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Genova sei anni dopo
di Antonella Marrone
La porta che non si è aperta e che in questi giorni, per la coincidenza con Bolzaneto e Diaz, appare con tutta chiarezza come quella più importante. Il processo che non si farà mai.
Il reato che resterà impunito: l’assassinio di Carlo Giuliani, 20 luglio 2001.
Il processo negato. Negato per paure, per superficialità, per negligenze. Negato perché sarebbe stato difficile contrastare la documentazione, le prove che gli avvocati e i periti della famiglia Giuliani avevano accumulato per dimostrare che Carlo non fu ucciso da un sasso, che lo sparo era ad altezza uomo, che si trattò di una discutibilissima autodifesa.
Un caso frettolosamente archiviato, imbarazzante per forze dell’ordine e giudici. Un caso che andava discusso, un’indagine che andava approfondita. Quel processo ci manca.
Comunque così è andata a finire. Pronti anche all’amarezza che ci hanno lasciato le sentenze di "strada" e di Bolzaneto. Ma avrebbe avuto la dignità di un processo vero. Non hanno voluto farlo.
E mentre il carabiniere Placanica vivacchia tra scheletri nell’armadio, rimpianti e paure, la famiglia di Carlo non avrà mai la verità su quanto accaduto,
Non l’avremo neanche noi. Questo resterà il grande vuoto di quelle giornate genovesi. Un vuoto che inghiotte delusioni e rabbia. Incolmabile senza quel processo.