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Frammenti di colonizzazione culturale: il cinema statunitense come veicolo propagandistico
Publie le lunedì 23 ottobre 2006 par Open-PublishingNato dalla volontà di analizzare il fenomeno cinematografico statunitense da un’ottica storico-sociologica, il presente articolo intende mettere a disposizione dei lettori un documento che consenta loro - da una parte - di comprendere la reale natura di Hollywood.
Dall’altra, di disporre di un mezzo grazie al quale sviluppare un filtro critico atto a proteggersi da immagini o flussi visivi di natura persuasiva, tendenti quindi a soggiogare l’individuo.
Nel contemporaneo contesto sociale dominato da strutture volte a vendere prodotti, il fatale compromesso con la pubblicità ha trasformato il giornalismo al servizio della popolazione - quello che si proponeva d’informare obiettivamente e professionalmente, ovverosia nel pieno rispetto di determinati principi etici o deontologici - in una fabbrica che muta la notizia in vile mercanzia.
Prostituitisi sul sacro altare del profitto, i media di massa si profilano quale vettore privilegiato della colonizzazione culturale di matrice statunitense. In effetti, essi attribuiscono un ruolo di primo piano a quello che oggigiorno definiscesi gossip, cioè la voce incontrollata che - proprio per tale sua caratteristica - si situa agli antipodi dell’informazione oggettiva.
Migliaia di trasmissioni televisive, di periodici e di quotidiani diffusi su supporto cartaceo trattano di amori e di futilità varie che coinvolgono le divinità totemiche dell’Olimpo contemporaneo: Hollywood o l’industria dei sogni.
Tale perverso interesse da voyeur esprime il fascino e l’influenza suggestiva esercitati dal cinema sull’uomo comune.
Da parte loro gli Stati Uniti - unitamente all’URSS - furono i primi ad accorgersi dell’immenso potenziale propagandistico attribuibile alle immagini dei films. In quest’ottica, nel 1942 il presidente Franklin Delano Roosevelt invitò alla Casa Bianca alcuni dei principali produttori e registi cinematografici dell’epoca, fra i quali Frank Capra e John Ford.
L’obiettivo era di coinvolgerli attivamente nella mobilizzazione psicologica a carattere bellico. Più in particolare, s’intendeva sviluppare lo spirito patriottico, sacralizzare il territorio americano e sublimarne la popolazione nonché l’apparato militare.
Da quel momento, il cinema prodotto a Hollywood divenne il principale vettore dello stile di vita statunitense. L’esito e le conseguenze dirette dell’Olocausto amplificarono questo graduale processo di colonizzazione ed assoggettamento culturale: le nazioni sostenute e liberate dagli Stati Uniti - come la Francia - firmarono accordi che le obbligavano a diffondere sul grande schermo delle realizzazioni americane, a celebrare l’eroismo e il messianesimo di un intero paese.
Schiavi di una filosofia che esalta l’uso della forza - anche a carattere preventivo - l’individualismo e il capitale, i giovani occidentali hanno ormai adottato codici nonché valori esistenziali tendenzialmente depersonalizzanti.
Colpevoli di mediocrità, di disinteresse e d’ignoranza, i loro genitori ne hanno favorito la perdita di identità e del sentimento di appartenenza ad una propria cultura, ad una propria storia.
Colpevoli di vigliaccheria, di collusione e di tradimento, le differenti autorità politiche occidentali hanno sostenuto la penetrazione sul proprio territorio di un pensiero che ha ridotto i cittadini a vivere in uno stato semi-vegetativo, a consumare la loro anonima esistenza funzionalmente ai dogmi della vendita e dell’acquisto.
Simbolo oscuro di principi tipicamente coloniali che non riconoscono la diversità, lo standardizzato prodotto cinematografico di Hollywood riveste un mero carattere autocelebrativo.
In effetti, nella semplicistica e demenziale geografia polarizzata di cui anche il presidente George W.Bush si fa portavoce, l’industria dei sogni mette in scena se stessa contrapponendosi all’”altro”, ovverosia a tutte quelle entità profilatesi quali alternative ad una logica liberal-capitalistica.
Cosí, gli Stati Uniti, la soleggiata California, Washington e le sue istituzioni atte a preservare la pace nel mondo si configurano quali rappresentazioni del bene, mentre il male si trova sempre al di là dei propri confini, fra quegli stranieri che rifiutano il modello americano.
In tal senso, le nazioni islamiche, quelle comuniste o ex-tali costituiscono dei veri e propri ricettacoli di depravazione e di violenza sistematicamente sconfitte e ricondotte alla ragione dall’eroe a stelle e strisce.
A titolo esemplare, ci si permette di ricordare in forma schematica alcuni elementi del celebre film intitolato Rocky IV:
Il pugile sovietico Ivan Drago, raffigurato come una macchina spietata che trasuda anabolizzanti, uccide sul ring lo statunitense Apollo Creed.
Il prode Rocky Balboa - alias Sylvester Stallone - intende vendicare l’amico perito ed accetta di sfidare Ivan Drago in Unione Sovietica. In un clima da Guerra Fredda, dinnanzi ad una folle prima apertamente ostile, poi sempre più amichevole, il primo sconfigge il secondo.
Il lungometraggio si conclude con un’emozionante allocuzione di Rocky Balboa al pubblico presente - fra il quale spiccano numerose personalità politiche sovietiche - che riscuote calorosi applausi.
L’approccio schematico consente di evidenziare un intreccio assai limitato. Il suo valore si colloca infatti in una sfera prettamente politica e propagandistica.
La polarizzazione a cui si è fatto riferimento in precedenza è palese sin dall’inizio, poiché - in un contesto scenico da Guerra Fredda - l’associazione significativa vittima-bene-Stati Uniti si oppone a quella assassino-male-Unione Sovietica.
L’eroismo americano - incarnato dal Balboa - si manifesta in territorio nemico e consente di abbattere un’antagonista che ne riconosce valore e superiorità.
La vittoria statunitense non riveste soltanto un carattere fisico - metafora dello scontro o del conflitto militare - ma soprattutto psicologico e politico. In effetti gli spettatori presenti - allegoria della popolazione sovietica - già nel corso dell’incontro cominciano a sostenere il valoroso americano, associato ad un determinato stile di vita ed ad un preciso orientamento politico: quello liberale, che idealmente permette ad ogni individuo di esprimersi e di vivere nella prosperità spirituale e materiale.
In tal senso, l’immagine della folla che rifiuta pubblicamente il comunismo risulta essere un evidente appello propagandistico fortemente connotato psicologicamente, il cui parossismo è simbolizzato dall’orazione del prode statunitense nel corso della quale risuonano le seguenti emozionanti parole:
Se io posso cambiare, e voi potete cambiare...tutto il mondo può cambiare
Ad ulteriore testimonianza della valenza scopertamente politica delle produzioni di Hollywood e senza entrare nei dettagli, ci si limita a menzionare il recente Behind Enemy Lines 2 (Dietro le Linee Nemiche 2).
Ambientato in Corea del Nord - paese comunista - il film mette in scena un drappello di eroici soldati appartenenti alla marina americana incaricati - dopo numerose vicissitudini -
di far esplodere un missile balistico munito di testata nucleare destinato a colpire il territorio statunitense.
Le caratteristiche dell’esposizione fattuale sono quelle già descritte in precedenza: minaccia costituita da un governo non-liberale ed ostile, sublimazione della popolazione e dell’esercito a stelle e strisce nonché sacralizzazione della patria.
Talvolta Hollywood ricorre a curiosi amalgami tra passato e presente, come nel caso di Die Hard (Trappola di Cristallo). Sinteticamente, la minaccia terroristica - in un contesto cronologico contemporaneo - è rappresentata da un gruppo di spietati individui di origine germanica.
La loro provenienza geografica rinvia alla storia di una nazione che ha generato il Nazismo e ha esportato il terrore. L’attento spettatore può allora già intuire lo sviluppo dell’intreccio: gli Stati Uniti, idealizzati nella persona di Bruce Willis, trionfano sul nemico e riescono a salvaguardare la pace sul proprio territorio.
Quando la fervida immaginazione dei registi di Hollywood non riesce a scorgere alcun nemico realistico da combattere, allora entrano in scena alieni e/o meteoriti giganti che mettono in pericolo il pianeta intero.
Soltanto l’intervento del governo americano può salvare il globo. È quindi giunto il tempo di Wil Smith - quello della serie denominata Il Principe di Bel-Air - che s’improvvisa soldato ed eroicamente riesce a sventare l’offensiva extra-terrestre. Come se non bastasse, il titolo di tale mercanzia propagandistica era il seguente: Independence Day (Il Giorno dell’Indipendenza), esplicito riferimento alla storia americana, alla patria nuovamente sacralizzata.
Questa costante tendenza di Hollywood a veicolare motivi scenici strutturati attorno alla tematica della superiorità a stelle e strisce è l’evidente espressione di una vasta collaborazione con la Casa Bianca e con il Pentagono.
Recentemente quest’ultimo - in un capzioso tentativo di rivisitare o riscrivere la storia - ha contribuito alla realizzazione di un ciclo di produzioni relative alla Seconda Guerra Mondiale: Black Hawk Down, Pearl Harbor, Windtalkers, ecc.
In merito, se si considera l’enorme diffusione garantita a simili pellicole, il deliberato tentativo di influenzare l’opinione pubblica globale tramite interpretazioni di avvenimenti storici pregne di parzialità si profila quale reale attentato all’obiettività storica e all’imparzialità della giustizia.
Soppressa la pluralità di ottiche analitiche ed opinioni, il cittadino comune soggetto all’ingente pressione delle immagini tenderà ad accreditare le versioni più ricorrenti o a lui più note. Esse si profileranno dunque ai suoi occhi quale verità, non fondata purtroppo sulle nozioni di oggettività e di rigore scientifico-qualitativo, ma su quelle di faziosità e di generalismo quantitativo.
Concludendo, il fenomeno di ridondanza a cui contribuiscono i media di massa - fra i quali ci si permette di inserire lo stesso cinema in quanto produttore di informazione - è quindi all’origine di un processo globale intenzionalmente volto a suggestionare la popolazione. Si tratta verosimilmente del più vasto e pericoloso tentativo di agire sulla mente umana, nonché del più subdolo esperimento di condizionamento psichico.
Fonte: Nucleo culturale
http://nucleoculturale.wordpress.com
Articolo con immagini: http://nucleoculturale.wordpress.com/files/2006/10/ijilcinemastatunitense.doc
Indirizzo web: https://nucleoculturale.wordpress.com/