretario da mandare in giro per la Padania. De Michelis punta al bersaglio grosso, una vicepresidenza. C’è anche il giovane Craxi che in memoria di antiche amicizie e favori non può essere lasciato a piedi. Se poi il clerico-laico Giuliano Ferrara gli portasse qualche radicale dovrebbe trovare un posto in più a tavola.
Le promesse non mantenute, i soldi che non ci sono, la situazione economica diventa sempre più pesante. Ma tutto questo a Berlusconi e al centrodestra non interessa. Tutta l’attenzione è concentrata su uno scambio indecente: io ti do un ministero, un sottosegretario, tu mi assicuri le "riforme" che mi stanno a cuore, che salvaguardano i miei interessi e quelli del mio partito.
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