Home > Gli scandalosi salari dei top manager. Anche se "toppano"
Gli scandalosi salari dei top manager. Anche se "toppano"
Publie le martedì 14 ottobre 2008 par Open-PublishingGli scandalosi salari dei top manager. Anche se "toppano"
di Valerio Venturi
La grande depressione è tornata. Ma mentre le banche scricchiolano e i cittadini si preoccupano, i big manager delle imprese fallimentari banchettano a champagne e caviale, incuranti del mondo che affonda nella crisi. Gli americani si sono scandalizzati quando hanno scoperto che i ‘capitani’ della Aig, compagnia assicurativa salvata dal governo, hanno intascato 40 milioni di euro nonostante la situazione tragica in cui versava la loro company. Lo "shame on you" pronunciato dal democratico Elijah Cummings ha raggiunto Martin Sullivan e soci mentre si ritempravano: «È colpa dello tsunami finanziario, non nostra», hanno fatto sapere dal centro benessere con golf che li ha ospitati per una vacanza tra ‘c.e.o’ da 500mila dollari.
E in Italia, le cose come vanno? Provano a fare il punto della situazione Gianni Dragoni, inviato de Il Sole 24 Ore , e Giorgio Meletti, responsabile della redazione economica del Tg La7 , autori del libro La Paga dei padroni , uscito con tempismo perfetto per i tipi di Chiarelettere (euro 14,69 pp.278). Decidono di partire da un dato inconfutabile e ‘parlante’: l’entità dei salari dei capitani d’industria italiani.
L’analisi è più o meno tra le righe: la Borsa, solo nel 2007, ha perso l’8% circa del valore, i redditi sono rimasti al palo. Nel frattempo, i responsabili top manager hanno ricevuto aumenti a salari che rappresentano già di base veri schiaffi alla miseria. Nessun "mea culpa" per certi risultati meschini; le colpe degli insuccessi vanno sempre cercate altrove: negli scenari macroeconomici, raccontati con gergo bilancistico e bizantinismi; oppure nell’atteggiamento irresponsabile di lavoratori pubblici, piccoli imprenditori, dipendenti, operai, sindacalisti.
C’è da riflettere, se è vero che lo stipendio di Alessandro Profumo, amministratore delegato di Unicredit, è cresciuto del 39% nell’ultimo anno mentre il valore di mercato delle azioni del suo gruppo scendeva del 17%. In un giorno, ha guadagnato quello che i lavoratori dipendenti hanno ricevuto in un anno; dodici mesi suoi contro 365 anni di un comune mortale, e per avere risultati non esaltanti. Va spesso così, in Italia; ma molti manager, banchieri e capitalisti non se ne curano: per Maletti e Dragoni, sono loro i veri "intoccabili" degli ultimi anni, i membri di una casta benedetta da Mediobanca che resta immune da ogni responsabilità e che ha regole di vassallaggio precise.
La Paga dei padroni spiega tutte queste cose e ha indubbi meriti stilistici: contiene una mole impressionante di dati; soprattutto propone cifre che parlano. Anzi: urlano.
Gli stipendi della nostra classe dirigente servono non solo a suscitare morbosità, ma a svelare "nero su bianco" le sproporzioni esistenti nel capitalismo italiano: un luogo ‘chiuso’ abitato da pochi noti: Ligresti, Pesenti, Berlusconi, Moratti, Agnelli, Colaninno, Romiti, De Benedetti, Caltagirone, Benetton... Sempre gli stessi; alcuni sono tra i "salvatori" di Alitalia.
Le nostre dinasty, spiegano i due giornalisti, pensano più alla finanza che all’industria, sono preoccupate più di mantenere il potere che a far prosperare imprese. Per tali imprenditori il sole dell’opportunità non tramonta mai; si fa impresa senza assumersi i rischi, usando gli strumenti della finanza creativa, mettendo a repentaglio i risparmi di migliaia di persone - vedi Parmalat; tanto le banche foraggiano, e se le cose non vanno ci si ricicla spostandosi di qua o di là; le buonuscite non mancheranno mai. Nel frattempo si piazzano in ruoli chiave figli, cugini, amici e amici degli amici.
E alla fine? Alla fine si torna all’inizio: alle cifre lapidarie e non emotive che svelano la realtà del capitalismo di rapina made in Italy, spacializzato nella "Distruzione del valore".
La convinzione che sta alla base di La paga dei padroni di Maletti e Dragoni è che ad ogni fatto economico e sociale si accompagna una questione etica: se i nuovi oligarchi incassano anche senza fare goal, perchè gli altri devono accontentarsi dei livelli retributivi tra i più bassi dell’Unione Europea? Leggeremo, dimenticheremo, come sempre. Good night and good luck.