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Forum della Sovranità Alimentare - Intervista a Joao Pedro Stédile
Publie le giovedì 12 aprile 2007 par Open-Publishing
:: LA TERRA ::
Vista dalle Ande
"Ogni popolo che vuole essere libero e autonomo deve avere capacità di generare i suoi alimenti"
Ecco l’intervista a Joao Pedro Stédile, membro del Coordinamento Nazionale del Movimento Sem Terra, fatta a Selingué, in Malí, dove si è svolto, a fine di febbraio, il Forum della Sovranità Alimentare.
Reti contadine internazionali, autosufficienza alimentare, agro-combustibili che divorano la terra per sfamare motori, l’esperienza latinoamericana, monocolture e pesticidi. Questi sono solo alcuni dei tanti temi che l’ex leader sindacale brasiliano di origine trentina, ora referente importante della Via Campesina mondiale, espone con la chiarezza disarmante che lo distingue.
"Agrobusiness nemico della sovranità alimentare"
A cura Sebastián Valdomir di REDES-Amigos de la Tierra- Uruguay
Traduzione di Serena Romagnoli, Amig@s MST-Italia
www.selvas.org
Quali sono le prime valutazioni del Forum per la Sovranità Alimentare qui in Mali?
Il Forum ha avuto una grande importanza politica per vari aspetti. Prima di tutto perchè rappresenta un passo avanti nell’articolazione di reti internazionali e di settori sociali importanti, che fanno il loro lavoro in questa grande lotta contro il neoliberismo, ma che non disponevano di un proprio spazio. Il Forum Social Mundial ha un altro carattere, è uno spazio molto più simile a un “mercato delle idee”; il Forum del Mali si proponeva di riunire queste reti per cercare punti di contatto su concetti e azioni concrete. In questo modo noi siamo riusciti a mettere insieme, durante questi giorni, Via Campesina, i pescatori, i pastori, il movimento della marcia mondiale delle donne, i popoli indigeni, gli ambientalisti e alcuni altri settori urbani.
Anche se questo è stato uno degli aspetti più carenti e non perchè non abbiamo avuto la capacità di organizzarci, ma perchè in tutto il mondo i movimenti urbani, dopo la sconfitta ideologica del movimento sindacale e studentesco e del movimento dei quartieri, non stanno attraversando processi di ricomposizione in quanto movimenti. E quindi noi non abbiamo interlocutori nelle città per questa lotta in particolare.
E’ stato molto importante che siamo riusciti a riunire queste reti di settori sociali. La seconda cosa importante è data dal fatto che il tema della sovranità alimentare, pur essendo presente nelle concezioni filosofiche di quasi tutte le correnti politiche e ideologiche (per citare alcuni casi storici, in America Latina è presente nel pensiero di José Martí e di Mariátegui), tuttavia la sinistra in genere e le società non sono mai riuscite ad assumerla come bandiera politica importante.
I problemi della fame e della povertà nelle campagne, la mancanza di mercato per i prodotti agricoli contadini si sono evidenziati con maggiore chiarezza, e si sono moltiplicati negli ultimi trenta anni, che coincidono più o meno con la rivoluzione verde e poi con il neoliberismo (...) In questo Forum abbiamo fatto un grande passo dal punto di vista teorico e politico, nel senso che questo processo unitario ci ha portato anche alla costruzione di un concetto più ampio e più preciso políticamente, di cosa sia effettivamente la sovranità alimentare.
Quali progressi ci sono stati in questo processo?
Primo, c’era una concezione generica di sovranità alimentare, come diritto che hanno i popoli a produrre i propri alimenti. Noi abbiamo aggiunto a questo concetto l’idea che è un diritto e un dovere produrre i propri alimenti. Perchè ogni popolo che vuole essere libero e autonomo, ha l’obbligo di generare i suoi alimenti, e quindi è più che un diritto, è una condizione politica per la sua autonomia in quanto popolo.
E noi siamo passati ad applicare il concetto a tutti gli spazi territoriali: sovranità alimentare per il paese, per una regione, per un comune e per una comunità. Ogni comunità rurale dovrebbe far proprio il principio di essere autonoma nella produzione di alimenti.
Un altro passo avanti, dal punto di vista concettuale, è stato comprendere che la sovranità alimentare si otterrà solo se ci sarà parallelamente la sovranità politica dei popoli. Che ci siano condizioni politiche per esercitare l’autonomia sui loro territori, o sullo Stato, perchè questo possa applicare politiche che generino autonomia nella produzione di alimenti.
Perchè, per esempio, noi potremmo avere sovranità alimentare dal punto di vista territoriale, però senza che questa sovranità sia controllata dal popolo. Siamo poi andati avanti nel considerare che la sovranità alimentare è piena solo se si riescono a produrre alimenti sani. C’è una responsabilità sociale dal punto di vista della salute dei popoli, e da lì parte una critica forte al modo di produzione dell’agrobusiness, che ha bisogno di utilizzare agrotossici, che innalza la produttività fisica della degli alimenti con l’uso di veleni, e quindi entra in contraddizione offrendo una falsa sicurezza alimentare, che in fondo è frutto dell’uso di veleni.
Infine, credo che siamo andati avanti rispetto a questo concetto, inserendo in esso il tema che è necessario usare tecniche agricole rispettose dell’ambiente; cioè, aumentare la produttività degli alimenti raggiungendo l’autonomia, però in modo sano, preservando la natura per le generazioni future. In conclusione, il Forum sta dando risultati concreti, articolando gli attori sociali ed elaborando un concetto collettivo molto più ampio di quello che avevamo fino ad oggi, rispetto alla sovranità alimentare.
Voglio affrontare il tema organizzativo, perchè si è visto nel Forum che Via Campesina è molto varia da questo punto di vista, noi in America Latina abbiamo una maturità organizzativa che non c’è in altri continenti, questo è un problema?
Questo è parte della realtà. Di una realtà che viene da 15 anni di neoliberismo, e che deriva dal fatto che, nella maggioranza dei paesi del sud non sono arrivati alla tappa della industrializzazione delle loro economie.
Ora, io credo che dal punto di vista politico, per quanto non ci siano posizioni unanimi su alcuni temi in questo Forum. Si è andati molto avanti nel dibattito, nell’identificare che i nemici che impediscono la sovranità alimentare dei popoli e dei paesi, si manifestano politicamente attraverso il neoliberismo.
Il modello neoliberista è il dominio del capitale finanziario internazionale sulle economie. Questo capitale internazionale è antagonista agli interessi della sovranità alimentare, giacchè è suo interesse dominare la produzione e il commercio di alimenti. Mentre la sovranità alimentare implica affidarne il controllo alle stesse popolazioni o, a rigore, alle nazioni. In secondo luogo, abbiamo fatto progressi identificando all’interno del neoliberismo le imprese transnazionali -sono tra 10 e 20- che come corporazioni, controllano tutta la catena della produzione alimentare, dai semi agli agrotossici, al commercio agricolo, alle agroindustrie, fino al commercio internazionale.
Qui nel foro c’è stato accordo tra la maggioranza dei partecipanti sul fatto che le imprese transnazionali sono nostre nemiche. Questo non era successo nelle nostre riunioni politiche anteriori. Il terzo punto è che anche i governi neoliberisti sono un ostacolo per la sovranità alimentare. I governi nazionali quando si alleano con l’imperialismo passano a fare le politiche che interessano al capitale internazionale, e non all’autonomia della produzione di alimenti.
Quarto, credo che si sia chiarito che è necessario affrontare il modello dell’agrobusiness, perchè potrebbe essere generalizzato a tutti i continenti, con questo pacchetto tecnologico di grandi coltivazioni in monoculture...Comunque sia, essendoci grandi estensioni e monocolture, queste sono adatte alla meccanizzazione intensiva e all’uso di grandi quantità di agrotossici e fertilizzanti chimici.
Questo modello è stato identificato ora come un nemico per la sovranità alimentare, giacchè rompe appunto con la pluralità delle culture produttive, e la relazione con i mercati locali, che è quello che il contadino e il medio produttore agricolo fanno con la propria produzione. Queste grandi aziende di monoculture si legano generalmente in forma diretta con le corporazioni internazionali per raggiungere il mercato estero.
Credo che siamo andati avanti sulla strada della comprensione di chi sono i nostri veri nemici. E per essere onesto, nella discussione, se dal punto di vista concettuale c’è praticamente accordo, politicamente questo accordo non c’è ancora.
C’è un’opinione maggioritaria, ma ci sono alcune reti ambientaliste, reti di ONG, che identificano la via d’uscita con il commercio equo, con le piccole esperienze locali, ma in questo modo non si risolve il problema dell’alimentazione di tutto il popolo. Si risolve il problema di qualche comunità contadina o di alcuni piccoli produttori, però non si mette in discussione il vero sistema.
Nella attuale congiuntura qual è il peso di queste reti di ONG nella composizione attuale di Via Campesina, o in generale?
In Via Campesina non hanno influenza, però in questo tipo di ambienti, dei Forum, questo della sovranità alimentare o lo stesso Forum Social Mundial, hanno una certa influenza.
Ci sono ONG di molti tipi diversi: alcune sono nostre amiche, alleate e impegnate seriamente nelle nostre stesse attività. Purtroppo, in maggioranza finiscono per essere entità che si comportano con molto opportunismo, occupandosi di problemi minori, della loro stessa sopravvivenza, o mettendosi in mostra.
(segue)
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