Home > G8, numero chiuso per le vittime : Ordinanza del tribunale: "In aula solo (…)

G8, numero chiuso per le vittime : Ordinanza del tribunale: "In aula solo testimonianze nuove"

Publie le sabato 11 febbraio 2006 par Open-Publishing

Il presidente della prima sezione: "Gli avvocati specifichino le circostanze nuove da esaminare"

Ma così sarà difficile fare chiarezza su ruoli e responsabilità degli agenti e dei funzionari accusati dei falsi

di MASSIMO CALANDRI

CON una sorprendente ordinanza sottoscritta ieri mattina, il presidente della prima sezione penale - Gabrio Barone - ha in pratica chiesto di tagliare corto con le testimonianze dei 93 no-global massacrati dalla polizia nel corso del famigerato blitz nella scuola Diaz. «Il Presidente invita le parti interessate ad indicare, entro l’udienza già fissata del 15 febbraio 2006, le persone offese di cui ritengano assolutamente necessario assumere le dichiarazioni testimoniali, specificando puntualmente su quali circostanze nuove, diverse o comunque più precise, di quelle riferite dai testi già escussi, le stesse debbano essere esaminate»: così recita il documento, alla cui compilazione hanno partecipato anche i giudici Annaleila Dello Preite e Fulvia Maggio.

Sembra di capire che il tribunale non voglia sentirsi ripetere circostanze relative ai pestaggi che sono già state raccontate e confermate da altri testimoni. Una scelta non comune, non si capisce se dettata dalla necessità di accorciare i tempi o i costi di questo processo, ma che evidentemente rischia di stravolgerlo. Perché? Perché ognuna delle 93 vittime ha una storia diversa da raccontare. E poi le imputazioni per la polizia non si limitano alle lesioni in concorso, anzi: in ballo ci sono le calunnie e i falsi perpetrati da chi - per giustificare la carneficina - volle far credere che dentro alla scuola c’erano dei Black Bloc armati di molotov e determinati ad aggredire le forze dell’ordine. Se non vengono ascoltate tutte le persone massacrate e poi illegalmente accusate ed arrestate, come sarà possibile fare definitivamente chiarezza su ruoli e responsabilità? Si è già fatto ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per le vicende del luglio 2001, e le circostanze non erano così clamorose.

Chi spiegherà a tutti quei ragazzi stranieri che, dopo aver atteso cinque anni, hanno perduto anche il diritto a ricordare le ingiustizie subite? L’ordinanza è invece stata accolta favorevolmente dagli avvocati dei 29 tra super-poliziotti, funzionari ed agenti che sono imputati in quello che è senza dubbio il processo più scomodo del G8. Secondo Marco Corini, uno dei legali, «il tribunale vuole eliminare il superfluo, concentrandosi su circostanze effettivamente nuove. L’accusa puntava sulla carica emotiva di certi racconti, ma è evidente che la manovra non sta funzionando. A questo punto noi siamo anche disposti a rifarci ai verbali delle persone offese, ma i pubblici ministeri non ci stanno: forse perché quei vecchi verbali contengono delle circostanze scomode. Il presidente potrebbe anche defalcare le liste».

Per fortuna non sono ancora stati «defalcati» testimoni come quelli ascoltati ieri. A cominciare da Laura J., che per la paura all’arrivo degli agenti si era nascosta nella serra di un giardino alle spalle della scuola Diaz. «Ci hanno trovati, ed hanno cominciato a battere con i loro manganelli sui vetri. Prima piano, poi forte, poi piano. Ritmicamente, per farci paura». Come il gatto con il topo. «Poi hanno rotto i vetri ed era quasi un sollievo, perché il terrore era diventato insopportabile: hanno cominciato a picchiarci...». Dai verbali Laura risulta in realtà essere stata catturata all’interno della scuola, così come Jonas S., cui fu sequestrato «materiale cartaceo» in base al quale venne indicato come "esponente di spicco dell’associazione a delinquere denominata Black Bloc": «Quei fogli erano la traduzione della biografia del reverendo Jesse Jackson.

E appunti che avevo preso nei giorni precedenti allo stadio Carlini, osservando le Tute Bianche». Il terzo testimone era Rafael P.: «Mi hanno picchiato con i manganelli, calpestandomi, dandomi dei calci in faccia. Ho perso un dente, poi mi hanno preso a calci nel basso ventre, tanto che ho sporcato i pantaloni di feci. A uno hanno tagliato i capelli con un coltello, e il poliziotto si è messo in tasca la ciocca. Mi hanno picchiato anche nei sotterranei dell’ospedale San Martino: ero obbligato a fare le flessioni sulle gambe e mi prendevano a schiaffi, le piastrelle erano sporche di sangue».

lavoro repubblica