Home > Guzzanti sotto processo l’accusa: vilipendio al Papa

Guzzanti sotto processo l’accusa: vilipendio al Papa

Publie le giovedì 11 settembre 2008 par Open-Publishing

Guzzanti sotto processo l’accusa: vilipendio al Papa

di Stefano Bocconetti

Della serie, i paradossi. Organizzata da un ex giudice, saranno altri giudici a decidere come andrà a finire. A meno che il ministro della Giustizia non blocchi tutto. Evitando a Sabina Guzzanti un’inchiesta giudiziaria. Si sta parlando, per l’ennesima volta, della manifestazione organizzata da Di Pietro all’inizio di luglio contro la legge Alfano. Lì, sul palco di piazza Navona, si esibì anche Sabina Guzzanti. Che ironizzò pesantemente sul Papa. Ed è di ieri la notizia che per quelle sue battute due procuratori romani hanno chiesto il «permesso» di procedere contro l’attrice.

E’ la procedura prevista dalla legge. Per i pignoli si tratta dell’articolo 278 del codice penale. Una norma che, recependo il Trattato Lateranense, sanziona le «offese rivolte al Pontefice». Per procedere però c’è bisogno dell’autorizzazione del Guardasigilli. E proprio a lui, due solerti giudici di Roma, esattamente il procuratore Giovanni Ferrara e il pm Antonello Racanelli, si sono rivolti. A loro giudizio le parole dell’attrice non rientrano nella categoria «satira» ma sono state decisamente «grevi e volgari». Esattamente così scrivono: «grevi e volgari», quindi sanzionabili.
Ma non è tutto. Perché visionando e rivisionando il filmato della manifestazione - la famosa giornata «No Cav» - i due giudici hanno tirato giù una vera e propria valutazione critica della manifestazione. Hanno messo i voti, insomma.

Così se l’è cavata abbastanza bene, Beppe Grillo. Le sue parole, rivolte al Presidente Napolitano - chiamato «Morfeo», dormiente, insomma, al punto da non accorgersi di cosa prevedeva il lodo Alfano - sono state giudicate legittime: rientrano, insomma nell’espressione della satira. E poi, sottolineano sempre i due giudici romani, Beppe Grillo non ha usato espressioni volgari.
Tutt’altra storia, invece, per Sabina Guzzanti. Qui, secondo il dottor Giovanni Ferrara e il dottor Antonello Racanelli, si è andati oltre. Troppo oltre. Quella frase - «Papa Ratzinger, fra vent’anni sarà all’inferno, tormentato da diavoloni frocioni» - non può essere digerita. Troppo «greve». Non omofobica, ma «volgare». E non si può rivolgersi volgarmente al Papa.

Da qui, la richiesta di autorizzazione a procedere rivolta al ministro Alfano. Così come prevede il complicato iter giudiziario, che regola i rapporti fra Stato italiano e Chiesa, pensato in tutt’altro periodo. Senza il via libera del Guardasigilli, però, tutto il lavoro dei due giudici è destinato a restare sulla carta. Se il ministro dice di no, insomma, l’inchiesta si ferma.

Come si ricorderà, la Guzzanti, dal palco di piazza Navona, se la prese anche con l’allora neoministra Carfagna. Nei giorni in cui i giornali pubblicavano le intercettazioni che la riguardavano. L’attrice fece allusioni pesanti sui rapporti fra la ministra e il premier. Ma in questo caso, i giudici non hanno potuto far nulla. La legge prevede che, se si tratta di un ministro, si possa procedere solo se c’è una denuncia della parte offesa. Ma fino ad ora a Palazzo di Giustizia non è arrivato nulla e i due giudici si son dovuti rassegnare.

Questi i fatti. Restano i commenti. E, appunto, i paradossi. Restano le frasi di Di Pietro. Un ex poliziotto, un ex magistrato - che ha costruito la sua carriera politica invocando le manette per tutti: dai sospettati ai colpevoli, dai corrotti ai migranti - che ora si trova a fare i conti con un provvedimento liberticida. Che, probabilmente, solo in questo periodo poteva essere firmato. E anche Di Pietro è costretto a misurarsi col «clima» che si respira in questi mesi, e a cui, evidentemente, i due giudici romani non sono estranei. Il leader dell’Italia dei Valori ora dice: «Si può condividere o non condividere quel che ha detto la Guzzanti in piazza e neanche io l’ho condiviso. Ma solo ai tempi dell’olio di ricino chi la pensava diversamente finiva in galera». Di più: «Si sa, essere una donna libera ai giorni nostri è un reato».

Il «giro di vite» - imposto dai giudici, ma anche dal legislatore, dai carabinieri, dai media - alla fine forse è riuscito a far aprire gli occhi anche a Di Pietro. Non solo ma la vicenda dell’inchiesta sulla Guzzanti forse avrà anche il merito - se così si può dire - di riavvicinare la figlia al padre. Quando scoppiò la polemica, infatti, all’indomani di piazza Navona, e quando la Guzzanti finì nell’occhio del ciclone, il padre - senatore del Pdl - si rifiutò di commentare. Ieri, invece, due parole, sul suo blog, le ha spese: «Non condivido quel che Sabina ha detto sul professor Ratzinger, ma poiché sono favorevole alla libertà di disegnare impunemente le vignette su Maometto, e di dire qualsiasi cosa si voglia dire e scrivere, recitare, incidere, cantare, dipingere e sculturare, sono contrario al reato di vilipendio comunque e nei confronti di chiunque espresso, salvo che per i valori della democrazia repubblicana».