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GLI SCHEMI DELL’AFFARISMO CRIMINALE

Publie le venerdì 4 gennaio 2008 par Open-Publishing

Ecco le news settimanali del Comidad: chi volesse consultare le news
precedenti, può reperirle sul sito www.comidad.org sotto la voce "Commentario"
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GLI SCHEMI DELL’AFFARISMO CRIMINALE
Le circostanze dell’assassinio di Benazir Bhutto hanno immediatamente
determinato scetticismo e sospetti. L’eccesso di zelo della comunicazione
ufficiale nel cercare di fare a tutti i costi confusione sull’attentato, ha
messo in evidenza il dato che sono proprio gli operatori dell’informazione
asservita quelli che nutrono i maggiori sospetti circa le attitudini criminali
del padrone statunitense. Il giorno dell’attentato le agenzie di stampa si
limitavano a dare la notizia che vi era stata una rivendicazione attribuita ad
Al Qaeda, ma il giorno dopo tutti i maggiori quotidiani titolavano in prima
pagina che la Bhutto era stata uccisa da Al Qaeda.

Questa ansia di coprire si è manifestata anche sulla questione delle modalità
dell’assassinio: prima attentato kamikaze, poi cecchino. Nonostante le
smentite che sono circolate, il primo di gennaio l’agenzia Ansa adottava la
formula della Bhutto uccisa con un attentato suicida, dando il tutto per
scontato.

Gli opinionisti si sono poi arrampicati sugli specchi per dimostrare che
questo assassinio rischia di gettare nel caos tutto il Medio Oriente, e che le
armi atomiche di cui il Pakistan disporrebbe rischiano di finire nelle mani
dei soliti fondamentalisti islamici. Gli stessi opinionisti che irridono le
congetture dei cosiddetti complottisti, poi non esitano a ricorrere a trame
romanzesche: Al Qaeda, la novella Spectre, uccide la Bhutto per arrivare ad
impadronirsi delle atomiche pakistane, il tutto ovviamente per minacciare
l’odiato "Occidente".

L’effetto suggestivo di questi scenari apocalittici rischia di condizionare
anche le analisi di coloro che cercano ogni giorno di affrontare la questione
della criminalità dei governi e delle multinazionali. Alcuni si sono domandati
quale sia oggi la vera strategia del governo statunitense e cosa esso abbia da
guadagnare da una catastrofe mediorientale.

In realtà il colonialismo commerciale e l’affarismo criminale non si ispirano
a strategie, ma agiscono in base a schemi. Il governo statunitense pensa ed
opera come agenzia delle multinazionali, perciò, dato che il governo pakistano
ha firmato contratti con la Cina, invece che con le multinazionali americane,
per la costruzione di oleodotti e gasdotti, allora bisogna tenere sotto
pressione il governo pakistano. È chiaro che Bush non ha mai pensato di
sostituire Musharraf con la Bhutto, ma ha sacrificato quest’ultima per
ricattare il primo. Da oggi Musharraf sarà ogni giorno costretto a dimostrare
di non essere condizionato dai "fondamentalisti islamici", e l’unico modo per
dimostrarlo sarà quello di firmare contratti con le compagnie commerciali
americane. Dopo il primo contratto firmato, la stampa internazionale sarebbe
pronta a presentare Musharraf come un baluardo della democrazia e della lotta
al terrorismo.

L’affarismo si maschera poi con giustificazioni che sono sempre le stesse: la
libertà e la sicurezza. Quando anche queste giustificazioni crollano sotto
l’evidenza dei fatti, gli Stati Uniti hanno sempre pronta la giustificazione
di riserva, che non gli ha mai fatto cilecca: l’ "ops!".

Nel 1998 il presidente Clinton ordinò il bombardamento missilistico di una
fabbrica farmaceutica in Sudan, con il pretesto che producesse armi chimiche.
Quando l’evidenza delle prove ha dimostrato che si trattava effettivamente e
solo di una fabbrica di farmaci, il governo statunitense si limitò ad un: e
vabbè ci siamo sbagliati, e che sarà mai?

Sta di fatto che il Sudan nel 1998 aveva raggiunto la quasi autosufficienza
nella produzione di farmaci, mentre oggi dipende nuovamente dalle
multinazionali americane, e questa dipendenza continuerà, poiché ormai più
nessuno pensa di investire in impianti farmaceutici in Sudan, dato che si sa
già che verranno bombardati.

Il colonialismo commerciale anglosassone ha sempre vissuto giorno per giorno,
avvalendosi della posizione di impunità garantitagli dall’isolamento
geografico. È uno sbaglio perciò attribuire le azioni del governo statunitense
all’ascesa dei cosiddetti "Neocons". Negli ultimi anni si è riflettuto molto
sull’origine trotskista dei "Neocons", e lo storico Franco Cardini ha
individuato proprio in questa matrice ideologica la tendenza allo
sperimentalismo di questi presunti ideologi, la loro volontà di trasformare la
società in un laboratorio per crearvi una nuova realtà.

Le tesi di Cardini, per quanto eleganti e argomentate, non tengono conto del
fatto che Trotsky non era neppure nato e già gli Stati Uniti facevano le
stesse cose, giustificandole allo stesso modo.

L’invasione del Canada del 1812 fu operata per impadronirsi della zona degli
animali da pelliccia, ma venne motivata con il pretesto che i "crudeli
selvaggi indiani" si infiltravano dal confine canadese per seminare il terrore
negli Stati Uniti. Ebbene, "crudeli selvaggi indiani" è un’espressione
contenuta nella Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti del 1776,
redatta da Thomas Jefferson. Usare pretesti di libertà e sicurezza per
giustificare operazioni affaristico/criminali ha come modello la tecnica
pubblicitaria di Jefferson e non i funambolismi ideologici di Trotsky. Il
fatto poi che molti "Neocons" abbiano dei trascorsi da "gauchiste" non indica
di per sé che questi fossero realmente di quell’idea, poiché è normale che dei
professionisti della disinformazione da giovani si facciano le ossa anche
lavorando da infiltrati, come dimostra la storia di Paolo Mieli, Gad Lerner o
Giuliano Ferrara.

3 gennaio 2008