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Giordano: "Un governo per risarcire: più salari, pensioni e diritti"
Publie le domenica 14 maggio 2006 par Open-PublishingIntervista collettiva di Liberazione al neosegretario di Rifondazione comunista sul governo, la riunificazione del paese, la possibilità di riforme, lo stato del partito, il suo mandato, la Sinistra europea e la differenza di genere maschile.
di Claudio Jampaglia
Un confronto intenso e senza reticenze. Liberazione ha accolto il nuovo segretario di Rifondazione, Franco Giordano, con tutta la curiosità dovuta ai passaggi dell’attualità politica e del partito per la prima volta al governo. Due ore senza rete da cui siamo usciti con diverse idee e una certezza che ci riguarda: l’autonomia del giornale è sacra e rappresenta anche nella diversità d’opinioni una risorsa perché il percorso è lungo e la strada si fa camminando e domandando, insieme. Per il resto si è discusso di governo e partito, di obbiettivi di riforme e Sinistra europea.
Piero Sansonetti: Col governo, a che punto siamo?
Dobbiamo evitare turbolenze iniziali derivanti dalla discussione sulla costruzione del partito democratico ed evitare allo stesso tempo che il governo sia identificato con esso.
Ma le elezioni e le prime cariche istituzionali non hanno rimescolato tutto?
Di sicuro ci sono più tensioni sulla natura e per l’egemonia del partito democratico: c’è chi tenta di spazzare via le ceneri dell’ex partito comunista italiano e c’è chi crede che con la forza ereditata da quella soggettività bisogna fare i conti.
E Rifondazione che primo bilancio può tracciare?
Abbiamo ottenuto un grande successo con l’elezione di Bertinotti alla presidenza della Camera e abbiamo contribuito all’elezione di un post-comunista al Quirinale, sventando pericolose sirene neocentriste. Credo abbiamo messo in moto un circuito virtuoso.
Stefano Bocconetti: Ma siete soddisfatti di un solo ministero?
La presenza nell’esecutivo è decisiva per avere voce in capitolo sul profilo intero del governo e della sua politica, è l’operazione realizzata col programma che dobbiamo presidiare e aiutare a vivere. Con Bertinotti alla Camera, come si è visto già dal discorso augurale, vorremmo provare a produrre un’unificazione culturale del paese e aiutare una nuova cultura politica. La nostra presenza nell’esecutivo, infine, sarà sui temi a noi più cari come quelli sociali e su diversi terreni d’incontro coi movimenti, come sui beni comuni e ambientali. Qui costruiamo obiettivi realizzabili e di qualità, a cominciare da una presenza maggioritaria di donne nella nostra delegazione.
Andrea Milluzzi: Coi conti pubblici in costante peggioramento, c’è il rischio di un periodo di lacrime e sangue?
Il tempo delle lacrime e del sangue per noi è tramontato definitivamente, ora si apre una fase di risarcimento dei lavoratori e della società intera. E’ quanto scritto a chiare lettere sul programma. Il risanamento finanziario non avverrà in due tempi e la politica redistributiva si realizzerà col risanamento, la lotta all’evasione e all’elusione fiscale e contributiva, con la lotta alla rendita finanziaria e alla grande rendita patrimoniale. Dovremmo trovare forme d’intervento redistributivo fiscali ma anche dirette, perché siamo ormai tra gli ultimi in Europa per le retribuzioni e se vogliamo un circuito virtuoso dell’economia il primo punto è aumentare salari, stipendi, pensioni.
E sulla Legge 30 cosa sta succedendo?
Le resistenze sono molto determinate e si vedono, ma se stiamo alla lettera del programma, l’elemento unificante è la destrutturazione della Legge con due semplici operazioni: contrastare i contratti a termine e contemporaneamente investire su quelli a tempo indeterminato. Per noi è un imperativo. Il governo delle destre ha fondato la scommessa competitiva del paese su bassi livelli retributivi, deregolamentazione del mercato, scarse tutele e scarsa innovazione. E mai come ora interessi e tutele dei lavoratori coincidono con la ripresa economica perché investire in tutele e retribuzione significa competenza, innovazione, qualità, nell’industria come nella valorizzazione dei territori.
Ivan Bonfanti: In politica estera, oltre al ritiro dall’Iraq, dove si può marcare una differenza rispetto ai precedenti “buoni” governi monetaristi di centrosinistra?
Le destre ci consegnano un’Italia fortemente divisa da un punto di vista socio-culturale e per governare dobbiamo immaginare un’unificazione su grandi questioni culturali. Uno dei grandi collanti per essere in sintonia con un popolo è la pace e il ritiro delle truppe è un passaggio decisivo, come il ripensamento dell’intera politica estera. Poi credo dovremmo cercare di lavorare sull’Europa a partire dalla nostra vocazione geografica. La supremazia dell’occidente sul Mediterraneo invocata da Pera e Calderoli nega la storia di relazione con le altre sponde del nostro mare. Nella mia terra di levante si sono scambiate da sempre culture, merci e conoscenze. Nel 1200 sulla torre Palagia, il punto più occidentale della penisola vicino a Otranto, venivano accesi dei fuochi per segnalare l’approdo e accogliere i forestieri. La nostra è cultura d’interazione e dobbiamo evitare che la torre diventi un ponte levatoio. Investire sulla pace significa investire su una nuova economia, sul Mediterraneo e su nuove relazioni tra persone, forme di socialità e scambi culturali. La nostra nuova identità è la negazione di tutte le identità statiche, è la comunità solidale e accogliente.
Anubi D’Avossa Lussurgiu: da una parte la scelta della nonviolenza, l’innovazione del rapporto col potere, dall’altra la guerra come elemento centrale della nuova barbarie del mondo. Per non finire come con Maastricht e Schengen, che si fa sui Cpt (non solo in Italia), sul libero commercio mediterraneo, sulla legge anti-terrorismo europea e sulle alleanze militari?
Una delle parti migliori del programma di governo è quella che riguarda l’abolizione dei Cpt in una duplice veste, concreta e giuridica. Grazie all’apporto straordinario di Giuliano Pisapia è scritto: non ci saranno più reclusi per reati amministrativi. Bisogna realizzare il programma. Sulle alleanze militari, ripeto che dobbiamo definire una nuova politica estera per superare e ripensare in toto la nostra presenza in Afghanistan ad esempio. Vale anche per i trattati commerciali e tutto il resto.
Angela Azzaro: Ci sono le condizioni per riprendere una battaglia sul grande rimosso di questa campagna elettorale, cioè la legge 40 sulla fecondazione assistita, e qual è il punto di non ritorno per Rifondazione?
Ribadisco quanto sempre detto: la Legge 40 è una norma medievale, nata dall’ossessione di legiferare sul corpo delle donne da parte di una casta sacerdotale e politica tutta maschile. Bisogna riprendere questa battaglia da dove l’abbiamo persa. E lo stesso vale per i Pacs. Qualsiasi norma che si contrappone così violentemente ai desideri, ai bisogni, alle esperienze concrete è destinata ad essere trasgredita perché quando sei contro i sentimenti non ci sono regole che tengono e Antigone andrà a riprendersi il corpo del fratello ucciso nonostante il divieto. Un conto sono le legittime opinioni di tutte le gerarchie e istituzioni un conto è l’autonomia dell’iniziativa legislativa del Parlamento. Su questi punti saremo molto attivi.
Rifondazione e Sinistra europea
Piero Sansonetti: Quale assicurazione abbiamo che questo passaggio storico non sia la fine dell’anomalia specialissima di Rifondazione, unico partito in questi dieci anni fuori dal pensiero unico?
La domanda è giusta, anche se è come dire: iniziative e compiti per il prossimo decennio. Ma non mi sottraggo. La nostra attività e prospettiva strategica non si esaurisce e non si neutralizza in assetti istituzionali e in ipotesi di governo. La nostra identità e il nostro percorso stanno nel lavoro capillare di costruzione di nuova società, con movimenti, associazioni... ovvero la costruzione del paese altro da quello evocato nell’ultima campagna elettorale dal centrodestra. Per questo acceleriamo il tema della rifondazione comunista e costruiamo al contempo una nuova soggettività politica come la Sinistra europea con realtà e persone dell’ambientalismo, del femminismo, del cattolicesimo sociale, dei movimenti pacifisti e del lavoro. Un tempo si sarebbe detto: governo relativamente debole e impegno nella società molto forte. Oggi diciamo che il governo non è il fine ma lo strumento per conseguire risultati che non siano contradditori con la nostra impostazione e con il tentativo di ridefinire la sinistra in Italia. Per questo sento un’ambizione più grande: un orizzonte della sinistra alternativa che viva nella società.
Castalda Mustacchio: nella Sinistra europea le porte sono aperte anche ad altri partiti?
Abbiamo sempre pensato a un progetto legato non a sigle e ceti politici ma ad esperienze reali. Le modalità le decideremo insieme in maniera aperta con singoli, movimenti, esperienze sindacali, associative, femminismi e anche partiti se condividono il progetto. Il punto è come si interrogano le soggettività. I nostri risultati sono buoni dove esistono forme di autorganizzazione, di partecipazione e protagonismo alternativo della società. La spoliazione di socialità, comunicazione e relazione di questo capitalismo ha approfondito il richiamo greve all’individualismo, noi dobbiamo tornare a nominare il nostro popolo. La difficoltà della campagna elettorale è stata questa. Quando è in campo l’immagine e la forza di una comunità solidale si vince. Come in Puglia dove si è fatto vivo un popolo. Se non c’è alternativa, si possono anche ottenere buoni risultati, ma le destre prendono il sopravvento.
Stefano Bocconetti: Ma il partito è attrezzato per il salto verso la Sinistra europea o siamo ancora all’ancoraggio alle correnti del passato?
Nel partito ho trovato tanta ricchezza e disomogeneità, senza remore dico che dobbiamo recuperare tutti i ritardi e oltre che enunciare il rinnovamento, produrlo. Dove è stato fatto i risultati ci sono. Investiremo sul partito per costruire nuove forme di intervento, relazioni e comunicazioni nei territori e in esperienze sociali e culturali anche di segno diverso da come le abbiamo finora conosciute. Penso a strutture aperte e relazioni di prossimità anche fisica.
Claudio Jampaglia: Cosa vuole dire “segretario di transizione”, quanto tempo resterai in carica?
Credo con grande sincerità che questa transizione non possa avvenire seguendo la forma di direzione precedente. Abbiamo avuto la fortuna di crescere con un segretario con una grandissima forza culturale e politica, che ci ha fatto superare strettoie e scogli che avrebbero stroncato molti altri e ora vorremmo addirittura rifondare la sinistra, senza di lui non potremmo. Fausto resta inimitabile. Quindi la mia gestione sarà collegiale e assocerà le realtà decentrate come laboratorio di costruzione di una direzione politica radicalmente diversa. Partecipazione e collegialità, perché in mare aperto siamo tutti al timone. In giro per l’Italia ci sono tanti quadri bravissimi e dobbiamo fare leva su questi e puntare alla generazione di Genova. Sento l’orgoglio di appartenere a un’organizzazione che ha una generazione di quadri forgiati nell’iniziativa sociale e politica. Personalmente non mi sento precario e credo non sarebbe utile che mi sentissi tale.
Checchino Antonini: Quale terreno d’innovazione per Rifondazione?
Penso a quattro aspetti. L’innovazione si giocherà sul partito, sul territorio e sulle forme di intervento per tradurre e mettere in relazione le esperienze diverse e plurali di questi anni con l’articolazione dei territori. Ovvero “il paese nel paese”, per usare una metafora pasoliniana. » la nostra risposta alla crescita di solitudine, perdita di senso e isolamento di parte della società italiana. Il secondo riguarda la rifondazione comunista da accelerare. In tutto il secolo scorso abbiamo giustamente investito sul termine uguaglianza e penso che ora dovremmo provare a coniugarla con un secondo termine: liberazione. Senza entrambi oggi non sarebbe possibile il superamento dell’alienazione e nemmeno comprendere l’organizzazione del lavoro o la differenza di genere. Il terzo punto riguarda l’innovazione politica e culturale della nonviolenza come idea di trasformazione dei rapporti di forza, delle relazioni tra gli individui e come leva di trasformazione dei rapporti sociali. La nonviolenza è la metafora di una radicalità senza scorciatoie e conquiste di palazzi d’inverno. E, infine, la costruzione della Sinistra europea: promuoveremo entro l’estate un’iniziativa sulla società italiana e le sue paure e poi in autunno ci sarà la vera fase costituente della sezione italiana. La Se sta diventando il terminale di una domanda enorme di soggettività, nella politica, nella società, nel sindacato, nell’esperienza dei movimenti e dell’associazionismo. Una domanda lineare e limpida che può aiutare a chiarire finalmente il campo della sinistra riformista o della sinistra d’alternativa, due orizzonti storici e strategici diversi. Come dire forma e rivoluzione e noi stiamo con la rivoluzione.
Lea Melandri: la politica si è costruita attraverso una comunità storica di soli uomini, oggi democraticamente corretta da presenze e quote. Se il soggetto storico della politica non si interroga sulla propria appartenenza a un sesso, nulla cambierà. Ci vuole un ripensamento dei modi, dei linguaggi, dei poteri della politica. Nonostante gli sforzi comuni e il lavoro del Forum donne del Prc, perché ci sono così poche donne?
Comincio a diffidare degli uomini culturalmente affini al femminismo che evitano di fare l’unica cosa che dovrebbero, ovvero interrogarsi sui propri limiti maschili e personali. Senza coscienza della parzialità del maschile non approderemo a nulla. E credo un tema di approfondimento importante sia nella critica alle forme di narcisismo che si accompagnano al maschile. Siamo sempre stati sotto gli sguardi accoglienti delle donne che ci hanno allevato e coccolato e li ricerchiamo permanentemente diventando lo specchio della relazione con l’altro sesso e dimenticando la costruzione della nostra soggettività.