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G8 : mediattivista inglese Diaz accusa: "Mi hanno massacrato"

Publie le venerdì 27 gennaio 2006 par Open-Publishing

Ripreso il processo con il test Mark Covell, mediattivista inglese Diaz, il freelance accusa: «Mi hanno massacrato»

di Emanuela Del Frate e Marina Pagliuzza

Otto costole rotte, denti spezzati, una mano fratturata, un polmone bucato,
4 giorni di coma. Questo il ricordo che ha Mark Covell, il ferito più grave
del G8 di Genova, a parte Carlo Giuliani, della notte cilena della scuola
Diaz. Questo l’elenco che ha snocciolato di fronte ai giudici genovesi.

E’ ripreso ieri mattina il processo per il massacro avvenuto nel dormitorio
del GSF la notte del 21 luglio 2001. Quella di ieri era la ventunesima
udienza, durante la quale sono stati ascoltati tre testi dell’accusa, primo
tra tutti proprio Mark Covell, il mediattivista inglese che, in uno dei
video più importanti presentati in aula, viene ripreso mentre soccombe alle
manganellate e ai calci degli agenti che lo pestano ripetutamente
nonostante lui fosse già a terra.

«Io urlavo "stampa, press, giornalista" - ha detto in aula Mark Covell - ma
un poliziotto, agitando il manganello, mi disse in inglese che non ero un
giornalista ma un black block, aggiungendo ’noi ammazziamo i black block».

Mark Covell venne letteralmente placcato dai poliziotti mentre usciva dalla
scuola Diaz per tornare nel mediacenter nella scuola Pascoli. Lì venne
picchiato finchè non perse conoscenza.

«Mi diedero manganellate alle ginocchia e poi collassai - ha spiegato ai
giudici -; cominciai a notare i poliziotti, mi sembravano circa duecento e
temetti per la mia vita. Mi chiedevo se sarei sopravvissuto». «Poi - ha
aggiunto - un poliziotto si staccò dalla fila e mi diede un colpo alla
spina dorsale. Urlai per il dolore. Mi ruppero otto costole, una mano e
alcuni denti, avevo il sangue dentro e non riuscivo a respirare. Ricordo
che i poliziotti ridevano e mi sembrava di essere trattato come un pallone
da calcio. Poi un poliziotto mi tastò il polso; mi sembrava che stesse
cercando di evitare ulteriori attacchi su di me, ma poi si allontanò. In
seguito i colpi continuarono».

Alla fine, dopo l’ennesimo colpo, ma stavolta alla testa, Mark perse i
sensi per risvegliarsi dopo 4 giorni di coma, piantonato all’ospedale San
Martino e in stato di arresto. Il mediattivista ha ancora problemi di
salute causati dal pestaggio di quella notte e, nel suo immediato futuro,
dovrà sottoporsi ad altre operazioni alle dita della mano e alla spina
dorsale.

Dave J. il secondo teste di ieri, è un mediattivista giornalista free lance
britannico. Alla fine della tremenda giornata del 21 luglio andò a
prendersi una birra in via Trento. Mentre tornava verso il complesso della
Diaz, venne affiancato dai blindati della polizia. Dave ha raccontato di
aver visto i poliziotti scendere ed incordonarsi. A quel punto scappò
rifugiandosi al terzo piano del della scuola Pascoli. La sua testimonianza
è continuata con la ricostruzione di ciò che è accaduto in quella parte del
mediacenter: poliziotti che sequestravano VHS e minidisc, un giornalista
della BBC portato via e persone minacciate con i manganelli. Il minimo che
poteva accadere nella notte cilena della Diaz.

Il terzo teste è stato il tedesco Steffen S. che, durante l’irruzione, si
trovava al primo piano, proprio davanti alle scale. Una posizione che gli
permise di vedere chiaramente l’arrivo dei poliziotti che subito dopo
avrebbero pestato tutti i presenti. La testimonianza di Steffen risulta
essere importantissima ai fini processuali in quanto ha un preciso ricordo
delle divise e dei manganelli usati dai poliziotti.

Riguardo alle prime ricorda perfettamente che non avevano alcun accessorio
bianco. Tutti i reparti mobili hanno la cintura e la fondina bianca, tranne
il settimo nucleo, quello di Canterini, i cui agenti hanno entrambi gli
accessori scuri. Riguardo ai manganelli invece Steffen sembra essere ben
informato: li riconosce infatti come tonfa per aver visto questo modello su
una rivista americana. Tonfa che sono in dotazione soltanto del settimo
nucleo, l’ormai tristemente famoso reparto di Canterini.

Steffen racconta inoltre di aver visto arrivare un ufficiale, anch’esso
vestito di scuro che ha iniziato a gridare "Basta! Basta! ", mettendo così
fine ai pestaggi.

La testimonianza di Steffen è identica sin nei particolari ai racconti
degli altri testi ascoltati nelle precedenti udienze, presenti anch’essi al
primo piano della scuola Diaz. Una testimonianza che permette, quindi, di
delineare in modo definito la successione degli eventi in quella parte
della famigerata scuola. Il processo per la Diaz continua oggi al Tribunale
di Genova.

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