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Giordano protesta con Prodi: "Riconosca il ruolo di Rifondazione"
Publie le venerdì 9 giugno 2006 par Open-Publishingdi Stefano Bocconetti
Polemica e forti tensioni dopo l’intervista-gaffe del premier a un giornale tedesco
Una brutta storia. Un brutto silenzio. E poi ancora una brutta intervista. Più una smentita così e così, di quelle che suonano un po’ obbligate. Della serie: non avevo voluto dire esattamente così, l’aggettivo andrebbe spostato due righe sopra, ecc. Insomma, alla fine, anche una brutta smentita. Tutte cose che messe assieme suonano quasi come una sfida per Rifondazione. E allora, ce n’è quanto basta, perché il segretario del Prc, Franco Giordano, se ne esca chiedendo che si metta fine all’intera querelle. Ridando a Rifondazione quel che è di Rifondazione. «Credo che sia giusto riconoscere il contributo decisivo e prezioso, oltre che determinante, del partito della Rifondazione Comunista alla costituzione di un governo alternativo a quello delle destre ed alla definizione dei suoi contenuti programmatici. Ed è bene che il presidente del Consiglio lo dica chiaro e forte». In serata Prodi, da Firenze, risponde così alla richiesta. «Trovo difficile parlare di una polemica che non è mai esistita. Sottolineo ancora una volta il grande lavoro di squadra e l’ottimo inizio di attività del governo, di cui fanno parte a pieno titolo e con persone di valore i comunisti italiani, Rifondazione e la Rosa nel Pugno». Sarà sufficiente a placare le polemiche?
La brutta storia di cui si parla, l’inizio della brutta storia di cui si parla è - com’è facile capire - quella che ha portato il dipietrista Sergio De Gregorio ad essere eletto coi voti della destra presidente della Commissione difesa del Senato al posto di Lidia Menapace, candidata dell’Unione. Ma poi ci sono le altre due brutte vicende, legate alla prima: quelle che definiscono il silenzio di Prodi su questa storia (ieri mattina i quotidiani più “informati” degli altri abbozzavano un retroscena dove si raccontava che il premier s’è limitato a convocare Di Pietro per chiedergli di tenere a bada i suoi, tutto qui) e l’intervista che sempre il Presidente del Consiglio ha concesso al settimanale tedesco Die Zeit. Che a conti fatti, è suonata ancora più grave del mini-ribaltone al Senato.
Intervista dove non c’è una parola sul caso De Gregorio ma dove il premier parla un po’ di tutto. Di tutto il resto. Con un linguaggio insolito per un navigato rappresentante delle istituzioni come lui. Dove si lascia andare a battute un po’ qualunquiste sui tempi della politica (noi stiamo male ma anche voi tedeschi non state meglio), dove tenta analisi politiche sui cinque anni di governo delle destre (il berlusconismo ha sistematicamente cambiato il popolo italiano). Dove si avventura in improbabili paralleli con la Grosse Koalition della Merkel. Ed è proprio in questa parte, - sempre parlando delle differenze-analogie fra la situazione italiana e quella tedesca - che se ne esce così: «Noi abbiamo solo più folklore, Rifondazione, i comunisti italiani. Ma a confornto di Lafontaine è qualcosa di abbastanza innocuo».
Da qui, comincia il balletto delle smentite. Una è addirittura dell’altra sera, quando le agenzie (anticipando l’uscita di Die Zeit) avevano fatto a dire a Prodi che il «berlusconismo aveva schiavizzato l’Italia». Immediata levata di scudi dell’opposizione e prima rettifica: «Mai usato quell’espressione» (per altro confermata dal direttore del settimanale).
Poi, ieri quando si è potuto leggere integralmente l’intervista, il fastidio è cresciuto. Espresso in molte dichiarazioni: da quella di Michele Di Palma, segretario dei giovani comunisti(«Se il governo non agirà in tempi brevi sulla chiusura dei Cpt e per il ritiro delle truppe dall’Iraq, Prodi si ritroverà tante manifestazioni di folklore sotto Palazzo Chigi»), a quella di Gennaro Migliore: «Siamo esterefatti». Da quella di Claudio Grassi, anche lui deputato del Prc, rappresentante della minoranza più cospicua del partito, l’Ernesto («Ricordo solo che il Prc è stato fondamentale per sconfiggere Berlusconi») a quella del capogruppo a Palazzo Madama, Russo Spena: «Le parole di Prodi nascondo forse il desiderio di qualcuno di emarginarci?». Ma il fastidio è stato espresso anche in mille altri modi. Per esempio con la richiesta -avanzata dai capigruppo del Prc - di una verifica. Di una verifica politica. Quella in cui i leader delle varie forze che compongono l’Unione si mettono attorno ad un tavolo e discutono. Per capire come sia stato possibile che si sia verificato un caso come quello della commissione Difesa, con tutto quello che si è portato dietro. E il fastidio, il disappunto si sono espressi anche in modi informali. Chi l’ha visto, ieri, racconta per esempio di un Presidente della Camera irritato. Di un Fausto Bertinotti assai irritato. Non tanto per questo o quel passaggio ma per l’intera intervista, per i toni superficiali che la segnano, per la filosofia che sembra esservi sottesa.
Irritazione che è cresciuta in tutti quando l’ufficio stampa di Prodi ha diffuso una smentita. Meglio: un tentativo di smentita. La nota di Palazzo Chigi - nel tardo pomeriggio, forse anche i tempi hanno un senso in questa vicenda - dice che la frase esatta di Prodi era questa: «Ho seguito con cura ogni passaggio per la formazione del governo tedesco e posso dire che è stato più faticoso del nostro. Il nostro è più folkloristico. Avere partiti che si chiamano Prc e Pdci... Dal punto di vista dei comportamenti, esaminando punto per punto del programma, il comportamento dei Comunisti italiani e del Prc ha molto più senso di responsabilità che non alcune correnti estremistiche tedesche, che non Lafontaine».
Parole, insomma, un abbozzo di correzione che non hanno cambiato di una virgola la situazione. Al punto che, si dice, Bertinotti a questo punto abbia preso il telefono per chiamarlo. Provandogli a spiegare che le risposte alle domande della Die Zeit disegnavano una situazione imbarazzante, assai difficile da sostenere per il secondo gruppo parlamentare della coalizione. E che le smentite su singoli aggettivi - smentite di quel tipo, poi - avrebbero ingarbugliato ancora di più la situazione. Come uscirne? Con la riaffermazione, da parte del premier, del ruolo svolto, del rilievo che ha avuto e che avrà Rifondazione nella coalizione. Richiesta politica, insomma.