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G8 di Genova, in aula l’uccisione di Carlo Giuliani

Publie le mercoledì 4 maggio 2005 par Open-Publishing

di red.

L’uccisione di Carlo Giuliani, le responsabilità delle forze dell’ordine in piazza Alimonda, la teoria del sasso «deviato»: il processo che non c’è mai stato arriva adesso in un aula di tribunale. A Genova, dove si sta svolgendo il processo a carico di 25 manifestanti accusati di «devastazione e saccheggio» durante le giornate del G8 del 2001, in mattinata è stato ascoltato come teste il carabiniere Dario Raffone che, il 20 luglio 2001 in piazza Alimonda, si trovava sul defender insieme a Mario Placanica. È la prima volta che il carabiiere, che all’epoca dei fatti aveva 20 anni e un’anzianità di servizio di 3 mesi, viene ascoltato in un’aula di tribunale. L’inchesta sui fatti di piazza Alimonda è stata infatti archiviata dal Gip di Genova, Elena Daloiso il 5 maggio 2003. Al processo genovese non si è invece presentato Mario Placanica (recentemente congedato dall’Arma) perché, secondo quanto comunicato dal suo avvocato, «per una banale caduta sulle scale di casa, mentre faceva ritorno dal comando compagnia Catanzaro della guardia di finanza dove aveva denunciato minacce ad opera di ignoti, ha riportato l’aggravamento di fratture vertebrali subite per un precedente incidente della strada, con conseguente impossibilità di deambulazione e spostamento».

A parlare dei fatti di Piazza Alimonda è stato quindi il solo Raffone. Molti «non ricordo» hanno caratterizzato il lungo interrogatorio del carabiniere. «Ho sentito due colpi di arma da fuoco - ha raccontato Raffone rievocando l’uccisione di Giuliani - ma non ho capito da che parte erano partiti. Avevo infatti il volto coperto di sangue ed ero rannicchiato sotto il corpo di Placanica». «Ricordo solo - ha aggiunto - di essere stato portato al pronto soccorso e di aver saputo cosa era successo in piazza Alimonda solo alla sera dalla televisione».

Tra i vari «non ricordo» Raffone ha raccontato che «in piazza c’era molta gente che lanciava oggetti, pietre e bottiglie. Ci siamo trovati bloccati in piazza a bordo del Defender. Eravano in tre carabinieri, io, Placanica e Filippo Cavataio». E poi aggiunge: «Ho anche sentito Placanica dire “Finitela”, “Andate via”, mentre i manifestanti stavano aggredendo il Defender». Alla domanda del pm Anna Canepa se aveva avuto paura, il carabiniere ha risposto:«Abbastanza, anche perché ero stato colpito da un oggetto duro che mi aveva spaccato la faccia». La testimonianza in aula di Raffone a proposito del posto che occupava dentro il defender è stata contestata dai difensori poiché differisce in maniera sostanziale dalla versione precedente. Il carabiniere aveva infatti sottoscritto una dichiarazione in cui diceva che era seduto sul sedile anteriore. «Mi ero confuso - ha puntualizzato in aula - mi trovavo infatti dietro, insieme a Placanica». Va ricordato che, secondo una delle controinchieste sui fatti di Piazza Alimonia, a bordo del Defender, non si sarebbero trovati solo tre carabinieri ma quattro e a sparare a Carlo Giulliani non sarebbe stato Placanica, ma un suo superiore.

«L’impressione è che sia un po’ sprovveduto» ha commentato Giulino Giuliani, padre di Carlo. «Ma la cosa più straordinaria è che non è stato in grado di dire se i colpi provenissero dall’interno del Defender. Questo è davvero incredibile perché la detonazione di due spari dentro un abitacolo deve essere devastante. Da questo punto di vista ci sono molte contraddizioni». E ha concluso Giuliani: «È necessario continuare ad insistere per una ricostruzione veritiera. Noi continuiamo a pensare che sia necessario trovare la verità non solo per restituirla a Carlo ma anche per dare finalmente al Paese una versione esatta di quello che è successo».

Nel corso dell’udienza è stato poi sentito anche Giuseppe Zappia, di Palermo, sottotenente dei carabinieri, a sua volta presente in piazza Alimonda al comando del primo plotone della Compagnia Intervento Risolutivo. «Fui io a far salire sul Defender Placanica e Raffone - ha raccontato in aula - in quanto stavano male e avevano vomitato a causa dei fumogeni. Oltre a loro molti altri carabinieri non erano più in grado di proseguire nell’intervento perché erano intossicati». Zappia ha inoltre ricordato che a comandare i carabinieri in piazza Alimonda erano il dottor Adriano Lauro, dirigente di polizia, e il tenente dei carabinieri Claudio Cappello del Battaglione Tuscania.

Anche Adriano Lauro (noto per la famosa performance di piazza Alimonda: «Bastardo! Tu l’hai ucciso, col tuo sasso...» gridato davanti alle telecamere verso un manifestante subito dopo l’uccisione di Carlo), è stato sentito qualche giorno fa sempre nelle udienze a carico dei 25. Lauro (che il 20 luglio era il funzionario responsabile dei 100 carabinieri del battaglione Sicilia, comandati dal capitano Claudio Cappello e protagonisti dei fatti di Piazza Alimonda) ha dichiarato che non sapeva che il 20 ci sarebbe stato un corteo autorizzato e, pur avendo partecipato agli incontri preparatori, non aveva la minima cognizione della topografia cittadina. Il prossimo 10 maggio, dopo la richiesta di uno dei difensori dei 25, anche il famigerato sasso nominato da Lauro, quel sasso che scompare e ricompare a intermittenza nelle foto scattate in piazza Alimonda dopo l’uccisione di Carlo, arriverà nell’aula genovese.

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