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Genova : agente si difende: non sono io il manganellatore

Publie le domenica 31 ottobre 2004 par Open-Publishing

di Elisabetta Vassallo e Marco Menduni

PROCESSO G8 Agente si difende: non sono io il manganellatore
Genova«Non ho colpito io quel ragazzo al volto con il manganello. C’è un
filmato che lo dimostra: a ferirlo è stato un poliziotto in divisa, io ero
in borghese». E’ la disperata difesa di Giuseppe De Rosa, l’agente della
Digos di Milano, primo condannato per le violenze al G8. Un anno e otto
mesi per lesioni, nei confronti di un no global quindicenne. «Aspettiamo
le motivazioni del giudice - spiega il suo avvocato Antonio Finelli - poi
faremo appello». Ma De Rosa insiste: mai stato un violento, sono uomo del
dialogo. Il suo legale: «E’ uno dei pochi poliziotti a poter entrare senza
problemi nel centro sociale Leoncavallo di Milano: come si può pensare che
si sia trasformato in un massacratore di no-global?». Il risarcimento al
giovane ferito? De Rosa spiega: non ho tanto denaro da parte, ma il quinto
del mio stipendio è a disposizione.
Menduni e Vassallo

L’agente condannato «Mai stato violento»

G8. Il legale di Canterini: «Non entrò nella scuola Diaz»
Genova «Siamo perplessi, vogliamo capire il perché di una condanna così
pesante». Giuseppe De Rosa è il primo poliziotto condannato per le
violenze sulle strade al G8 del luglio 2001. Un anno e otto mesi, con il
rito abbreviato, per la manganellata sferrata in faccia all’allora
quindicenne Marco Mattana, giovane no global di Ostia. De Rosa, agente
della Digos di Milano, e il suo avvocato Antonio Finelli attendono:
«Aspettiamo le motivazioni di un provvedimento così pesante. Poi faremo
ricorso».

Ma quali sono le argomentazioni difensive che De Rosa e il suo legale
presenteranno ai giudici di secondo grado? La prima: «Non sono stato io a
colpire al volto con una manganellata al volto quel ragazzo. Abbiamo un
video in cui si vede che a sferrare quel colpo è un uomo in divisa: io
sono sempre stato in borghese». Non nega, De Rosa, la sua partecipazione
all’azione di via Carlo Barabino, il 21 luglio 2001. Ammette di aver
colpito anche lui il ragazzo, «ma solo alle gambe, per cercare di
immobilizzarlo mentre stava scappando ai colleghi che l’avevano bloccato».
Altre argomentazioni: «Non sono mai stato un picchiatore, un violento.
Anzi: mi considerano uomo del dialogo». «E’ vero - incalza l’avvocato
Finelli - De Rosa è uno dei pochi agenti milanesi a poter entrare senza
problemi al Leoncavallo: come accusarlo di essere un massacratore di no
global?». Poi c’è il problema del risarcimento economico. Il giudice ha
stabilito un primo risarcimento, subito esecutivo. De Rosa metterà a
disposizione il quinto del suo stipendio. «Non ha grosse possibilità
economiche - insiste il legale - ma farà tutto quel che deve fare». Il
risarcimento potrebbe essere una carta vincente, nel tentativo di ridurre
la pena in secondo grado.

Ieri mattina è ripresa anche l’udienza preliminare per l’irruzione nella
scuola Diaz. «Vincenzo Canterini non mise piede nell’istituto durante
l’irruzione della polizia. Accompagnò i suoi uomini, una quarantina in
tutto, che vennero divisi in due squadre rispettivamente al comando di
Spartaco Mortola e di Carlo Di Sarro».

Un’arringa durata oltre quattro ore, quella dell’avvocato Silvio Romanelli
davanti al gip Daniela Faraggi, che dovrà decidere se rinviare a giudizio
28 poliziotti indagati per la violento blitz. Canterini, da quanto si
legge nella richiesta del rinvio a giudizio firmata dai pm Zucca e Albini
Cardona è accusato di aver partecipato, in veste di comandante del Nucleo
sperimentale del reparto mobile di Roma, dell’organizzazione e
dell’esecuzione della perquisizione nella scuola e dei pestaggi riservati
ai giovani manifestanti. Secondo l’avvocato Romanelli, Canterini entrò
nella Diaz quando le violenze erano cessate; e non furono i suoi uomini a
usare violenza.

Secolo XIX