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Francia, sindacalista in coma dopo gli scontri con la polizia
Publie le martedì 21 marzo 2006 par Open-Publishingdi Gianni Marsilli
L’ombra del dramma si è profilata sulla vertenza del Cpe quand’è giunta la notizia che un sindacalista, ferito nel corso degli scontri di sabato in place de la Nation, era entrato in coma all’ospedale di Creteil. Si chiama Cyril, ha 39 anni ed è un aderente del Sudptt, sigla tra le più accese dei lavoratori delle poste. Era stato travolto nel corso di una carica della polizia, che respingeva gli assalti degli anarco-autonomi alla fine della manifestazione, oppure tramortito dal fitto lancio di oggetti contundenti.
C’è un filmato, che lo mostra a terra mentre i poliziotti prima avanzano e poi indietreggiano sotto il bombardamento dei black-bloc. Alcuni testimoni sostengono che l’uomo, in quel momento, era in stato di ubriachezza, seduto sul bordo del marciapiede nel mezzo della battaglia. Un’inchiesta è già stata aperta, mentre la polizia respinge le accuse di mancato soccorso.
L’episodio non ha scoraggiato il fronte sindacal-studentesco, riunitosi per decidere il seguito della protesta. L’idea dello sciopero generale è per ora accantonata: ci si è dati appuntamento per martedì 28, giornata definita «di azione e di astensioni dal lavoro», quindi non generalizzate. Ha pesato la posizione della Cfdt (l’equivalente della nostra Cisl) poco incline a scelte così categoriche. De Villepin, pur continuando a rifiutare il ritiro della legge si è detto «pronto a sedersi ad un tavolo con i partner sociali e le organizzazioni studentesche».
Il primo ministro ha ricevuto una delegazione del padronato. Gli imprenditori hanno fatto sapere di esser disponibili a due modifiche del Cpe (contratto di primo impiego): che il datore di lavoro sia obbligato a fornire una motivazione dell’eventuale licenziamento del giovane assunto, e che il periodo di prova sia di un solo anno, anziché dei due previsti dalla legge. Allora abbiamo chiesto a Elisa Moreau, che ha 21 anni, studia psicologia ed era in piazza a manifestare, se una simile novità dovesse esser tenuta in conto dal movimento di protesta: «Bisogna vedere. Basta che il motivo del licenziamento sia indicato oppure è prevista una precisa casistica? Voglio dire: se il padrone scrive nero su bianco ti licenzio perché sei biondo, vale come giusta causa o no? E comunque a me, a noi piacerebbe che fosse Villepin a parlare in prima persona».
Claire non è troppo attenta al braccio di ferro tutto politico che si sta installando: «Sono andata a Jussieu, all’assemblea dove si votava per il blocco o meno dell’università per la terza settimana consecutiva. Non ho votato, non sapevo bene cosa scegliere. Non mi piace che questa storia si risolva con un sì o con un no. Non mi piace neanche il blocco dell’università. Vorrei che si discutesse del nostro futuro, non di quello di Villepin. No, non mi sento un kleenex da buttare, come dicono tanti miei coetanei. Ma credo di aver diritto, tra due o tre anni, ad un posto di lavoro adeguato». Gli amici di Claire la pensano più o meno come lei: Malik, anch’egli studente in psicologia, Nicole che sta facendo un biennio di commercio.
Quest’ultima è però più allarmata: «Mi vedo già il prossimo anno entrare in una ditta ed essere sotto sorveglianza per due anni, con il rischio costante di esser messa fuori». Meglio forse contrattini di tre mesi in tre mesi? Il rischio non è lo stesso, se non peggiore? «Non so, vorrei un contratto a tempo indeterminato. Magari un periodo di prova, che ne so, sei mesi. Ma poi un posto di lavoro vero». Ma Villepin dice che il Cpe è appunto un’arma contro la precarietà...«Sarà, ma solo una volta passati i due anni. E nel frattempo?».
Piuttosto pragmatici, i ragazzi seguono da lontano i discorsi dei leader studenteschi. Bruno Julliard, il più noto, presidente dell’Unef (Unione degli studenti) parla ormai lo stesso linguaggio dei sindacalisti con i quali ha sfilato a Parigi. Ha detto ieri: «Il 18 marzo è stato un trampolino di lancio. I rapporti di forza ci sono troppo favorevoli per non imporre la marcia indietro al governo». Toni ultimativi, che fanno sorridere i ragazzi: «Certo l’Unef si sente forte. Julliard ha ragione di non cedere. La corda è tesa, bisogna vedere da che parte si rompe».