Home > Gaza. Israele e Hamas valutano la tregua, ma il governo Olmert allarga (…)

Gaza. Israele e Hamas valutano la tregua, ma il governo Olmert allarga l’offensiva

Publie le giovedì 8 gennaio 2009 par Open-Publishing

Gaza. Israele e Hamas valutano la tregua, ma il governo Olmert allarga l’offensiva

di Tommaso Vaccaro

Il Vaticano paragona Gaza ad un grande "campo di concentramento". Cresce l’solamento del governo israeliano

Israele entra in rotta di collisione anche con il Vaticano. Il card. Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pacè ha rivolto un nuovo appello al dialogo affermando che "Gaza assomiglia sempre di più ad un campo di concentramento in cui popolazioni inermi pagano le conseguenze dell’egoismo".

Stizzita la risposta del portavoce del governo israeliano, il quale addirittura paragona le affermazioni del vaticano alla propaganda di Hamas."Fare affermazioni che sembrano provenire dalla propaganda di Hamas - afferma il ministero degli esteri d’israele - e ignorare gli impronunciabili crimini commessi da quest’ultimo non aiuta la gente ad avvicinarsi alla verità e alla pace". Da queste frasi un segnale del crescente nervosismo del governo israeliano che si trova sempre più isolato nell’ambito internazionale.

Un passo avanti e due indietro. Con queste parole si potrebbe riassumere la situazione nella Striscia di Gaza. Nonostante gli sforzi diplomatici per fermare l’offensiva dell’esercito israeliano si siano intensificati nelle ultime ore, il governo del paese ebraico ha approvato l’allargamento dell’offensiva a Gaza. Un provvedimento gravissimo che prevede la possibilità dell’ingresso di truppe nei centri abitati palestinesi.
Questa nuova escalation di violenza, che tuttavia dovrà prima essere valutata dalle autorità militari israeliane, arriva nelle stesse ore in cui entrambe le parti in conflitto valutano attentamente il piano per il cessate il fuoco presentato ieri dal presidente egiziano, Hosni Mubarak e dal francese Nicolas Sarkozy. Una via d’uscita dalla crisi a cui hanno aderito vari paesi arabi, l’Autorità palestinese, gli Stati Uniti e la Ue. Pur non essendo stato snocciolato nei singoli punti, gli elementi centrali della proposta sarebbero in sostanza due. Innanzitutto un tregua quotidiana di qualche ora che permetta l’apertura di un corridoio umanitario per portare aiuti a Gaza. Un punto, questo, già accordato dal premier Olmert, il quale ha oggi interrotto l’offensiva per tre ore, salvo poi riprenderla con intensi bombardamenti. In secondo luogo l’Egitto convocherebbe israeliani e palestinesi ad un incontro urgente per arrivare ad un accordo che possa garantire il non ripetersi delle condizioni che hanno portato a questa escalation di violenze. Un accordo che preveda, tra l’altro, la riapertura delle frontiere tra la Striscia e Israele ed il controllo da parte di agenti dell’ ANP di Abbas del valico di Raffah.

Entusiasta del risultato diplomatico raggiunto, Sarkozy, attraverso un comunicato presidenziale, si è persino spinto a rallegrarsi per “l’accettazione” della proposta da parte d’Israele. Un notizia, questa, categoricamente negata dal paese ebraico. Mark Regev, portavoce di Olmert, ha dichiarato che il Governo israeliano “da il benvenuto all’iniziativa franco-egiziana, vogliamo vedere se avrà successo”, ma nulla di più. “Continuiamo a dialogare sui termini dell’iniziativa. Una pace duratura – ha aggiunto Regev – deve basarsi sulla totale assenza di fuoco ostile da Gaza contro Israele ed un effettivo embargo delle armi su Hamas che conti sull’appoggio internazionale”.

Anche sull’altra sponda del conflitto è sotto attenta valutazione il piano del leader egiziano Mubarak. Un portavoce di Hamas ha infatti dichiarato che la proposta di pace “è in discussione”, ma non è stata ancora accettata.

Il via libera da parte dell’Onu, della segretaria di Stato Usa, Condoleeza Rice e del presidente palestinese Mahmud Abbas è arrivato questa mattina. Quella che al momento viene considerata come l’unica via d’uscita dalla violenza è stato inoltre accettato da “paesi chiave” dell’area mediorientale, tra cui la Siria, il Libano e la Turchia.

Ma al momento tutto resta congelato ed al dodicesimo giorno di guerra i morti palestinesi arrivano a quota 642.

Il Venezuela rompe con Israele e Hezbollah minaccia guerra

La notizia della rottura dei rapporti diplomatici tra il paese latinoamericano di Hugo Chavez ed il paese ebraico è stata diffusa ieri attraverso una nota del Ministero degli Esteri venezuelano. Un breve comunicato con il quale la potenza bolivariana ha annunciato la propria decisione di espellere l’ambasciatore israeliano a Caracas ed una parte del personale diplomatico dell’ambasciata. Chiediamo “il rispetto della legalità internazionale” è stato scritto nella nota. In precedenza il presidente venezuelano Hugo Chavez aveva affermato che i Capi di Stato di Israele e Stati Uniti dovrebbero essere portati davanti a un tribunale internazionale per gli attacchi dello Stato ebraico sulla Striscia di Gaza. Annunciando che il Venezuela sta tentando di far giungere nella Striscia aiuti umanitari, Chavez ha definito “assassino” il governo israeliano. Pronta la risposta da parte del paese ebraico che non solo ha immediatamente espulso l’incaricato d’affari del Venezuela, che è il diplomatico di Caracas più alto in grado a Gerusalemme, ma ha anche accusato il governo di Chavez di contiguità con il terrorismo internazionale.

“Il Venezuela – si legge in una nota del ministero degli Esteri israeliano – deve scegliere da che parte di questa guerra si pone. Deve scegliere tra quelli che lottano contro il terrorismo e quelli che lo appoggiano. Non è una sorpresa che il Venezuela abbia di nuovo dichiarato al mondo da che lato si posiziona”.

Si riaccendono anche i toni del movimento musulmano libanese di Hezbollah. Sayyed Hassan Nasrallah, leader del movimento, oggi a Beirut ha parlato ai suoi sostenitori minacciando Israele: “Siamo pronti a ogni possibilità, a ogni aggressione. Siamo pronti a sacrificare i nostri figli per i nostri ideali”.