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GIUSTIZIA:SCIOPERANO LE TOGHE CONTRO IL MINISTRO CASTELLI E LA SUA RIFORMA

Publie le mercoledì 24 novembre 2004 par Open-Publishing

Giustizia, scioperano le toghe contro il ministro Castelli e la sua riforma
di red.

Non sia approvata una riforma dell’ordinamento giudiziario «sbagliata e incostituzionale»: è la richiesta che rivolgono al ministro della Giustizia 4500 magistrati, nel giorno dello sciopero che li vede, per la prima volta da 14 anni, incrociare le braccia insieme con gli avvocati penalisti (che si asterranno dal lavoro anche domani).

«Artifici contabili contano poco. Ciò che conta è la mancanza di penne, carte,soldi per far funzionare gli uffici giudiziari. Questa è la realtà di ogni giorno con cui dobbiamo fare i conti. Quanto al giudizio di incostituzionalità sulla riforma è non solo nostro e dei magistrati, ma anche dei costituzionalisti italiani. L’Associazione nazionale magistrati risponde così al ministro della Giustizia che ha accusato il sindacato delle toghe di aver scritto «patenti falsità» nella lettera aperta a lui diretta.

La replica è affidata al segretario Carlo Fucci, che rilancia la palla al Guardasigilli: «sono in attesa di conoscere dal ministro della Giustizia o da un suo delegato quale tra le norme del progetto di riforma, ammesso che ce ne sia una, sia utile per migliorare l’efficienza del servizio giustizia. So che non avrò risposta risposta perchè non ce n’è neanche una».

Intanto, nel giorno dello sciopero l’Associazione nazionale magistrati di Palermo ha diffuso un sondaggio choc: su un totale di 103 magistrati in servizio nelle procure di Palermo, Termini Imerese, Trapani, Marsala, Agrigento e Sciacca, l’81,1% sarebbe pronto a lasciare l’ufficio per passare alla magistratura giudicante, qualora la riforma dell’ordinamento giudiziario venisse approvata dal parlamento. Un vera e propria fuga di massa dalla trincea siciliana.

Al sondaggio hanno risposto 85 pm, 18 dei quali sono componenti della Dda di Palermo. In 69 hanno fatto sapere che andrebbero via dalla procura dopo il varo della riforma che obbliga i sostituti, entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge, a scegliere se continuare a esercitare la funzione inquirente o passare a quella giudicante. Quella percentuale poi decolla all’83,3% nel caso dei sostituti della Direzione distrettuale antimafia: in 15, infatti, si preparerebbero a lasciare l’attuale incarico. La scelta è motivata da una preoccupazione di fondo: «perdere l’autonomia».

Per Massimo Russo, presidente della giunta distrettuale dell’Anm, si tratta di «un risultato sconsolante. Magistrati con esperienza che lavorano nel distretto di Palermo, cambierebbero funzione perché il nuovo modello voluto dalla riforma, che vede il procuratore della Repubblica come una sorta di padre padrone, non risponde ai loro ideali. Le risposte date dal sondaggio - aggiunge - sono il sintomo di come questa magistratura non accetti la separazione delle carriere».

Castelli ieri aveva risposto in maniera dura alla lettera inviatagli dall’Associazione Nazionale Magistrati: «La lettera contiene, come al solito, patenti falsità». «Trovo quantomeno curioso che diversi magistrati, che dovrebbero tenere molto alla verità, - aveva concluso il ministro - abbiano deciso di sottoscrivere a cuor leggero un documento che contiene affermazioni assolutamente false, come quella secondo cui questo governo avrebbe tagliato i fondi per la giustizia».

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