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G8, la drammatica deposizione in aula : "Mi hanno colpito con calci, bastoni e ginocchiate..."

Publie le sabato 12 novembre 2005 par Open-Publishing

lavoro repubblica

Lena, giovane no global tedesca, da quella notte del 21 luglio ha perso il
trenta per cento della funzionalità dei polmoni

G8, la drammatica deposizione in aula : "Mi hanno colpito con calci, bastoni e ginocchiate, trascinato per i capelli"

di MASSIMO CALANDRI

NEL corso dell’ottava udienza del processo per l’irruzione poliziesca nella
scuola Diaz durante il G8, mercoledì, è stata interrogata la prima
testimone.
Lena Z., giovane cittadina tedesca, la sera del 21 luglio 2001 si trovava
insieme ad altri 92 no-global all’interno dell’istituto di via Cesare
Battisti. Venne massacrata di botte, umiliata ed ingiustamente
arrestata.

La ragazza ha prima risposto alle domande del pm Enrico Zucca, quindi a quelle
degli avvocati difensori dei 29 super-poliziotti ed agenti imputati. Ne è
uscito un racconto drammatico e a tratti quasi insopportabile. Sembra
impossibile credere che uomini della Polizia di Stato si siano
comportati in maniera tanto inutilmente violenta e crudele: pure, in aula non era in
discussione l’avvenuto bagno di sangue, l’indegna mattanza, quanto
l’identificazione dei singoli responsabili. Giova ricordare che in questi
giorni la polizia francese ha sospeso otto dei suoi funzionari,
sospettati di aver picchiato senza giustificazione alcuni giovani durante i disordini scoppiati nella periferia
parigina.

E’ bastato il sospetto, per far scattare la sospensione. A Genova, dove il massacro è dato per scontato, i funzionari del Ministero dell’Interno sono stati tutti promossi. Questi passaggi più salienti della testimonianza di Lena Z.:

«Ho preparato il sacco a pelo e ho mandato un sms. All’improvviso ho sentito
delle urla e delle finestre che si spaccavano, e sono uscita dall’aula e sono
andata fino lì per vedere che succedeva». L’irruzione della polizia. «Avevo
in quel momento la sensazione che questi ci avrebbero ammazzato di
botte.

Si poteva sentire la violenza nell’aria. Ci siamo nascosti in una piccola
dispensa al quarto piano, quando abbiamo sentito passi molto pesanti da
stivali. Si sentiva dei rumori come se la polizia picchiasse con bastoni
contro il muro. Sono rimasta nella dispensa con le mani alzate. Un
poliziotto è venuto lì e mi ha preso per i capelli e sono rimasta fuori con le mani
alzate davanti ai poliziotti. Hanno iniziato a picchiarmi con i bastoni
sulle spalle e sulla testa. Mi hanno colpito con dei calci nella schiena, sulle
gambe, mi hanno picchiato sul fianco con i bastoni e ho cercato di pararmi
dai colpi con le braccia sulla testa. Mentre mi picchiavano sentivo le
costole rompersi.

Poi la polizia mi ha tirato su e buttato contro il muro. Alla parete
c’erano dei ganci per appendere le giacche e avevo la sensazione che mi
potevano entrare questi ganci mentre mi buttavano contro la parete. Poi un
poliziotto mi ha dato una ginocchiata in mezzo alle gambe e hanno
continuato a picchiarmi e io sono scivolata contro la parete. Quando ero per terra
hanno continuato a colpirmi». «Avevo la sensazione che si divertissero mentre mi
stavano picchiando e che mi venivano fuori dei rumori mentre mi picchiavano
sullo sterno. Avevo la sensazione che quando mi uscivano questi rumori
dessero più gioia alla polizia, come se li incitasse». «Poi mi hanno
buttato giù dalle scale, sono caduta di pancia. A destra e a sinistra c’erano
poliziotti che camminavano di fianco a me e mi colpivano alla nuca e con i
manganelli sulle dita. Un poliziotto mi ha alzato e trascinato per i
capelli.

Non potevo più camminare e le gambe pendevano dietro. La polizia che
camminava dietro di me continuava a picchiarmi sulle gambe e sulla schiena. Vedevo solo macchie nere.

Mi hanno gettato su altre due persone che erano nel corridoio. Non si sono
mossi e io ho chiesto loro se erano vivi o morti in inglese. Ma non mi
hanno risposto. Mi sono accorto che avevo la faccia insanguinata. Era una
sensazione di terrore totale. E pensavo che sicuramente mi avrebbero
ammazzato. La polizia e’ passata accanto a me e mi sputava in faccia,
ognuno di loro.

Si erano levati il foulard rosso dalla bocca». «Poi sono stata
portata attraverso il cortile e fuori. Era buio, si potevano vedere i
flash, la gente urlava, e mi facevano male gli occhi per i flash». Pronto soccorso
del San Martino. «La prima cosa che mi ricordo e’ che c’erano tanti medici
intorno al mio letto, e un medico mi ha spiegato che mi avrebbero messo un
drenaggio polmonare, che le mie costole erano rotte e si erano infilzate
nei polmoni, che sono collassati. Questo era il motivo per il quale non
riuscivo a respirare.

Durante il soggiorno con la polizia in ospedale, i poliziotti battevano con i
manganelli all’interno della camera, in corridoio o sul pavimento. Inoltre
spesso giocavano con le pistole». «Ho avuto due costole spezzate e un
polmone perforato. Avevo ferite sulla testa suturate, traumi in tutto il corpo. Ho
avuto un dito rotto. Parti delle frazioni del muscolo del polpaccio si sono
strappati. Ho quasi sempre mal di schiena e soprattutto quando lavoro.

Il mio medico dice che ho il trenta per cento in meno di volume polmonare. Dopo
che sono tornata a casa avevo a che fare solo con le conseguenze dell’avvenimento. Andavo in continuazione dal medico.

Prendevo morfina. Non
riuscivo a vivere da sola la mia vita».