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Sono state mantenute per tutta la notte le misure di sicurezza precauzionali nei comuni intorno alla centrale nucleare di Tricastin, nel sud della Francia, a 160 chilometri dal confine italiano. Martedì, durante il lavaggio di una cisterna nello stabilimento Socatri, parte dei trenta metri cubi d’acqua contaminata era accidentalmente finita in due fiumi vicini il Gauffiere e l’Auzon. Direttamente colpiti i comuni di Bollene, Lapalud e Lamotte-du-Rhone, nell’area turistica di Vaucluse.
L’incidente sarebbe avvenuto per non meglio definiti «cedimenti tecnici». Nell’acqua erano contenuti dodici grammi di uranio per litro, che per trenta metri cubi fanno la bellezza di 360 chilogrammi. Sul fronte delle operazioni di bonifica le notizie parlano di una parte della soluzione che sarebbe stata recuperata prima di finire nelle acque, una seconda diluita nei due fiumi, mentre la terza non avrebbe raggiunto la falda freatica.
Non ci sarebbe inoltre pericolo di contaminazione dell’aria. Non certo una bella pubblicità per le campagne nucleariste di Sarkozy, che sta lavorando intensamente per promuovere la tecnologia francese nel mondo. Né per i piani futuri del governo Berlusconi.
Il divieto di attività nautiche, bagno e pesca lungo i corsi d’acqua, a cui era seguito il blocco della distribuzione di acqua potabile, dei prelievi per uso industriale, e per l’irrigazione dei campi era arrivato con un ritardo sospetto.
Ieri sono montate le critiche alla gestione della vicenda. La Commissione di ricerca e d’informazione indipendente sulla radioattività, Crirad, ha denunciato la «mancanza di affidabilità» della centrale di Tricastin, spiegando che «il rischio sanitario è effettivamente lieve, ma questo incidente, non trascurabile. Arriva infatti in seguito a un numero crescente di altri incidenti, che mostrano un degrado della gestione delle scorie su un sito destinato invece a svilupparsi». Fortemente criticato anche il modo di dare informazioni: «L’utilizzo dell’unità di misura della massa, il grammo, invece di quella della radioattività, il becquerel, non rende conto dell’ampiezza della fuga». La perdita, conclude la commissione, avrebbe riversato nei fiumi «una quantità d’uranio più di 100 volte superiore al limite annuale». Le associazioni ambientaliste non si fidano delle rassicurazioni. Per Sortir du nucleaire «è impossibile che una tale fuga d’uranio non abbia conseguenze sull’ambiente e sulla salute delle persone».
Opposta l’opinione delle autorità nucleari e dell’azienda protagonista dell’incidente, della cui neutralità è lecito dubitate: «La fuoriuscita non presenta rischio sanitario immediato e tutte le precauzioni sono state prese. Il rischio per la popolazione è stato definito «debole» dall’Autorità di sicurezza nucleare. «È la prima volta che un incidente del genere si produce. Dovrebbe essere classificato a livello 1 su una scala di incidenti che va da 0 a 7», ha detto Gilles Salgas dell’azienda Socatri, che fa parte di Areva, il più grande gruppo al mondo per il nucleare. Ma intanto i divieti, stringenti, restano.