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Guccini: una canzone per piazza alimonda

Publie le mercoledì 30 marzo 2005 par Open-Publishing

LA CITTÀ E LA MUSICA

Domani concerto al Mazdapalace. Per la prima volta a Genova dal vivo la canzone sul G8

La piazza Alimonda di Guccini "Una canzone per due vittime"

Sono contento di cantarla qui, la mia è un’immagine forte, con un ventenne morto e un carabiniere schiacciato da chi sta negli alti uffici a decidere
Ai concerti tre generazioni insieme? Sarà perché molti dei miei brani nascono da una morale. Forse è proprio questo che piace ai giovani

di LUCIA MARCHIO

Guccini a Genova coi suoi "Ritratti". Li esibirà, in un saliscendi di note e parole, domani sera al Mazda Palace (inizio ore 21; posto unico a 22 euro più prevendita). A due anni dall’ultima esibizione nel capoluogo ligure, il cantautore bolognese proporrà brani vecchi e nuovi. Guccini è in Liguria da qualche giorno, regione amatissima che vide per la prima volta quando, piccino, lo portarono in pellegrinaggio alla Madonna della Guardia. E da lì scoprì il mare.
Guccini, è di nuovo in tour?

«I miei non sono mai tour. Le mie sono date, ne farò una trentina all’anno, ho sempre paura di «stancare» il pubblico. Le mie canzoni sono tutte lì, non è che ne abbia poi tante...»

Insomma, Dove non fa concerti, scrive.

«Quello sempre. Era il desiderio che nutrivo da piccolo, fare lo scrittore. A fare il cantautore non ci pensavo neanche, nemmeno esisteva come professione. Certo, scrivere non ha mai dato possibilità immediate di fama e ricchezza. Guardi uno come Carlo Emilio Gadda, oppure Scerbanenco, che si arrabattava in mille professioni. Forse solo Umberto Eco riesce a vivere di soli diritti d’autore.»
E la sua musica, in 40 anni, come si è evoluta?

«Bene, per quanto mi riguarda. Ma è un momento difficile. Male, perché la discografia sta cambiando in peggio. Negli anni ‘60 le case discografiche in Italia erano tante e floride. Ora sono raggruppate in multinazionali, puntano sul «big», sul nome noto. La Emi inglese era in crisi perché un gruppo ritardava a fare uscire il disco. Incredibile. Io ho iniziato per caso e fatto dischi per caso, ricordo che mi chiamavano e mi chiedevano se avevo pezzi nuovi, in tranquillità. Al giorno d’oggi un nuovo Guccini non uscirebbe più, sarebbe impossibile.»

Però c’è la musica indipendente.

«Che trova comunque varie difficoltà. C’è un gruppo abbastanza famoso (i Modena City Ramblers? nda) che mi ha chiesto, scherzosamente ma non troppo, se facevamo qualche concerto insieme. E badate che i concerti sono un’altra cosa, vanno ancora. Discograficamente c’è crisi.»

C’è un filo rosso anche nelle canzoni del suo ultimo album, «Ritratti» ?

«Si e no, nel senso che mi sono accorto come sempre spesso accade, alla fine di una produzione, che i brani fatti in un certo periodo sono sempre legati».

E una canzone come «Piazza Alimonda»?

«Ecco, sono molto contento di cantarla a Genova. Come dirò in concerto, è difficile da fare. Si poteva cadere in una retorica banalissima e io, che amo questa città sin da piccolo, ho vissuto l’orrore di quanto successo di "sgiango". Parlo di Genova come elemento pensante, come un qualche cosa che si trasforma e diventa essenza. E’ un ritratto ad ampio respiro, non sapevo che titolo darle perché in fondo cito pure Bolzaneto. La mia è una immagine molto forte di una Genova schiacciata sul mare, con un ventenne morto ammazzato e un altro ventenne, il carabiniere, anch’egli vittima di chi sta negli alti uffici a decidere. Cosa si cercava? La rissa, lo scontro, o era una prova di forza di chi da poco si era insediato al governo?»

Lei, come i Nomadi, richiama ben tre generazioni ai suoi concerti, si vedono molti ragazzi. Merito delle sue canzoni?

«O forse dell’eticità di fondo di queste. Molti brani nascono da una morale. Forse questo piace ai giovani.»

L’etichetta di cantautore politico, giocoforza gliel’hanno affibbiata...

«Leggevo una intervista a un mio collega (Dalla, nda). Gli hanno chiesto se alle prossime elezioni votava Prodi o Berlusconi. Ha risposto: Ci devo pensare. Cosa deve pensare? Che si sappia...No, non è Venditti. Lui fa ancora il bertinottiano. Il suddetto collega dice che io canto sempre all’ombra di una bandiera. Non è vero. Io non sono un cantautore politico, semmai canto all’ombra delle mie idee»

lavoro repubblica