Home > Francia, la detenzione amministrativa come sala d’attesa
Francia, la detenzione amministrativa come sala d’attesa
Publie le mercoledì 22 febbraio 2006 par Open-PublishingUna visita nel centro di Mesnil Amelot, nell’areoporto De Gaulle di Roissy a Parigi, con Giusto Catania eurodeputato di Rifondazione comunista
di Veronic Algeri Parigi nostro servizio
Il centro di permanenza temporanea di Mesnil Amelot, all’interno del perimetro dell’aeroporto Roissy Charles de Gaulle è la porta principale per entrare in Francia. Il 95% dei richiedenti asilo passa da qui. Le giornate sono scandite dal tempo dell’attesa. Dopo 32 giorni di permanenza (e non più 12, dal recente decreto del ministero degli Interni) il 50% dei “trattenuti” sarà rispedito nel Paese di origine e l’altra metà verrà rimessa in libertà per mancanza di spazio o per difficoltà nell’identificazione della nazionalità. Il Cra (centre de retention administratif) costituisce l’ultimo anello della lunga catena amministrativa alla quale sono sottoposti i cittadini stranieri che vogliono entrare in Francia. Si comincia con le zone d’attesa (Za), che sono piuttosto vuote, e si finisce nei centri di permanenza temporanea, in attesa dell’espulsione. «Attualmente vi soggiornano 129 persone, di cui 4 donne, per un massimo di posti disponibili, secondo la legge, di 140 persone», spiega il capitano della gendarmeria Monsieur Telle alla delegazione di deputati parlamentari della Commissione giustizia e affari interni venuta in visita da Bruxelles. Sulla sua scrivania una serie di dossier intitolati «voli speciali» aspettano di essere trattati: «Si tratta dei voli charter organizzati per il rimpatrio dei clandestini, il prossimo con destinazione Romania», spiega sereno. 50 persone partiranno mercoledì scortate da 100 gendarmi.
Il centro è costituito da una serie di prefabbricati in mezzo a una pianura grigia e fangosa. All’esterno si fa fatica a sentire quello che si dice, il rombo dei motori degli aerei è assordante. «In tutto il territorio metropolitano si contano 18 centri e di sicuro quello di Mesnil Amelot è uno dei migliori», continua il capitano. Una pattuglia di gendarmi risiede 24 ore su 24 all’interno del centro «pronta a intervenire in caso di disordine - spiega un gendarme - la settimana scorsa un ragazzo ha detto di aver ingoiato la lametta d’un rasoio e lo abbiamo dovuto portare all’ospedale. Mentre pochi giorni fa alcuni hanno appiccato il fuoco in uno dei sei stabilimenti con l’intento di distogliere l’attenzione e permettere la fuga». All’interno del recinto di ferro spinato ha trovato posto addirittura un edificio per le associazioni che si occupano del diritto agli immigrati. Qui, dal lunedì al venerdì, i volontari danno sostegno ai clandestini nella esplicazione delle pratiche amministrative: mentre prima la richiesta d’asilo veniva tradotta dal servizio dell’immigrazione, adesso deve essere consegnata entro 96 ore e in francese.
Mesnil Amelot un paradiso? Con gli yogurt scaduti, la spazzatura nei corridoi, l’acqua fredda delle docce e la macchinetta del caffé che dà il resto una volta su due. «Questo è un campo di concentramento non un centro di detenzione temporanea!» grida Fahrid, algerino, con moglie e figli in Francia e un bimbo in arrivo tra due mesi. «Io la domanda di richiesta di asilo non la faccio neanche», spiega rassegnato Gumor, 26 anni, Congolese, al centro da 9 giorni e in Francia da 15 anni. In effetti, su 200 richieste di asilo partite dal centro lo scorso anno, solo una è stata accolta. Cioromela Mirale ha 24 anni, è rumena, ed è stata portata al centro perché non ha fornito un indirizzo di residenza, racconta sorridendo, mentre raccoglie dal pavimento della sala tv una montagna di polvere. Forse ancora non sa che al suo ritorno in Romania, la polizia le requisirà il passaporto. Il caso dei rumeni è particolarmente pesante: costituiscono il 20 % delle espulsioni. In Francia dal 2004 sono partiti ben 15 voli speciali per Bucarest e 5 dallo scorso agosto. Ogni volta una cinquantina di espulsii per motivi non sempre legittimi: anche se il visto non serve, vengono spesso organizzate retate e se non si riesce a dimostrare una stabilità ecomonica, secondo quanto stabilito dal trattato di Shengen, si può essere rispediti a casa.
Chiedo a Giusto Catania, deputato europeo di Rifondazione Comunista, cosa pensi di questo centro oggetto della visita. «Bisogna fare attenzione a non cadere nella trappolla della classifica - avverte -. Certo, Lampedusa è l’inferno, Ceuta e Melilla il purgatorio e Mesnil Amelot il paradiso. Ma tutta la questione non si riduce alle condizioni materiali. Non si può dire che uno sia meglio dell’altro. Questi luoghi sono inutili. Servono solo a produrre clandestinità. Le 10 mila persone liberate al termine della permanenza nei centri forniranno mano d’opera per il mercato del lavoro al nero», ricorda Catania.
C’è anche un aspetto che viene prima: i giorni di permanenza nei centri francesi sono passati da 4 nel 2002 a 10 nel 2006. Questo per le difficoltà incontrate nell’identificazione dei detenuti che non rivelano la loro origine. Appena la gendarmeria individua il Paese di provenienza il rimpatrio è assicurato. L’identificazione avviene presentando il trattenuto all’ambasciata del Paese al quale si pensa appartenga. Il ministero degli Interni paga le ambasciate per ogni riconoscimento dei loro supposti cittadini, in modo da agevolare le pratiche di espulsione. Benoît Merckx, volontario della Ong Cimade, fornisce addirittura le tariffe: 55 euro per i rumeni, 80 per il Congo e 100 per la Russia.
Commenta Giusto Catania: «Il tema della identificazione è centrale per i cittadini stranieri che vogliono entrare in Europa. Attualmente le procedure sono sommarie. I trattenuti forniscono nomi falsi. Ho esaminato per esempio il caso di un libanese rimpatriato in Algeria. Non è con questo orrore giuridico che si può pensare di regolare il flusso di immigrazione. La mia proposta per facilitare l’identificazione è di evitare di ricorrere ad una procedura punitiva che incita alla clandestinità: creando, per esempio, un permesso di soggiorno per cercare lavoro».
Ma le espulsioni aumentano vertiginosamente (15 mila nel 2004 e 23 mila nel 2005) e i posti nei Cra aumentano nelle previsioni (1200 attualmente e 1800 entro fine anno). Non sono forse i segni, chiediamo ancora a Catania, d’una involuzione dell’asilo?
«L’ingresso irregolare è una violazione amministrativa che viene regolata dal codice di procedura penale - risponde -. Questo slittamento del trattamento giuridico è inammissibile. Ai clandestini chiusi nei centri vengono fornite schede con fotografia, nome e numero come fossero carcerati. I clandestini non sono trattenuti ma veri e propri detenuti privati delle libertà individuali in violazione dei diritti umani». E continua: «In Europa stiamo cercando di armonizzare le pratiche di espulsione, paradossalmente non l’iter per l’ingresso. In Italia la detenzione può arrivare a 60 giorni, in Gran Bretagna a 2 anni e a Malta è a tempo indeterminato. In Francia, il ministro Sarkozy spiega il suo irrigidimento in materia d’asilo come risposta necessaria a un problema d’ordine pubblico. Incontrandoci ha anche avvertito l’Italia, diventata da Paese d’emigrazione Paese d’immigrazione, del rischio d’una crisi. Ma secondo noi la Francia non è certo un modello da seguire».