Home > G8, "graziati" gli agenti pentiti
La procura "premia" chi ha contribuito a dare una svolta a un’inchiesta inizialmente bloccata
dalle reticenze
Depennati alcuni nomi dalla lista degli indagati su Bolzaneto Sono poliziotti che hanno ammesso di
aver assistito a violenze
Genova. La procura grazia i poliziotti che hanno deciso di collaborare. Questo è il dato certo che
emerge dalla conclusione delle indagini sui fatti avvenuti durante il G8 nella caserma di
Bolzaneto trasformata in un "centro di prima accoglienza dei giovani arrestati". E sono una decina gli
agenti che sono stati graziati dai magistrati. In realtà si tratta di esponenti delle forze
dell’ordine che non erano indagati, come i loro eccellenti superiori, di abuso di ufficio e violenze nei
confronti dei manifestanti tradotti nella caserma.
Ma erano accusati di reticenza e falsa
testimonianza. Una volta che hanno dimostrato di collaborare, le serrate maglie dei pm inquirenti si sono
allentate. Anche perchè, come hanno detto gli stessi magistrati che hanno condotto l’inchiesta, le
dichiarazioni dei pentiti hanno rappresentato uno snodo fondamentale per il completamento
dell’inchiesta di Bolzaneto.
Un’inchiesta che porta la firma dei cinque pm del pool del G8: Francesco Albini Cardona, Francesco
Pinto, Francesco Ranieri Miniati, Patrizia Petruzziello ed Enrico Zucca. Che le rivelazioni degli
agenti siano state fondamentali, lo dimostra il fatto che la conclusione delle indagini già
completata lo scorso settembre è stata riveduta e corretta sino al nuovo deposito di ieri che riguarda
39 indagati tra poliziotti e personale sanitario. Gli agenti pentiti che hanno fatto riaprire le
indagini sono stati inizialmente due e appartenevano alle forze dell’ordine della polizia
giudiziaria.
Sulla scia, altri che si erano inizialmente dimostrati reticenti, hanno deciso di collaborare e
i loro nomi sono stati depennati dall’elenco degli indagati. Un altro nome, questa volta
eccellente, che è stato cancellato è quello di Alfonso Sabella, oggi pm a Firenze, e in passato braccio
destro di Castelli.
«Non abbiamo ricevuto l’avviso di conclusione indagini e questo mi rende fiducioso su una
possibile archiviazione della posizione del dottor Sabella - ha affermato ieri il suo avvocato Alessandro
Garassini - ritengo che una possibile archiviazione possa rientrare nel quadro complessivo di
motivazioni vista la complessità della vicenda e le numerose persone coinvolte». Sabella nelle calde
giornate genovesi del luglio 2001 era responsabile dell’ufficio Dap (Dipartimento amministrazione
penitenziaria).
I due pentiti che per primi hanno deciso di collaborare, come aveva anticipato il Secolo XIX lo
scorso gennaio, avevano parlato di spintoni, manganellate impartiti ai manifestanti «sin da quando
scendevano dai cellulari a quando arrivavano nelle stanze della caserma di Bolzaneto». La seconda
tornata di indagati ha coinvolto il generale Oronzo Doria e alcuni graduati della polizia
penitenziaria.
Tra i nomi già presenti invece nella prima conclusione delle indagini Giacomo Toccafondi,
dirigente sanitario della caserma, che lavora come chirurgo all’ospedale Gallino di Pontedecimo e
che svariate volte si è recato come volontario in ospedali da campo con la Coce Rossa. In questi
giorni si trova in Bosnia. Il suo avvocato Sandro Vaccaro ha smentito con decisione che Toccafondi
possa essere implicato in qualche modo anche nell’inchiesta per la quale è stato richiesto il rinvio
a giudizio per i fatti avvenuti nella scuola Diaz. Si era ipotizzato che avesse firmato
certificati medici
per alcuni agenti di polizia.
Elisabetta Vassallo