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GLI ANTIMPERIALISTI NELLA TRAPPOLA IRANIANA

Publie le giovedì 25 giugno 2009 par Open-Publishing
15 commenti

(Nella foto - Un manifestante iraniano ripreso nelle recenti proteste a Teheran contro il regime di Ahmadinejad)

Nota editoriale: Questo articolo è stato scritto poco prima delle ultime elezioni iraniane. Gli eventi successivi, che - di fronte ad una assolutamente non ambigua contrapposizione fra un popolo in rivolta, appoggiato da tutte le organizzazioni dei lavoratori e dai comunisti iraniani, e uno stato dittatoriale reazionario e assassino - hanno visto la stragrande maggioranza dei sedicenti anti-imperialisti italiani e stranieri schierarsi compattamente a sostegno del regime iraniano e della sua feroce macchina repressiva, confermano nel modo più tragico le analisi dell’autrice.

Paola Pisi

di VALERIA POLETTI

uruknet.org.uk

L’eroe dei due mondi Ahmadinejad, acclamato al suo ritorno dalla Conferenza di Durban da una folla ben coreografata, ottiene il plauso di molta parte della sinistra occidentale grazie al ruolo sostenuto dall’Iran a favore di Hamas in Palestina e Hezbollah in Libano, ciò che farebbe della teocrazia iraniana il più luminoso esempio di "oggettivo antimperialismo".

Dobbiamo pensare che gli studenti e i lavoratori che in Iran si espongono ad una repressione selvaggia per liberarsi del regime degli ayatollah senza accettare il patrocinio americano non hanno capito niente?

Queste due note vorrebbero essere un invito a riflettere sulle loro ragioni.

Dopo mesi di repressione nelle piazze e assassinii di protagonisti della rivoluzione, l’atto costitutivo della Repubblica Islamica dell’Iran fu ratificato, nell’estate del 1981, con l’esecuzione di 2665 militanti dei Mojaheddin [1] e di altre formazioni della sinistra iraniana [2].

Il Tudeh, partito sedicente comunista, filosovietico, riformista sotto lo shah e collaborazionista con Khomeyni, veniva liquidato con una serie di pogrom successivi tra il 1982 e il 1988 [3].

La santificazione del regime procede da quelle decine di migliaia di giovani bassiji mandati a morire sul fronte della guerra contro l’Iraq laico e progressista, in un delirio nazionalista che cancellava le aspirazioni popolari espresse dall’insurrezione [4].

Mentre si consolidavano le basi materiali della teocrazia capitalista, la tutela intransigente della proprietà privata [5] e la presa di possesso dello Stato da parte dell’apparato clericale [6], i Comitati di lotta contro le cose vietate e le Pattuglie della collera di Dio imponevano l’ordine morale islamico nella società. E non c’è bisogno di ricordare cosa questo significhi. Mentre si rifiutava la riforma agraria alle masse diseredate delle campagne venivano soppressi i sindacati indipendenti e, nel giugno 1981, il regime scatenava una feroce repressione contro i lavoratori: dai 300 ai 500 arresti al giorno, decine di migliaia di oppositori assassinati nelle carceri [7]. Più di 10.000 tra studenti e docenti universitari venivano massacrati in seguito alle proteste del giugno 1981 [8]. Tudeh e Fronte Nazionale schieravano i propri militanti a difesa dello Stato islamico, negando il loro sostegno alle manifestazioni del 1° maggio, in nome della "comune" lotta contro l’imperialismo americano alleato dello shah. È forse da questo slogan dell’epoca, lanciato di fatto contro le aspirazioni delle masse – ai tempi probabilmente pervase da un autentico sentire antimperialista – , che buona parte della sinistra si è lasciata affascinare dalla rivoluzione islamica tanto da preferire la teocrazia degli ayatollah allo Stato laico iracheno? Tanto da diffondere la fandonia dell’accordo tra il partito Baath iracheno e la CIA nonchè quella del sostegno americano a Saddam Hussein trascurando la provata complicità USA-Iran nell’affare Iran-Contras o l’altrettanto provato supporto israeliano all’Iran durante e dopo la guerra Iraq-Iran[9]?

Trent’anni dopo la proclamazione della Repubblica Islamica – cioè, mi permetto di dire, dopo la sconfitta della rivoluzione – l’Iran soggiace ad un regime di terrore, la grande maggioranza della popolazione versa in condizioni economiche disastrose ed è soggetta alla deprivazione dei più elementari diritti dei lavoratori, la discriminazione e oppressione delle minoranze non ha attualmente paragoni nel mondo, le donne sono vittime della più retrograda e vessatoria legislazione sul pianeta [10].

Trent’anni dopo la sconfitta della rivoluzione i Guardiani della Rivoluzione aggrediscono manifestanti e lavoratori in sciopero, uccidono, torturano [11]. Per assicurare la stabilità del regime e per salvaguardare gli interessi di una classe dominante che intende rispettare le compatibilità con il sistema capitalistico occidentale e prosperare a rimorchio dei flussi di investimento dei capitali esteri. L’accelerato processo di privatizzazioni (che interessa in particolar modo le risorse e l’industria strategica) insieme alla possibilità offerta agli investitori esteri di acquisire il 100% di aziende prima gestite dallo Stato non pare proprio indirizzare l’Iran sulla strada dell’antimperialismo (nonostante le altisonanti dichiarazioni di Ahmadinejad), quanto piuttosto rafforzare i già forti legami del regime con il mondo dominato dalle multinazionali [12].

Né pare testimoniare alcuna inclinazione antimperialista la storia e l’attualità dei rapporti internazionali della Repubblica Islamica.

Nonostante la violenza verbale della campagna propagandistica contro il "grande satana" (Stati Uniti) e contro Israele, l’Iran di Khomeyni aveva interessi convergenti con gli alleati diabolici. Per l’uno e per gli altri il nemico assoluto in Medioriente era il nazionalismo arabo, laico e progressista, in grado, soprattutto dopo la vittoria della rivoluzione in Iraq, di ingenerare in prospettiva ravvicinata un processo di sviluppo economico e sociale autonomo che avrebbe investito l’intera area – penalizzando e forse mettendo in crisi l’egemonia statunitense – e che avrebbe portato l’Iraq a dotarsi di un apparato militare capace di costituire un pericolo concreto per il "piccolo satana". La Repubblica Islamica ha ottenuto prezioso sostegno finanziario e militare tanto dagli Stati Uniti quanto da Israele durante la guerra con l’Iraq [13]: fino da allora la teocrazia iraniana, eliminata ogni possibile opposizione interna, mirava ad espandere la sua influenza politica e religiosa sul mondo arabo, e rappresentava il miglior antidoto alla febbre antimperialista (non semplicemente antiamericana) che, con punte più e meno accentuate, tendeva a pervadere gli arabi ex-colonizzati.

Nella prima Guerra del Golfo la neutralità iraniana veniva ottenuta dal governo iracheno in cambio della firma del trattato di pace notevolmente vantaggioso per l’Iran [14], ma l’"errore" sarà corretto dagli ayatollah con la piena collaborazione assicurata agli americani in occasione dell’aggressione contro l’Iraq nel 2003.

Dopo avere attivamente collaborato con gli Stati Uniti nel sostenere le milizie musulmane bosniache durante la guerra in Jugoslavia [15], ed avere affiancato il "grande satana" nell’aggressione americana all’Afghanistan [16], l’Iran è stato attore chiave nell’agevolare la guerra americana contro l’Iraq (a partire dal falso dossier sulle inesistenti "armi di distruzione di massa"), nell’affiancare le truppe di invasione con la penetrazione di milizie addestrate per condurre una guerra coperta contro la Resistenza irachena, per compiere azioni di terrorismo sotto falsa bandiera, per annichilire la volontà di resistenza della popolazione civile con barbari massacri dei fiancheggiatori della Resistenza armata, ma anche con azioni pianificate di "pulizia etnica" contro sunniti, cristiani, sciiti laici, palestinesi, e con violenze ed eccidi per imporre la shari’a. Le Badr Brigates (milizia dello SCIRI, il Consiglio Supremo per la Rivoluzione Islamica) e il Mahdi Army di Moqtata al-Sadr hanno fatto di gran lunga più morti che non i bombardamenti americani [17].

Insediato nel governo fantoccio iracheno servo di due padroni con il beneplacito degli Stati Uniti, l’Iran sostiene apertamente il regime afghano [18], e non manca di appoggiare le fazioni settarie integraliste sciite in Pakistan [19], Paese in via di destabilizzazione in funzione degli interessi geopolitici statunitensi e degli appetiti delle grandi compagnie coinvolte negli affari dei gasdotti [20] oltre che oggetto dei bombardamenti americani.

A dispetto degli infuocati scambi di accuse reciproche, dunque, esiste una più che discreta sintonia tra il "grande satana" e la teocrazia che governa il "Paese degli Ari", un vero bastione antimperialista secondo i "nostri" commentatori [21]!

Quanto allo zelo nel difendere i Palestinesi intrappolati a Gaza, piacerebbe sapere per quale motivo i Palestinesi intrappolati nell’Iraq occupato sono stati invece perseguitati e massacrati dalle milizie filo- iraniane [22]. Forse perché rimasti partigiani dello Stato laico e impermeabili alla islamizzazione forzata? Ma nemmeno per i palestinesi dei Territori occupati gli ahyatollah dimostrano grande considerazione: nonostante le ripetute proteste del Comitato per il Boicottaggio e il Disinvestimento in Israele, l’Iran intrattiene ottime relazioni di affari con Veolia e Alstom, le multinazionali impegnate nella costruzione delle colonie israeliane in Cisgiordania e Gerusalemme est [23].

Vero vincitore della seconda Guerra del Golfo, l’Iran non intende mancare l’occasione di accedere alla spartizione del mondo arabo approfittando della relativa debolezza degli Stati Uniti (più che mai invischiati in guerre che non riescono a vincere) e del progressivo raffreddamento delle relazioni USA-Israele.

Con la fine dell’URSS e dopo la distruzione dell’Iraq, infatti, il ruolo dello Stato ebraico, argine all’espansione sovietica in Medioriente e avamposto militare contro ogni speranza di unificazione araba, tendeva a perdere la sua ragione strategica. Non si può negare che, all’interno degli Stati Uniti, abbia continuato ad operare a favore dei piani israeliani in questi anni una cosiddetta "lobby ebraica", ma è impensabile attribuirle una influenza decisiva sulle scelte dell’Amministrazione in fatto di politica estera: le ragioni del capitalismo e dell’imperialismo non si fondano sulla difesa di interessi particolari di un nucleo, per quanto agguerrito e potente, ma sulla dinamica della mondializzazione capitalista, e non si affidano a think-tank, per quanto influenti, espressione di una pedina che è parte non determinante del sistema di dominio.

Eliminato il comune nemico, l’Iraq, dalla scena mediorientale, sono venute anche a cadere le motivazioni dell’alleanza sotterranea tra lo Stato sionista e quello teocratico riportando le due potenze regionali ad una situazione di fronteggiamento e confronto di interessi contrapposti. Se Israele mira a gestire intere aree di produzione e gli scambi commerciali nel "Grande Medioriente", l’Iran si propone di dilatare la propria influenza politica nella regione lasciando alle multinazionali occidentali il privilegio di sfruttare risorse e forza lavoro (come si evince dal nuovo corso delle privatizzazioni): i due progetti sono palesemente incompatibili.

Con la guerra del 2006 contro il Libano il governo israeliano intendeva innanzitutto colpire i tentacoli della piovra iraniana per frenarne le mire espansionistiche e, come obiettivo massimo, creare pregiudizio alla ipotizzabile futura alleanza tra Stati Uniti e Iran. Inserendosi nello scontro l’Iran si proponeva di impedire un eventuale avanzamento del cosiddetto "processo di pace": la "pacificazione" tra Israele e i maggiori Stati arabi avrebbe evidentemente allontanato la prospettiva di penetrazione politico-militare iraniana nel mondo arabo.

A prescindere dal maggiore o minore consenso che Hezbollah e Hamas possano raccogliere all’interno dei loro Paesi e delle ragioni che li oppongono allo Stato sionista, entrambe le organizzazioni hanno assolto perfettamente il compito loro assegnato, quello cioè di predisporre un casus belli per l’aggressione israeliana.

Fermata nella sua campagna militare dal veto statunitense, Tel Aviv incassa una sconfitta politica e vede ulteriormente ridimensionata la sua importanza quale alleato strategico degli Stati Uniti, ma ottiene di dividere ulteriormente, indebolendolo, il fronte della resistenza antisionista. È del resto evidente che, al di là dell’effettivo valore sul campo delle milizie di Hezbollah e degli errori di strategia militare di Israele, quest’ultimo non avrebbe avuto eccessive difficoltà (oltre che nessuna remora) a polverizzare il Paese dei cedri e la sua resistenza: tanto in Libano quanto a Gaza la campagna sionista è stata fermata dal veto statunitense (e da quello della cosiddetta "comunità internazionale") a dimostrazione che non è Israele a dettare le condizioni.

Hezbollah entra stabilmente nella compagine governativa libanese e garantisce al suo sponsor iraniano una tribuna da cui lanciare una intensa campagna propagandistica di promozione dei precetti religiosi e politici dell’Islam.

Teheran, con l’operazione libanese ma ancor di più con la "vittoria" di Hamas a Gaza, ottiene una base territoriale nel cuore del mondo arabo, una base da cui muovere per portare l’attacco dell’Islam politico dentro le maggiori nazioni arabe, dentro l’Egitto e l’Arabia Saudita, e vede notevolmente accresciuto il suo ascendente sulle masse arabe.

La mobilitazione delle comunità sciite, sobillate dagli agenti iraniani, che inneggiano alla secessione in Arabia Saudita [24], e i progettati attentati a firma della Fratellanza Musulmana (alleata di Hezbollah) in Egitto [25] non sono certo semplici operazioni di propaganda, e meno che mai azioni rivoluzionarie: non appoggiano movimenti popolari contro gli odiosi regimi fino ad ora complici degli americani favorendo l’unità delle organizzazioni di opposizione, ma cercano di scatenare violenze settarie dentro nazioni arabe, violenze che hanno lo scopo di fomentare una guerra civile tra il popolo, colpendo sì i governi, ma per portare questi Paesi in uno stato di destabilizzazione che agevoli interventi di forze esterne. Possiamo facilmente predire che, in un simile scenario, non saranno solo le forze iraniane ad intervenire! Non è nemmeno difficile preconizzare che si possa arrivare anche per questa via a quello smembramento delle nazioni arabe auspicato dagli agenti mondiali dell’imperialismo e dal capitale transnazionale interessato alla realizzazione del cosiddetto "Grande Medioriente" – cioè l’area compresa tra Egitto e Turchia a occidente, Afghanistan e Pakistan a oriente – verso il quale sono rivolti gli appetiti dei grandi investitori oltre che delle maggiori compagnie petrolifere nel mondo. È così che l’Iran assolverebbe al suo ruolo "oggettivamente antimperialista"?

Difficile dire, sulla scorta delle considerazioni fatte sopra, che siano le sorti della Palestina e dei palestinesi a stare cuore ai dirigenti politici iraniani o che sia il fanatismo antiebraico (l’antisionismo ha ben altra dignità) di Ahmadinejad a motivare gli aiuti in armi e denaro forniti ad Hamas: l’esportazione della "rivoluzione islamica" ha altri e più vasti orizzonti e, a quanto pare, non crea pregiudizio ad una alleanza di fatto, ancora per poco celata, con il "grande satana" capitalista e imperialista.

Così come non è per feroce odio razziale di origine religiosa che Israele aggredisce Libano e Palestina con bombe al fosforo, ma per cinico calcolo strategico, come è naturale che avvenga per un Paese colonialista, capitalista e razzista. "Secondo il viceministro della Difesa israeliano Ephraim Sneh, la guerra con Teheran non è una questione di se, ma di quando […] il Libano è semplicemente il preludio a una guerra ben più ampia con l’Iran’" [26]. Allo stesso modo possiamo leggere l’aggressione a Gaza. E pare ridicolo sostenere che l’efferatezza dei crimini israeliani nella regione siano frutto di una cultura religiosa. La spietatezza non è prerogativa dell’ebraismo, né inclinazione esclusiva dei sionisti: si tratta di terrorismo contro la popolazione civile identico a quello praticato, con la complicità tra gli altri dello Stato italiano, dagli anglo-americani in Iraq e in Afghanistan, perché il terrore è l’arma per vincere la resistenza di un popolo. La colonizzazione e l’occupazione della Palestina è in sé un’aberrazione della storia e un atto criminale contro i diritti umani.

In realtà, benché sia già nei calcoli lo scontro diretto con l’Iran [27], Israele teme ben di più la prospettiva non lontana di una destabilizzazione globale del Medioriente. Il conflitto generalizzato neutralizzerebbe l’egemonia militare dello Stato degli ebrei, e un teatro con più attori ostacolerebbe l’accesso ai centri produttivi e ai mercati arabi all’asfittica economia del Paese (che non sarebbe, allo stato attuale delle cose, in grado di sopravvivere in assenza dei consistenti aiuti americani). Lieberman, nel discorso delle 1100 parole in occasione del suo insediamento nella carica di ministro israeliano degli Esteri, ha infatti affermato che i veri problemi per il "mondo libero" arrivano "dal Pakistan, dall’Afghanistan, dall’Iran e dall’Iraq - e non dal conflitto israelo-palestinese" [28]. E in una intervista al quotidiano russo Moskovski Komsomolets ha dichiarato che è molto più concreto il pericolo che l’arsenale atomico pakistano possa cadere nelle mani dei fondamentalisti islamici rispetto a quello rappresentato dall’atomica iraniana [29]. Mentre è evidente che Israele ha ora un nemico in comune con i Paesi arabi "moderati" (Egitto, Arabia Saudita, Marocco, Giordania) minacciati dall’espansionismo sciita iraniano, e, dunque, ha interesse a non compromettere le proprie relazioni con essi [30].

Da parte sua l’ Amministrazione Obama non solo ha avviato trattative con il governo degli ayatollah e con quello siriano [31] e ha reso pubblico l’intendimento di arrivare ad un disgelo nelle relazioni USA-Iran con il plauso della Unione Europea [32], ma ha anche associato l’Iran al programma di "ricostruzione" dell’Afghanistan [33].

È palese la divaricazione crescente tra la politica estera di Washington e quella di Tel Aviv: sullo sfondo si profila una sorta di sconvolgimento delle alleanze, una situazione in cui grandi e medie potenze faranno scontrare sul campo i propri satelliti, ogni genere di fazioni armate locali e organizzazioni terroriste. E la Russia? Potrebbe essere l’ago della bilancia o sbilanciarsi a favore di Israele. Cosa che potrebbe fare la differenza tra un conflitto mediorientale combattuto per procura da attori regionali e un conflitto mediorientale di più vaste proporzioni.

È ancora lecito aderire all’"Ahmadinejad fans club" in nome della sua pretesa difesa della causa palestinese?

Indubbiamente la Repubblica Islamica costituisce un elemento di disturbo verso l’attuale egemonia statunitense in Medioriente e i suoi interessi a medio termine si contrappongono a quelli dell’"entità sionista", ma attribuirle per questo un ruolo "oggettivamente antimperialista" – come sostiene attualmente la più parte dei commentatori del movimento contro la guerra – contraddice la più elementare e fondamentale ragione della lotta contro l’imperialismo: l’antimperialismo è un progetto di emancipazione di una società dal dominio economico e politico esercitato da una potenza capitalista su un popolo, è un movimento nato con le guerre di liberazione nazionale anticoloniali e fondato tanto sul principio di autodeterminazione quanto su quello della dissoluzione del vincolo di dipendenza dal modello di sviluppo della potenza dominante. In altre parole, è intrinsecamente legato alla lotta contro il dominio del capitalismo. E contro la guerra imperialista, da chiunque condotta.

Un ruolo contingentemente antiegemonico, come al massimo può definirsi quello dell’Iran degli ayatollah, giocato non certo con la finalità di emancipare le popolazioni mediorientali dallo sfruttamento capitalistico ma per assoggettarle ad un dominio teocratico che incarna l’assolutismo reazionario come mai si è verificato nella storia, è il ruolo del peggior nemico degli antimperialisti come delle masse proletarie e popolari.

Lo testimonia il grande e variegato (oltre che estremamente coraggioso) movimento di opposizione interna alla Repubblica Islamica [34] e il movimento nelle università [35]; lo rende evidente il moltiplicarsi degli scioperi in tutti i settori della produzione. Lo dichiarano inequivocabilmente le organizzazioni della resistenza iraniana, Mujahedeen-e-Khalq [36] e Hands off the People of Iran [37] in primo luogo, ma anche le associazioni studentesche [38] e il Partito del Lavoro dell’Iran [39].

Perché gli antimperialisti nostrani non fanno riferimento a queste formazioni e non si impegnano a fianco delle masse popolari oppresse dell’Iran piuttosto che confidare nelle virtù "rivoluzionarie" dell’idolatria? Perché non reagiscono alla censura e all’esclusione decretata da Stop the War contro l’organizzazione dell’opposizione iraniana Hands off the People of Iran colpevole di aver criticato il governo di Teheran [40]?

Perché il movimento contro la guerra, invece di dare voce ai blogger iraniani che quotidianamente rischiano la vita per denunciare le atrocità commesse dal regime, le giustifica in nome del diritto ad una "diversa civiltà giuridica", oltre ad accogliere al suo interno personaggi come George Galloway che si pronuncia contro l’asilo politico ad un gay iraniano condannato a morte [41]?

Si tratta dello stesso movimento contro la guerra che, dopo averne avallato la diffamazione, ha approvato il linciaggio e l’assassinio di Saddam Hussein e degli esponenti del governo antimperialista iracheno.

Personalmente non ho altro da aggiungere se non che l’uso sistematico della tortura, l’avvilimento delle donne, l’assassinio degli studenti e dei lavoratori, l’impiccagione di adolescenti gay e di giovani donne mi riempie di pre-politica indignazione.

Valeria Poletti

23.06.2009

Note dell’articolo al link :

http://www.uruknet.info/?p=s10044&hd=&size=1&l=i

Messaggi

  • Grazie dell’ottimo servizio che mi è servito a chiarire la non chiara situazione iraniana nella speranza che i veri anti-imperialisti anche occidentali finalmente cercano di aiutare e far capire a quante più persone com’è la situazione attuale in Iran e chi ci sta rimettendo, come al solito, è la povera gente che vuole liberarsi dall’oppressione, dalla dittatura teocratica e religiosa!!!

  • Non c’è alcun dubbio che quello iraniano sia un regime autoritario e repressivo. Non c’è alcun dubbio che sia uno stato che sopprime i diritti umani e impedisce la manifestazione del dissenso (del resto basta andare a vedere quello che accade nelle "grandi democrazie" occidentali).
    Ma da qui a ritenere responsabile l’Iran di tutti i mali dell’imperialismo ce ne corre! Addirittura definirlo un alletato di Israele!
    Poi non si può mettere sullo stesso piano l’Iran filo-americano dello scandalo Iran-contras, quello di Moussavi, e poi quello di Khatami, con l’Iran chiaramente anti-americano di Ahmadinejad. E’ veramente strano che si attribuisca una colpa del capo dell’opposizione iraniana, Moussavi, ad Ahmadinejad.
    Se L’Iran fosse stato tanto amico degli americani come si sostiene nell’articolo non si capirebbe l’opposizione prima di Bush e poi di Obama, in piena continuità di gestione politica, salvo forse i toni più misurati di quest’ultimo, al nucleare iraniano e le sanzioni contro il paese perisano. E non si capirebbe invece il sostegno della Russia e del Venezuela e l’interessamento della Cina. O forse sono anche questi stati filo-americani influenzati dalle multinazionali occidentali?
    Poi mi sembra veramente esagerato definire l’Iraq di Saddam "laico e progressista" il cui appoggio ricevuto da parte dell’occidente è storicamente provato. Certo Saddam non utilizzava metodi migliori di quelli di Ahmadinejad contro gli oppositori. Anzi.

    Del resto vedere le vicende iraniane come imperniate sul conflitto laici-democratici/religiosi-conservatori è una forzatura tutta occidentale, che mostra un modo di guardare alla politica internazionale eurocentrico.
    Gli oppositori di Ahmadinejad non si sognano minimamente di mettere in discussione la rivoluzione islamica, e i presupposti sui quali poggia. Non ci si può certo aspettare che essi sostengano una democrazia liberale come l’opinione pubblica occidentale è indotta a credere dalla rappresentazione mediatica.
    Infine vedere l’opposizione di Moussavi come una sorta di avanguardia proletaria è veramente surreale. Moussavi è sostenuto dalle classi agiate e fa gli interessi di queste. Quelli che abbiamo veduto in piazza non erano lavoratori, o comunisti (salvo frse qualche pecora nera con il tatuaggio di Che Guevara) classi povere. Ma la ricca borghesia, quella dei quartieri bene, quella degli studenti, che può permettersi cioé di pagare l’università ai figli.
    Sono gli stessi ceti ricchi che all’epoca di Mossadeq si opponevano a quest’ultimo e collaborarono con la CIA per rovesciarlo. Quegli stessi ceti che erano con lo Shah di Persia, insediato dagli americani con un colpo di stato contro un governo popolare e democratico e ,questa volta sì, "laico e progressista". Come mai nessuno di quella sinistra delle anime belle ricorda questi fatti? Poi non ci lamentiamo se da queste cose nasce una rivoluzione islamica.
    Una cosa è certa. Gli oppositori del governo in carica non sono le classi lavoratrici, che invece lo sostengono, ma la ricca borghesia, quella che si vede penalizzata dalle scelte economiche del governo Ahmadinejad e dalla sua politica estera anti-atlantista.

    http://eresiarossa-matteo.blogspot.com/

    • Matteo dice :

      "Quelli che abbiamo veduto in piazza non erano lavoratori, o comunisti (salvo forse qualche pecora nera con il tatuaggio di Che Guevara) classi povere. Ma la ricca borghesia, quella dei quartieri bene, quella degli studenti, che può permettersi cioé di pagare l’università ai figli."

      E’ più o meno quello che DC e fascisti dicevano di noi nel 1968 ....

      Sta cosa dovrebbe far riflettere ......

      K.

  • Allora, che cosa proponete? Inviamo dei militari per cambiare il regimo iraniano e farne una democrazia come in Irak?

    Quello è un problemo interno all’Iran, e noi, non ci abbiamo niente da fare.

    • E’senz’altro un problema interno all’Iran ... ed anche se Pinochet diceva la stessa cosa della situazione cilena, su questo per me non ci piove ... così come sarebbe ovviamente giusto opporsi ad una eventuale guerra contro l’Iran che comunque mi sembra assai improbabile .... ma nella questione interna all’Iran sarò padrone di pensarla come ritengo più opportuno da un punto di vista "di sinistra", e cioè sociale, laico, libertario ... o no ?

      O, in odio agli Usa e a Israele, devo pure dire che "Allah è grande" e che il chador è segno di progresso ?

      K.

    • K.

      La differenza è che allora in Italia in piazza c’erano anche i lavoratori e gli studenti non erano certo quegli della ricca borghesia iraniana, ma loro stessi figli di operai "anche l’operaio vuole il figlio dottore" cantava Pietrangeli.
      In Iran invece in piazza c’è una borghesia che vuole conservare i propri privilegi. Questo poi nulla toglie alle condizioni dei lavoratori iraniani. La sinistra, io credo, ha commesso l’errore di confondere la legittima indignazione per le classi oppresse in Iran (che comunque lo sono state anche e soprattutto a causa dei governi "riformisti") con le ragioni della protesta dei sostenitori di Moussavi che sono tutt’altre.

      Quanto alla guerra in Iran per il momento neanche io credo sia possibile e tuttavia l’Iran ha subito le sanzione economiche imposte dagli Usa per la volontà di dotarsi del nucleare, volontà legittima almeno quanto quella di Israele.

    • beh, che nel ’68 GLI UNIVERSITARI fossero figli di operai.... mi pare un po’ ardita come affermazione...

    • Così come il fatto che a Teheran c’è in piazza solo la "borghesia" ... che poi i ceti privilegiati sono invece legatissimi al regime ..... in piazza ci stanno soprattutto i giovani - di ogni ceto - che sono , per la particolarissima situazione demografica, la maggioranza della popolazione ma anche i lavoratori iraniani coi loro sindacati indipendenti/clandestini ....

      Nessuna simpatia per Moussavi ma chi sta in piazza non è paragonabile ai "momios" cileni ante-golpe bensì proprio al 1968 italiano e francese, movimenti figli della liberazione e modernizzazione dei costumi prima ancora che rivoluzionari.

      Ma comunque movimenti positivi, così come oggi a Teheran ....

      Che questo non possano capirlo i mullah oscurantisti, anche "riformisti", che in verità pensano di giocarsi semplicemente da una parte o dall’altra la partita degli equilibri di potere interni al regime è comprensibile ... ma che non lo capiscano nemmeno i compagni italiani è invece gravissimo ....

      K.

    • I giovani la libertà la democrazia.

      Una versione retorica per infiammare gli animi dei compagni di sdegno contro il cattivissimo regime iraniano. Le parole d’ordine sono altre. A morte Ahmaninied e tutto il potere a Mousavi, queste le parole d’ordine,

      Otto miliziani trucidati a colpi di mitra sono certamente il prodotto di manifestazioni che si propongono di consegnare il regime a Mousavi e di farne un satellite americamo come l’Irak e l’Afghanistan. A Bagdad è stata costruita una base nucleare americana grande quanto lo stato del Vaticano.

      Una bella base militare americana al centro di Vicenza scusate al centro di teheran?
      Che ne dite? L’Occidente non ha diritto di governare tutto il mondo?
      Delenda Iran. L’Iran deve cadere al più presto. La mobilitazione dei giovani non conta che come massa di manovra contro il regime da pezzi del regime sostenuti dagli Usa.

      Per quanto io sia ateo e non condivida il potere dei preti oggi chi vuole stare con la rivoluzione anticapitalistica mondiale deve stare con Ahmaninied!

      ps: non escludo che Neda sia stata uccisa da agenti dei rivoltosi. L’assassinio registrato per farne una griffe emotiva della lotta non è una novità. E’ già stata usato in forme diverse in molte rivoluzioni colorate fomentate dagli USA:

    • Ma vacci te a vivere sotto il regime degli ayatollah senza diritti civili e sindacali ...

      Moussavi mi fa letteralmente schifo - come l’intero regime teocratico - ma quel paese - potenzialmente ricco, demograficamente giovane e culturalmente emancipato - dovrà fatalmente esplodere, possibile che non ci arrivi ?

      Possono tenersi nel 2009 il potere assoluto dei mullah sulla vita delle persone "in carne ed ossa" ?

      Ma che è, rincoglionimento senile o stalinismo di ritorno ?

      K.

    • Impara a trattenere la rabbia impotente a fronte delle argomentazioni con le quali non riesci a confrontarti e a non offendere. Il tuo razzistico "rincoglimento senile" ti descrive per quello che sei.

      Non ho mai detto di approvare il regime di Teheran anche se lo ritengo per molti versi assai più equilibrato democraticamente di quello italiano (questa opinione non è soltanto mia ma è anche di esperti costituzionalisti). Chi oggi si schiera con i rivoltosi armati dalla Cia si schiera contro l’autonomia dell’Iran come nazione. Il bene dell’indipendenza è quello che è realmente in pericolo.
      Se vincono i rivoltosi, entro un anno la bandiera americana sventolerà dal centro di teheran come oggi sventola nel centro di Bagdad.

      .
      In quanto ai diritti sindacali e sociali credo che l’Italia non possa più dare lezioni a nessuno e da un pezzo...

    • E siccome l’Italia non può più dare lezioni a nessuno ... gli iraniani possono vivere sui posti di lavoro come da noi ai tempi di Mussolini , coi sindacati obbligatori di regime ( peraltro, a differenza di quelli fascisti del ventennio, pure supeliberisti) e senza diritto di sciopero o di assemblea ?

      Ma di che parli ? E sei pure un ex importante sindacalista ..... e non sei nemmeno "comunista" ma socialista .....

      Il regime di Teheran "più equilibrato democraticamente" ?... più o meno come ai tempi dello Stato Pontificio da noi .... ma tu devi proprio fare pace col cervello ....

      Ma non lo vedi che, a parte qualche fascistello che ti da ragione su ComeDon Chisciotte, su sti argomenti internazionali non ti risponde più nessuno ? Ma come si fa a ragionare com un "integralista" simile ?

      Pure Mussolini ed Hitler, pure Pinochet e i colonneli greci, pure Franco dicevano di "non volere ingerenze esterne" ... in fondo è quello che dice pure Israele, anche se occupa terre non sue ....

      Forse non sarà oggi il momento ma quanto può durare un regime medievale come quello di Teheran ? Una anno, due anni ancora ? Non certo di più ... tanto più che non sono assolutamente capaci di pensare ad un’autoriforma ?

      E poi, anche sto mito di presunto "antimperialismo" , ma de che ?

      Non sta l’Iran di fatto controllando in accordo con gli Usa ( e pure con Israele) il vicino Iraq ?

      Chi sono i soggetti sciiti , a cominciare da quel mafioso di Moqdata Al Sadr, al governo a Bagdhad per conto degli Usa se non una emanazione di Teheran ?

      E allora di cosa stiamo parlando ?

      K.

    • se ne evince davvero che la sinistra non ha ancora finito - una volta per tutte - di fare i conti con il proprio sistema di valori e di pensiero. Poi, si pensa davvero che le colpe siano dei "leader" più o meno "venduti", più o meno "ortodossi", più o meno "un sacco ggiusti"... Il fatto è che detnro la nebulosa chiamata sinistra sono state inserite storicamente visioni del mondo ANTITETICHE... dal cinismo veterostaliniano ed istanze ultralibertarie. Salutiamoci così, senza continuare a pigliarci per ilculo ulteriormente e farneticare di sinistra unita e di programmi di sinistra... La "gente" è forse meno cogliona di quel che si dice... ed almeno si astiene da cacciare croci su vuote sigle un sacco di sinistra

    • Non dobbiamo confondere le condizioni dei lavoratori in Iran (che erano le stesse anche al tempo dei "riformisti"!!!!) con la piazza a favore di Moussavi. E quella piazza era della ricca borghesia non certo dei ceti poveri. Ed era a favore del filo-americano Moussavi. Questi i fatti. Poi possiamo discutere quanto volete sul fatto che l’Iran sia un regime autoritario che reprime le proteste (ma al G8 a Genova non è accaduto lo stesso?) e tutto quello che si vuole. Ma è un fatto oggettivo che l’Iran è lo stato del medio-oriente che guida la rivolta anti-imperialista e in questo suo sforzo emancipativo dovrebbe essere sostenuto salla sinistra europea e dai comunisti. Non si tratta di sostenere Ahmadinejad, ma il popolo iraniano nel passato vittima dello sfruttamento capitalistico occidentale!

    • Non sei obbligato a leggere le cose che io scrivo. Non sono padreterno come te e per giunta neppure comunista (come hai sottolineato). Potresti evitare di commentare i miei post e di non angustiarti se poche o molte persone li leggono.