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Grillo, il cosa e il come

Publie le giovedì 13 settembre 2007 par Open-Publishing
11 commenti

Su Beppe Grillo ho tutta una serie di riserve che riguardano il cosa e il come. Spunti per una riflessione, niente di più: Grillo è ormai un tesoro nazionale come ( fatevi da soli il paragone: è la "democrazia dal basso" ) e a caval donato non si guarda in bocca. Certo non mi auguro che finisca come Benigni, a declamare Dante in braccio a Mastella. ( Il Benigni di vent’anni fa si sarebbe fatto prendere in braccio da Mastella solo per pisciargli addosso. E una volta l’ha fatto! Bei tempi. )

AVVERTENZA AI FIGLI DI BUONA DONNA

I figli di buona donna che allignano nei bassifondi della repubblica mediatica saranno tentati di strumentalizzare questo post ( " LUTTAZZI CONTRO GRILLO " ) per dare addosso in modo becero a Beppe, come hanno già fatto inventandosi l’insulto a Marco Biagi durante il V-day. L’alternativa è che me ne stia zitto per evitare l’ennesimo circo: ma dovete ammettere che il tema è troppo interessante; e tacere sarebbe, in fondo, come subire il ricatto dei figli di buona donna. Ho aspettato tre giorni, così almeno ho evitato il rendez-vous immediato. ( L’informazione all’italiana prevede infatti: giorno uno, la notizia; giorno due, la polemica; giorno tre, i commenti sulla polemica; giorno quattro: parlare d’altro. E invece eccomi qua. ) Se questa precauzione non dovesse bastare, vorrà dire che chi ne approfitterà finirà dritto dritto in uno speciale elenco dei bastardi che mi stanno sulle palle. ( Sul quaderno apposito ho già scritto " volume uno ". )

IL COSA

In soldoni, la proposta di legge per cui Grillo ha raccolto 300mila firme mi sembra che faccia acqua da tutte le parti.

Primo, perchè un parlamentare con più di due legislature è una persona la cui esperienza può fare del bene al Paese. Pensiamo a gente del calibro di Berlinguer o di Pertini ( talenti che non ci sono più, ma questo è un problema che non risolvi con una legge, ci vorrebbe il voodoo ). Grillo li manderebbe a casa dopo due legislature, in automatico. Perchè "i politici sono nostri dipendenti." Le accuse di populismo che gli vengono rivolte sono qui fondatissime, specie quando le rigetta usando non argomenti che entrino nel merito, ma lo sfottò, che è sempre reazionario. ( "Gli intellettuali con il cuore a sinistra e il portafoglio a destra hanno evocato il qualunquismo, il populismo, la demagogia, uno con la barba ha anche citato, lui può farlo, Aristofane, per spiegare il V-day. " Non è "uno con la barba": è il sindaco di Venezia Massimo Cacciari, filosofo, che ha espresso civilmente il suo parere contrario, argomentando. )

Due, perchè chi è condannato in primo e secondo grado non lo è ancora in modo definitivo. In Italia i gradi di giudizio sono tre. Il problema da risolvere è la lentezza della giustizia. I magistrati devono avere più mezzi, tutto qui. ( "Tutto qui" è ovviamente l’understatement del secolo. )

C, perchè poter esprimere la preferenza per il candidato ha dei pro e dei contro che si bilanciano ( come capita nel modo attuale ). In passato, ad esempio, poter esprimere la preferenza non ha impedito ai partiti di far eleggere chi volevano ( collegi preferenziali eccetera ) . Nè ha impedito alla gente di scegliere, col voto di preferenza, degli autentici filibustieri.

L’illusione alimentata da Grillo è che una legge possa risolvere la pochezza umana. Questa è demagogia.

Ma non è solo il cosa. E’ soprattutto IL COME. Un esempio: dato che Di Pietro ha aderito alla sua iniziativa, Grillo ha detto:-Di Pietro è uno per bene.- Brrrr. Quindi chi non la pensa come Grillo non lo è? Populismo.

L’anno scorso, a Padova, gli "amici di Grillo" avevano riempito il palazzetto dove avrei fatto il mio monologo con volantini WANTED che mostravano la foto dei politici condannati. Li ho fatti togliere spiegandone la demagogia: gli amici di Grillo puri e buoni contro i nemici cattivi. Quando arriva Django?

Lenny Bruce sosteneva, a ragione, che chi fa satira non è migliore dei suoi bersagli. Se parli alla pancia, certo che riempi le piazze, ma non è "democrazia dal basso": al massimo è flash-mobbing.

AMBIGUITA’
Grillo si guarda bene dallo sciogliere la sua ambiguità di fondo: che non è quella di fare politica ( satira e teatro sono politici da sempre, anche se oggi c’è bisogno di scomodare Luciano Canfora per ricordarcelo ) ( -Canforaaaaa!- ), ma quella di ergersi a leader di un movimento politico volendo continuare a fare satira. E’ un passo che Dario Fo non ha mai fatto. La satira è contro il potere. Contro ogni potere, anche quello della satira. La logica del potere è il numero. Uno smette di fare satira quando si fa forte del numero di chi lo segue. Grillo il problema manco se lo pone. ( La demagogia è naif. Lo sa bene Bossi, che ieri gli ha pure dato dell’esagerato: perchè una cosa sono i fucili, una cosa ben diversa è il vaffanculo. )

Scegli, Beppe! Magari nascesse ufficialmente il tuo partito! I tuoi spettacoli diventerebbero a tutti gli effetti dei comizi politici e nessuno dei tuoi fan dovrebbe più pagare il biglietto d’ingresso. Oooops!

 I partiti sono il cancro della democrazia.- dice Grillo, servendosi di una cavolata demagogica che era già classica all’epoca di Guglielmo Giannini. Come quell’altra, secondo cui " in Italia nulla è cambiato dall’8 settembre del 1943 ". Ma va’ là!

Adesso Grillo esalta la democrazia di internet con la stessa foga con cui dieci anni fa sul palco spaccava un computer con una mazza per opporsi alla nuova schiavitù moderna inventata da Gates. La gente applaudiva estasiata allora, così come applaude estasiata ora. Si applaude l’enfasi.

Il marketing di Grillo ha successo perchè individua un bisogno profondo: quello dell’agire collettivo. Senza la dimensione collettiva, negata oggi dallo Stato e dal mercato, l’individuo resta indifeso, perde i suoi diritti, non può più essere rappresentato, viene manipolato. E’ questo il grido disperato che nessuno ascolta. La soluzione ai problemi sociali, economici e culturali del nostro Paese può essere solo collettiva. A quel punto diventerebbe semplice, anche per Grillo, dire:- Non sono il vostro leader. Pensate col vostro cervello. Siate voi il cambiamento che volete vedere nel mondo.-

POST-SCRIPTUM ( 12/9 )

Oggi su Repubblica c’è un refuso simpatico a pag.27:

" (...) il rinvio evita la reazione della piazza, dei fans del V-day di Brillo (...) "

http://www.informationguerrilla.org/rd.php/www.danieleluttazzi.it/node/309

Messaggi

  • Un sabato qualunque, un sabato italiano

    Ne hanno parlato i tg. Due o trecento mila presenze in piazza a Bologna. Una rete satellitare dedicata, a seguire in diretta l’evento. Lui dirà dal suo blog di non essere stato considerato a sufficienza. Il suo pubblicò annuirà convinto. Quel che vogliono sentirsi dire. Ostracismo da casta.

    Passare in rassegna i nomi dei panzoni della politica di professione. Metterli alla berlina e con ognuno procedere ad un sommario pelo e contropelo. Il salone di barbiere di Beppe Grillo piace. Affascina. Ingolosisce.

    Basta vedere le immagini dei giovanotti in estasi. La generazione passiva, quella che – pur senza mai mettere piede in una sezione di partito – pretende di designare candidati e strategie; quella che definisce “corrotti” i dirigenti e “mafiosi” i sindacalisti, ma non ha tempo né fiato per approfondire le dinamiche; quella che giudica con l’accetta, senza il cruccio della partecipazione.
    L’estasi dei volti dinanzi al patrono.

    Romano, molto romano, nella sua magniloquenza da tribuno, il nuovo vate. Popolo plaudente.

    Ma il “male assoluto” non è nelle proposte quanto nell’incapacità di sistematizzare, da parte nostra, una critica codificata. Comprensibile.

    Lo sguardo di quelli che se parli di “qualunquismo”, di “neopopulismo”, di “demagogia”, rispondono come studenti dinanzi a una formula matematica. E, dopo aver scorso l’intero database, non vi trovano riferimenti plausibili. File not found. Il pericolo primo, il peccato originale della comunicazione: la mancanza d’abicì, d’educazione politica, l’anti-politica. Convertito in radicale rifiuto. Come certi single disperati che fanno di tutto per spacciare il loro status per libera scelta.

    Noi temiamo l’antipolitica, come i Gremlins temono l’acqua piovana. Quell’impasto rudimentale di rancore, primordiale rivendicazione, frustrazione senza progetto che – volenti o nolenti – spalanca le porte al cesarismo, al bonapartismo, agli uomini della provvidenza, che spuntano dagli anfratti più reconditi (Grillo l’avevamo lasciato comico e per poco non lo ritroviamo santone di una setta elettoralmente vicina al 10%) per “guidare il malessere”. Verso un nuovo malessere, il malessere del populismo che si fa sistema. Quel che vogliono sentirsi dire.

    Tre petizioni per leggi d’iniziativa popolare. Un fottio di firme.

    “No ai 25 parlamentari condannati in Parlamento - Nessun cittadino italiano può candidarsi in Parlamento se condannato in via definitiva, o in primo e secondo grado in attesa di giudizio finale”.

    Daniele Farina alla gogna come bombarolo, solo alfabeticamente citato prima di Previti e dopo altri dieci o dodici tangentisti, furbetti e camorristi. Solito urlo dalla folla. Nessun distinguo. La pia illusione che non sussistano contromosse possibili, che non esista una mafia bianca, pulita come un neonato nella nurcery. O la grande suggestione delle ricchezze innocenti, senza spargimento di sangue. Che queste non possano rappresentarsi a Montecitorio. Stereotipo da bettola.

    “No ai parlamentari di professione da venti e trent’anni in Parlamento - Nessun cittadino italiano può essere eletto in Parlamento per più di due legislature. La regola è valida retroattivamente”.
    Come se la casta s’autoimponesse ad una massa stordita. Come se l’elettorato non fosse di suo, stordito. Come se la gioventù fosse un valore assoluto, certificabile. E la scarsa durata agli scranni una garanzia di qualità. Che tra certi vecchietti capaci e certi giovani d’aperitivo e cocaina, si debba per obolo anagrafico preferire i secondi. Scacciando dalla mente le clientele e il sadomasochismo: gli abitanti di Nusco che suffragano di voti De Mita, quelli di Ceppaloni che agghindano d’alloro Mastella, la gloria patria. Unica soluzione: il napalm. Altro che partecipazione popolare.

    “No ai parlamentari scelti dai segretari di partito - I candidati al Parlamento devono essere votati dai cittadini con la preferenza diretta”.

    E allora che i Grilli qualunquisti prendano possesso dei partiti, li vivano, li destrutturino, li ricompongano come mattoncini Lego. Strappino dirigenze e posti-chiave. Tornino alla militanza, all’attivismo di strada. Nel nome di un progetto, e non di un tiramento.

    Con quale voce in capitolo un partito – sebbene esangue – dovrebbe sottoporsi al giudizio della cittadinanza passiva quando la cittadinanza passiva fa di tutto per annichilire i partiti?
    La mancanza di partecipazione privatizza la politica.

    E difficilmente la causa del male può fungere da placebo del male stesso.

    L’origine del qualunquismo grilliano è nelle domande che pesano: se nessuno rubasse (dinanzi a popoli barbari che percepiscono la ruberia come moralmente più grave dello stragismo), se il capitalismo scorresse fluido tra le dita di amministratori capaci ed etici... sarebbe questo un buon sistema nel quale vivere? E, nell’era del superpotere del capitale finanziario, un capitalismo retto da talebani della morale avrebbe le carte in regola di sfuggire ai crack, ai dissesti e ai disastri? Le carte in regola per evitare lo scempio e la rapina d’interi continenti? Ovviamente no. Tutt’al più si potrebbe ambire ad uno scempio eticamente guidato. Socialdemocraticamente (o corporativisticamente) moderato. Vi andrebbe bene, grilli?

    Di fondo, nel popolo del V-day, vi è una sopravvalutazione della Politica, del Sistema Politico e della funzione parlamentare. I grigi funzionari presi a pomodori in faccia hanno di che goderne. Considerati come sono non semplici gestori di un sistema naturalmente ingestibile, ma attori di primo piano, determinanti, finanche creatori dello sviluppo. Semplicemente ridicolo. Offensivo, quando non tragicomico. Fumo negli occhi degli allocchi e dei neofiti. Ruffianeria a basso costo per orecchie predisposte. E ancora: frustrazione vissuta collettivamente, pericolosamente. Quel vago eppure percettibilissimo sentimento fisico di non contare nulla. Accompagnato da quel controcanto altrettanto fisico, percettibile e vago, che ti sussurra all’orecchio che anche in un mondo diverso da questo, completamente rovesciato (come le tasche dei malfattori), non conteresti nulla lo stesso. Certo, c’è la beatitudine dell’outing. Ma nulla di esaltante nell’andare a confessare in giro che polvere si era e polvere si è. Il qualunquismo è l’un, due, tre, stella! d’ogni agire politicamente
    orientato: tutti sono ladri! Tutti sono meschini! È giunto il tempo di dire basta! di farla finita con tutto e con ognuno!

    Beppe Grillo parla a loro.

    A questa umanità stanca. A questa umanità che delega e malsopporta, che ritiene l’appropriazione indebita più volgare della strage di Stato. A questa umanità rabbiosa, incapace di costruire valvole di sfogo. Se non l’urlo della disperazione, dell’impotenza. Grillo spara nel mucchio. Il Vaffanculo-Day. Per ricordare che dal 1943 non è cambiato niente. Ieri il re in fuga e la Nazione allo sbando, oggi politici blindati nei palazzi immersi in problemi “culturali”.

    L’antipolitica, le soluzioni facili e apparentemente definitive, lo sfogo senza sostanza, il vomito senza progettualità, non sono in nulla e per nulla assimilabili alla nostra lotta. il qualunquismo è un nemico, è bastione di classe, tanto più pericoloso quanto più solletica ed affascina la voglia di riscatto dei senza parte. Il qualunquismo è fascismo in potenza. Diffidiamone senza sorridere, giacché il sorriso sarebbe un primo riconoscimento che non ci va di fornire.

    Collettivo "Jacob" - Foggia

    * 09/09/07 - estratto da “Plebe” n.23

    www.agitproponline.com

  • perchè non organizziamo il calderoli porco day? le regole sono le stesse della caccia alla volpe. l’obiettivo è però la cattura di questo esemplare suinide padano. il vincitore, dopo aver indossato una finta barba da imam avrà il piacere di squartarlo in 2 con una scimitarra. previsti numerosi premi di consolazione (porchetti arrosto, rotoli di carta igienica con la faccia del suddetto porco, pompini da miss padania,...)

  • Mi dispiace caro Daniele ma purtoppo le tue "avvertenze ai figli di buona donna" non sono servite a granchè...Aldilà di ciò che dice Sbaraglia (più o meno condivisibile) che titolo del cazzo, robaccia stile Espresso/Panorama...

    http://www.aprileonline.info/4546/comici-contro

    Comici contro

    Emiliano Sbaraglia, 13 settembre 2007

    A circa una settimana dal V-day non si è spenta ancora l’eco della manifestazione organizzata dal comico genovese, che ora viene criticato anche da un altro censurato illustre, Daniele Luttazzi, che lo taccia esplicitamente di populismo. Interviene anche Sabina Guzzanti, cercando di smorzare i toni della polemica

    La notizia è Daniele Luttazzi che attacca Beppe Grillo, e lo critica proprio sulle famose tre proposte da sottoporre in Parlamento. Lo accusa esplicitamente di fare populismo, di tracimare la sua capacità di coinvolgimento collettivo in demagogia pura.

    Luttazzi ha inviato al sito internet di Micromega tre pagine, nelle quali vengono meticolosamente smontate le proposte provenienti dal V-day. Il comico non è ad esempio d’accordo sul limite delle due legislature, ritenendo che "l’esperienza può essere utile"; considera un errore il divieto di elezione per chi è condannato in appello, perché "i gradi di giudizio sono tre e il problema è la lentezza della giustizia". E non condivide neanche il terzo punto della legge d’iniziativa popolare, che tanta discussione politica ha sollecitato, vale a dire il ritorno al voto di preferenza. Ma secondo Luttazzi, questa soluzione negli anni scorsi non ha impedito ai partiti "di far eleggere chi volevano né impedito di scegliere autentici filibustieri". La chiusura è al vetriolo: "Se parli alla pancia certo che riempi le piazze, ma non è democrazia dal basso: è flash mobbing". Poi la frecciata nel suo stile classico: "Scegli, Beppe! Magari nascesse il tuo partito... I tuoi spettacoli diventerebbero davvero dei comizi e nessuno dovrebbe pagare il biglietto. Oooops"...

    Su un altro sito, quello dell’associazione Articolo 21, un’altra "epurata" di lusso, Sabina Guzzanti, da poco tornata alla ribalta dopo la presentazione del suo "Le ragioni dell’aragosta" all’ultima Mostra del cinema di Venezia, interviene nella polemica.
    "E’ importante che artisti e intellettuali si assumano delle responsabilità nella misura in cui hanno la visibilità giusta per poterlo fare -sono le parole dell’attrice-; possono svolgere dunque opera di sensibilizzazione sul pubblico, ma non possono certo sostituirsi alla politica". La Guzzanti cerca di specificare meglio la sua posizione: "Si tratta di fornire rappresentatività a tutti coloro che non si sentono rappresentati, convogliando energie che rimangono inespresse".
    Quasi volendo ricomporre la distanza tra Grillo e Luttazzi (entrambi tra l’atro presenti nei link consigliati dal suo sito), la protagonista di "Viva Zapatero" sembra dunque condividere le iniziative portate avanti dal comico genovese, cercando però di ben delineare i confini che deve rispettare in ambito pubblico in base alle specifiche professionalità e competenze. In sostanza, se fossimo in un paese normale, chi fa il comico dovrebbe continuare a fare il comico, chi fa il politico dovrebbe fare il politico, o almeno provarci sul serio.

    Che poi nel nostro paese questi due ruoli sempre più spesso vadano a scambiarsi e confondersi con estrema disinvoltura, potrebbe essere la dimostrazione tangibile del grado di furbesca inettitudine raggiunto non soltanto da alcuni di coloro che tali ruoli ricoprono, ma anche da parte di chi li osserva, li segue, li paga. E in certi casi vota pure per loro.

    • Beh, se si deve tornare alle origini, Berlusconi faceva il cantante di piano bar..
      e Bossi era elettricista per corrispondenza..
      Bertinotti era quel sindacalista che non ha mai concluso un contratto in vita sua, praticamente un sindacalista fallito, e Maroni può tornare all’organo Hammond per i « Distretto 51".
      Voitila era un eccellente attore teatrale. Ma chi l’ha detto che per fare il politico bisogna nascere politici? Casini?

      viviana

    • Luoghi comuni ...

      Non è affatto vero che Bertinotti non abbia mai concluso accordi, ne ha invece conclusi di pessimi, a partire da quello della Fiat dell’autunno 1980 ...

      Casomai il paragone giusto è Ronald Reagan, pessimo attore caratterista di Hollywood arrivato a fare il Presidente degli States ( bellissima la citazione di questa contraddizione nel film "Ritorno al futuro", con Reagan ancora presidente).

      L’ho già detto, Grillo rappresenta benissimo un senso comune, un sintomo serio di una gravissima malattia sociale.

      Ma non può assolutamente essere lui ( e meno che mai i "grillini") il medico .....

      E credo che lui questa cosa la sappia benissimo .....

      I "grillini" invece no ... e quindi temo una loro strumentalizzazione ....magari da Montezemolo ... come il Berlusca fece dell’indignazione "antipolitica", all’inizio montata dalla Lega, successiva a Tangentopoli.

      Col risultato allucinante che ad interpretare politicamente e sfruttare a proprio vantaggio l’ira della "ggente" ( you remeber le allucinanti trasmissioni quotidiane di Funari ?) contro i metodi craxiani sia stato il principale socio in affari dello stesso Craxi.

      Ma la storia non insegna niente ?

      R.

    • Ma no, Grillo, a meno che non impazzisca improvvisamente lo sa benissimo di non essere un medico, è solo un megafono, di cose che ascolta attentamente, che sceglie col fiuto di un setter e su cui fa lavorare un sacco di esperti.
      Le stupidaggini che ho letto le può dire solo chi non lo conosce o chi ha tutto interesse a screditarlo. Oppure chi è caduto in ben altre estasi in passato e vede fuori il male di cui ha sofferto dentro. e di Ma come? Sono anni che si vive nel culto della personalità di questo o di quello e improvvisamente vi calano le braghe dalla paura del culto della personalità di uno come Grillo? Culto della personalità più, culto meno, dopo Stalin, Hitler, Voitila, Mussolini, Berlusconi, D’Alema, Bob Dilan, Elvis... dovreste essere corazzati ormai. ne avete passate di sudditanze psicologiche..! Siamo nel tempo dove la gente viene fatta santa subito in piazza, i piazzisti diventano uomini della Provvidenza e uno come D’Alema continua a passare per intelligente!? Un po’ di elasticità, che diamine! Tutto fa spettacolo! E’ la storia, bellezza

      viviana

    • E’ senz’altro vero che certa "tradizione comunista" ha avuto spesso, anche in Italia - pur senza arrivare alle follie ed alle tragedie di altri posti - la necessità assoluta del "culto dellla personalita".

      Come è anche vero che la politica ormai tutta "mediatica", la sbornia maggioritario/bipolarista seguita a Tangentopoli, la morte delle "ideologie" hanno persino accentuato questa tendenza, portando al punto che addirittura il leader della sinistra più culturalmente lontano da certa "tradizione comunista", Fausto Bertinotti, una volta diventato segretario del Prc. è diventato a sua volta "oggetto di culto".

      Tutte cose che, comunque, per chi mi conosce anche solo attraverso i miei interventi qui sopra, non riguardano minimamente il sottoscritto, vaccinato in questa dalle giovanili esperienze autonomo/anarcoidi ed anche da una certa naturale insofferenza a qualsiasi disciplina e quindi a qualsiasi autorità.

      E mi sembra pure che i vari Gianluca, Max ed anche gli altri che sono intervenuti qua sopra sull’argomento siano ben lontani dallo stereotipo del vetero-comunista "trinariciuto" ed in cerca di leaders maximi da adorare .....

      Tornando a Grillo, ribadisco che penso , al di là di certo "gigionismo" tipico del "guitto" ( nel senso nobile nel quale si definivano tali Eduardo o Dario Fo), che Beppe sia partito, in modo profondamente intelligente ( anche sull’uso di quella internet che anni fa "schifava" come strumento del "diavolo" Bill Gates) ed anche con le migliori intenzioni.

      In questi anni è sempre stato, sia pure a modo suo, all’interno dei "movimenti" reali, l’art.18, la guerra, la Tav, Vicenza, l’acqua, il precariato lavorativo e sociale e soprattutto, spesso in perfetta solitudine, è stato quello che ha "sputtanato" certi meccanismi economici e di borsa.

      E, con la stessa intelligenza , si era invece tenuto invece ben lontano dal fenomeno assai "effimero" e tutto basato sullo stereotipo delle persone "per bene" dei Girotondi degli anni 2003/2004.

      In questo senso e con questi precedenti positivi, avevo accolto con notevole simpatia la provocazione del Vaffanculo-Day, contribuendo in questi mesi a propagandarlo in vari modi ed aderendovi ufficialmente col sindacato di base in cui milito.

      Ma, nel periodo estivo, ho avuto la netta impressione che il "segno" di quella simpatica provocazione sia notevolmente cambiato.

      L’oggettica concomitanza con la campagna mirata sulla cosiddetta "casta" dei giornali Fiat e poi ( con buona pace del vegliardo Scalfari) anche del gruppo Repubblica/Espresso, l’assunzione del libro omonimo ( guarda caso scritto da due dipendenti di Montezemolo) come "bibbia" dei "grillini", l’abbandono totale ( salvo a qualche fugace accenno alla questione della precarietà) dei temi sociali e "di movimento", l’adesione ed il protagonismo nella campagna della parte più "forcaiola" dei vecchi Girotondi ( Travaglio, Pardi) ed anche un certo "delirio di massa" sempre più giustizialista e qualunquista che ha invaso il forum di Beppe, mi hanno fatto largamente cambiare idea sul giudizio politico da dare sulla scadenza del V-Day.

      E ancora di più mi sono apparse impraticabili e demagogiche ( e nel caso dei "gradi di giudizio" largamente incostituzionale) almeno due delle tre proposte di legge sulle quali si sono raccolte le firme lo scorso 8 settembre.

      Che, se assunte nella legislazione italiana nei decenni scorsi, avrebbero impedito l’accesso in parlamento di persone del calibro di Pertini, Berlinguer, Pio La Torre, Pannella e molti altri ....

      Poi, ripeto, sono ben cosciente del fatto che Grillo e i "grillini" riempiono un vuoto politico, quello lasciato da una sinistra che non fa mai, per dirla con Moretti, "qualcosa di sinistra" ma credo anche il vuoto politico lasciato da una destra naturalmente giustizialista e forcaiola che certamente non può più essere rappresentata dai Fini o dai Bossi, ormai sputtanatissimi "tappetini" del Caimano Berluskoni.

      E purtroppo, ripeto ancora, non è affatto detto che chi riempie i vuoti politici lasciati da altri abbia sempre e comunque una valenza positiva, al massimo rappresenta il sintomo della malattia, ma non è affatto detto che ne rappresenti il medico e tantomeno la cura giusta.

      Il precedente proprio del Caimano, riempitore - in nome proprio dell’ "antipolitica" - di un vuoto politico lasciato da altri dovrebbe far riflettere .....

      Personalmente ritengo che Beppe, troppo intelligente, si chiamerà presto fuori da questo can-can, facendo un figurone di quelli che lo consacrerà per sempre come un grande interprete delle situazioni e dei mutamenti sociali oltre che della moderna comunicazione.

      Ma il problema sarà allora chi "gestirà" la folla eccitata dei "grillini".

      Con tutte le preoccupazioni del caso cui accennavo prima e nei precedenti interventi ....

      K.

    • C’è un aspetto del pensiero grillino così entusiasmante da tentarmi a cercare qualsiasi attenuante alla sua straripante demagogia (quella, per capirci delle fedine penali dei parlamentari e dei due mandati). Quando Grillo afferma di "voler distruggere i partiti, perché sono il cancro della democrazia", si pone per lo meno fuori da tutta la serie dei moralizzatori d’accatto che lo hanno preceduto, ultimi tra i quali i girotondini.

      L’idea che lui veda in conflitto irredimibile i partiti e la democrazia mi induce a pensare che abbia di quest’ultima un’idea davvero non banale, e che sia decisamente fuori dalla logica che basta buttare fuori i mascalzoni e mettere dentro la gente per bene perché le cose vadano finalmente bene. Mi sembra che capisca che il sistema è molto più marcio di così, e che bisogna rimboccarsi le maniche per ben altri cambiamenti. Da questo punto di vista Luttazzi, col suo perbenismo liberale, sta molto più indietro di lui.

      Ma per il fatto che abbia deciso di accompagnarsi a Pardi, Di Pietro e Travaglio (il meno peggio dei tre, avendo per lo meno il coraggio di un serio giornalismo di denuncia) che attenuante si può trovare, se non il fatto che non capisce niente di politica? E se le cose stanno così, che speranze ci sono che rinsavisca?

      L’altra possibilità — più deprimente — è che Grillo non sia affatto uno sprovveduto, e che obbedisca ad un fiuto da politicante che lo ha portato ad investire la sua credibilità (meritata per quello che ha fatto in passato) in una crociata populista nel momento che su questo terreno può trovare potenti alleati, proprio nell’imminenza di una partita per la ridistribuzione del potere in Italia.

      Gianluca

  • Caro Beppe,

    oltre alle polemiche e agli strascichi il V-day lascia sul piatto una Legge di iniziativa popolare.

    Benvenuto strumento democratico, che riporta all’ordine del giorno la già lunga battaglia politica sul sistema proporzionale, la reintroduzione delle preferenze elettorali, il limite dei mandati elettivi. Contenuti, questi, di buon senso, ed una rinnovata volontà di partecipazione, che ci conferma che la strada, e le piazze, intraprese in questi anni, portano lontano.

    Ma la proposta che più emerge, purtroppo, è la formula semplificata del “Chi è stato condannato in via definitiva non deve più sedere in Parlamento”.

    Che cosa significa? Che i cittadini condannati solo in primo o secondo grado non possono candidarsi o essere eletti in Parlamento e, temiamo per estensione, anche nelle amministrazioni locali? E di che reati stiamo parlando? Sembrerebbe sempre e tutti.

    Ce lo chiediamo perché la nostra storia è fatta anche di 4000 denunce, e di centinaia di compagni e compagne condannati. Stiamo parlando della storia di una città, Milano, e delle sue lotte universitarie, operaie, per il diritto alla casa, in difesa dei centri sociali, degli spazi pubblici dei territori, lotte antifasciste o contro la precarietà. Di protesta e di proposta, di impegno quotidiano.

    Storia antica ma anche assai recente, che accomuna realtà diverse, in movimento, che hanno attraversato in questi anni il Paese. Un elenco lungo che qualifica il conflitto sociale, e lo fa dentro piazze piene e a volto scoperto. E’ storia di democrazia, di partecipazione di massa, e quindi anche di rappresentanza. Da Mandela, poi presidente del Sud Africa, ai nostri stessi padri della democrazia, in guerra l’8 settembre, fino ai sindaci no-tav. Una bella differenza tra questi e coloro che fanno quotidiano banchetto della cosa pubblica o si intrattengono con mafie di ogni sorta e colore; che fanno della politica merchandising e della Costituzione, carta in parte disattesa e tradita.

    Non siamo V-Generation, ma abbiamo contrastato le guerre, fossero umanitarie o globali e permanenti. Non siamo V-Generation, ma la generazione di Genova2001, aggrediti da un ordine pubblico uscito dai cardini. Siamo fra quelli che si battono oggi contro la propria e l’altrui precarietà, per la tutela dei beni comuni, per un’idea e con un’idea assai diversa della sicurezza dei cittadini, non proibizionista e solidale, con chi più ne ha bisogno.

    Diritti che nessuno ha mai regalato. Questioni che non risolveremo, temiamo, se non alzando ancora una volta i gomiti. Nella pratica quotidiana del “fare società”, più che nel comunicare, e nuovamente in piazza il 20 ottobre 2007.

    Perché quando ci vuole ci vuole. Sei sempre invitato, anche se non ad un pranzo di gala...

    Leoncavallo Spazio Pubblico Autogestito - Milano

  • La Piazza è Maggiore
    di Tito Pulsinelli
    da www.carmillaonline.com

    La folla che ha colmato Piazza Maggiore a Bologna ha generato il suo primo effetto collaterale di rilievo. I forgiatori professionali di opinione pubblica, i commentatori che ricamano l’aria, gli intervistati “full time” e “a progetto”, hanno scoperto due parole magiche per il nuovo gergo da massificare.
    Nel prêt-a-porter dell’autunno-inverno impazzeranno la “anti-politica” e il “populismo” che – dopo la sua gran auge nella cronaca internazionale - viene ora lanciato sulle bancarelle italiane. Due fragili barriere semantiche dei nuovi pompieri, inadatte a narcotizzare logica e significati.

    Antipolitica? Assomiglia come un gemello siamese all’anti-americanismo. Sei contro il lancio di una bomba di 500 chili su di un quartiere periferico, allora sei filoterrorista e – ovviamente - anti-americano. Idem se - magari per reminiscenze culturali umaniste o paleocristiane - non ti garbano le torture o l’esportazione a mano armata dei diritti umani.
    Insomma, chi tocca i politici muore, ma questo non significa affatto che uno è anche contrario all’elettricità! Semmai è preoccupante l’automatismo con cui tentano di avallare l’equazione politicanti di professione=”la politica” (sic).
    Tutto quel che accade al di fuori degli evanescenti apparati e del raggio d’inazione dei nanopolitici, si è convenuto definire all’unisono come antipolitica populista.

    La spocchia e l’arroganza di questo ceto vizioso è sempre stata eccessiva, però ora rasentano la schizofrenia, e si rifugiano in un mondo immaginario, dove il loro gergo sterile convince solo Bruno Vespa e i suoi colleghi della carta stampata. La vita quotidiana, però, non è un programma di intrattenimento, così come la società non è sinonimo di mercato. La cittadinanza non può esere ridotta a elettorato o a votazioni. Cittadino non è l’equivalente di consumatore. Questo è il punto.

    E’ vero che è passato molto tempo da quando ai cittadini di Atene si chiedeva se bisognava fare la guerra a Sparta o no. Ciononostante, la democrazia è pur sempre qualcosina di diverso da questa sgangherata democrazia rappresentativa, che periodicamente scaturisce dal ritualismo delle urne. Questa routine notarile sta in pugno ai moderni rackets cha trasformano il consenso in privilegi corporativi minoritari.

    I nanopolitici - escrescenze ossificate che credono di essere “la politica” - non si arrendono a una evidenza solare: è in crisi la rappresentanza, cioè non rappresentano più gli orientamenti degli strati maggioritari della società. Sono portavoce della ragion pura dell’economia, intesa come dogma e valore supremo, e degli interessi delle nuove élites eiaculate dal modello globalista.
    “La politica” è ormai un prodotto transgenico della monocoltivazione intensiva neoliberista, con la sua relativa sponda destra e sinistra, che convogliano nella medesima direzione le acque radioattive lasciate alle spalle dalle Borse e dall’unipolarismo.

    La rappresentanza è in crisi perché non c’è diversificazione dell’offerta. Non è un problema di linguaggi, di maniera di porsi, come sembrano credere gli stilisti dell’apparenza che scrivono il copione scenico a Monsignor Veltroni e Padre Rutelli.
    Il problema è che c’è un monoprodotto e troppi addetti alle vendite, e questa è una patologia tipica del sottosviluppo. Alla fine, non interessa più come si pubblicizza la confezione, e ai rappresentanti di commercio vengono chiuse le porte in faccia.

    “La politica” sta perdendo il treno della rapresentanza perchè sta vivendo al di fuori del tempo e dello spazio, non conosce più la società esterna ai Palazzi e agli studi televisivi. E’ troppo diversa da come appare dai finestrini delle autoblu, o dalle descrizioni degli editorialisti, ed è sempre più restia a farsi “interpretare”. In Italia e altrove.
    Se i rappresentanti non sanno più “chi e che cosa” rappresentare, non è solo per la loro boriosa mediocrità galoppante: è la crisi generale della democrazia rappresentativa. Sono sempre più attivi quegli stessi "ottusi" che opposero un diniego alla Costituzione europea scritta a uso e consumo dei banchieri.

    Una decina d’anni fa, in un villaggio alle porte di Città del Messico, le élites economiche e politiche decisero di costruire un Club di Golf, senza consultare nessuno. Si sa che per portare il progresso non è indispensabile il consenso, lo si porta e basta. Gli abitanti di Tepoztlan non la pensavano allo stesso modo, e si opposero con tenacia. Ostruirono l’accesso al paese con barricate, occuparono il palazzo comunale, espulsero la polizia, chiusero l’esattoria e organizzarono l’autodifesa. Dissolsero il consiglio comunale, colpevole di aver concesso la licenza ai costruttori del Club di Golf, e indissero nuove elezioni. Tassativamente esclusi i partiti.
    L’assemblea di ogni quartiere del villaggio designò un candidato. Tra questi vennero elette le nuove autorità.
    Mentre politici, canali televisivi, redazioni, filosofi e cantastorie si accapigliavano per esecrare, dopo un anno di lotte comunitarie il Club non si costruì, e gli abitanti salvarono la scarsa acqua potabile. La democrazia – anche rappresentativa - non è un monopolio dei partiti.

    In Venezuela, paese cui nell’ultimo triennio è stato sempre assegnato il Leon d’oro al “populismo”, ha una Costituzione che prevede il referendum revocatorio, che consente ai cittadini di poter mandare a casa – alla metà del loro mandato - sindaci, governatori, deputati e Presidente, quando il loro operato viene giudicato insufficiente. Non solo per corruzione o ladrocinio: anche se non stanno rispettando gli impegni assunti, o quando lavorano male.
    E’ uno strumento che permette di limitare i danni e dimezzare il tempo a disposizione dei pigri, degli incapaci e dei disonesti. Chávez è stato sottoposto a questo tipo di referendum e lo vinse con ampio margine. I nanopolitici accetterebbero che i cittadini italiani dispongano di questo potere? Per ora, no. Ma il tempo stringe.

    Il sistema dei partiti morì col finir del secolo, ora sta agonizzando lo spurio surrogato del “bipartitismo”, vale a dire quei due contenitori in cui si riciclano i frammenti e i calcinacci di quell’implosione.
    I due cartelli di sigle mutanti e interscambiabili che costituiscono “la politica”, ora si affannano a drammatizzare la scena e – scarmigliati - minacciano che “dopo di noi il diluvio!”. Tranquilli, non affannatevi, tanto nessuno si spaventa.
    Semplicemente sta tornando il tempo dei movimenti, delle iniziative dal basso, orizzontali, delle coalizioni sociali che si sedimentano attorno a obiettivi specifici e concreti. Che si dissolvono quando li hanno ottenuti, e che continuano a battersi sino a ottenerli.

    Pubblicato Settembre 15, 2007

    • Che un anarchico come Pulsinelli, tra l’altro vittima pure lui molti anni fa dell’incredibile montatura su Piazza Fontana e gli anarchici, arrivi pure lui a sostenere acriticamente la logica tutta "legge ed ordine" dei grillini, mi sembra chiaramente un segno dei tempi.

      Faccio soltanto notare che la campagna del 1972 "Valpreda in Parlamento", tesa comunque a smontare quella montatura e di cui, se ben ricordo, Pulsinelli fu uno dei più convinti sostenitori - avendo Valpreda sul groppone condanne definitive per iniziative di movimento - con le leggi proposte da Grillo sarebbe stata impossibile.

      K.