Home > GAZEBO
Credevate che le urne fossero quelle scatole di legno messe nelle aule scolastiche, ora ornate di disegni magari dei vostri figli, un tempo solo di crocefissi e foto di Gronchi, eh? Il nuovo della politica le urne che contano le pone sotto i gazebo, messi su in strada, in ogni stagione, al caldo e all’incedere delle tramontane invernali. Hanno preso il posto di quelle ufficiali, in sintonia con l’ufficiosità che è il volto nuovo della politica-diniego del centrodestrasinistra. Formazione che sfiorerebbe il plebiscito e non si capisce perché non costituisca un partito unico visto che su questioni essenziali come: criminalizzare l’emigrante, rendere omicide le forze dell’ordine, precarizzare i lavoratori, aumentare il costo della vita, ignorare l’evasione fiscale c’è perfetto unanimismo. Solo inezie dividono Prodi da Berlusconi, Padoa-Schioppa da Tremonti, Bersani da Brunetta. O stiamo sognando?
Un punto meravigliosamente unificante è diventato il gazebo. La cui paternità primigenia in verità spetta al celavevaduro Bossi. Sotto i gazebo, usati per le braciolate di Pontida, l’Umberto piazzava le adesioni a guardie padane, eleggeva miss padane, organizzava ronde sempre padane, scalate – a banche – padane. Robetta da seconda Repubblica tramontata col boss punito dalla Provvidenza. Ma il gazebo è rimasto essenziale e totemico nella sua simbolica incarnazione della Democrazia. Si va lì come sotto la tenda di Costantino dell’affresco di Piero e si deposita un voto, alla maniera dei miracolati di Lourdes. Tre milioni, quattro milioni i piddini a ottobre. Sei milioni il Silvio di oggi. Poteva essere da meno? Lui già taroccava con cumpare Pisanu i voti dal Viminale figurarsi cosa può fare nei gazebo. E il farinelliano Bondi già cinguetta al miracolo!
Ci-ci-ci-ci-ci-ci Silvio di qua e di su, che bella la politica del consenso rimarcato. Una farsa che fa girare lo sguardo anche a servi matricolati come Fini, ultimamente ruggente, e Casini che non ha faccia per dir bugie. Pensate un po’. Così va in gloria anche la Seconda Repubblica e la Terza, che già si auspica, ha il volto vecchio dell’inciucio più squallido, con Letta a brindare e pasteggiare col clan veltroniano e stabilire alleanze craxiane che fallirono allo stesso D’Alema. Aspettiamoci di tutto dal gazebo che diventa l’ultimo simulacro del potere popolare, invocato dai populisti leader italici per mettere la croce su quella lista unica che tanto gli piace. Elettori a voto unico, sono le prove generali per decretare come il Nuovo Regime sia prescelto democraticamente, col consenso elettorale nell’urna colorata che non incute timore. Senza numero di seggio né presidente e soprattutto senza verifiche. Venti milioni, trenta milioni di baionette. Pardòn, di voti. Così sia.
Spartacus, 18 novembre 2007