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“Qualcosa che assomiglia a una donna tiene in mano qualcosa che assomiglia a
un bambino”
UN FILM SUI CRIMINI DI GUERRA AMERICANI A FALLUJA
di Sabrina Moranti
Un cane lupo con la bocca contratta in un ultimo tentativo di respirare. Un
bastardino bianco, buttato al margine della strada, che sembra addormentato.
E poi gatti, colombe, conigli. Morti nelle loro gabbie, nei recinti, nel
giardino di fronte a casa. Morti, tutti, senza un filo di sangue. Non si sa
cosa puo’ averli uccisi ma, di certo, non erano ne’bombe ne’pallottole.
Forse gas? Le immagini dei filmati girati a Falluja che scorrono davanti
agli occhi dei pochi giornalisti presenti alla conferenza stampa organizzata
dalle parlamentari Elettra Deiana (Prc) e Silvana Pisa (Ds) nelle sale della
Fnsi sono tutte molto eloquenti, e molto, molto peggiori del piccolo
esercito di animali addormentati che ti ritrovi davanti in apertura. Perche’
nei video ci sono donne, uomini, bambini. Ci sono esseri umani resi
irriconoscibili da qualche oscuro rogo chimico, armi capaci di staccare la
pelle dal corpo in un istante, visto che questi anonimi resti umani sono
congelati nell’atto di alzarsi dal letto o di ripararsi il viso con il
braccio. Una mano stringe ancora una catenina. Qualcosa che assomiglia a una
donna tiene fra le braccia qualcosa che assomiglia a un bambino.
I filmati "amatoriali", riorganizzati con un faticoso quanto presumibilmente
straziante lavoro da Barbara Romagnoli, sono stati realizzati il 18 novembre
2004 nella citta’ ribelle di Falluja, a conclusione dell’operazione Al-Fajr
(letteralmente, l’alba) che, secondo la Us Army, avrebbe dovuto distruggere
definitivamente la resistenza irachena. A operazione conclusa, come di
consueto gli americani hanno passato la mano agli iracheni: una squadra di
medici volontari e’ stata autorizzata a entrare per "ripulire" la citta’ e
per cercare di dare un nome ai numerosi corpi sepolti in modo approssimativo
durante il violentissimo attacco cominciato l’8 novembre. Del gruppo
facevano parte anche gli autori delle riprese, Maher Rajab Abdullah
(dell’ospedale Yarmouk di Baghdad), Mohammad Hadeed (del Falluja general
hospital), che si sono dati da fare per riesumare i corpi e dare un nome
alle migliaia di vittime civili che, fino a questo momento, nessuno si e’
ancora degnato di contare. Secondo gli americani i dieci giorni di
bombardamenti ininterrotti che hanno raso al suolo 36.000 case -
praticamente una piccola citta’- avrebbero prodotto non piu’ di 1.200
vittime, "quasi tutti insorti", rassicurano i generali, mentre secondo fonti
non ufficiali i morti sarebbero fra i tre e i cinquemila, dei quali hanno
ricevuto riconoscimento e sepoltura soltanto in 700.
Resta il fatto che i dottori Abdullah e Hadeed, una volta dentro la citta’
proibita, hanno pensato bene di filmare l’orrore sia per facilitare i
riconoscimenti che per spezzare la pesante censura che argina qualsiasi
informazione proveniente dall’Iraq, in particolare le notizie provenienti
dalle citta’ rase al suolo nell’ambito di una strategia di punizioni
collettive tanto barbara quanto inefficace.
Ma, una volta dentro, i medici non si sono soltanto ritrovati di fronte alle immagini della carneficina che si aspettavano - del resto cos’altro puo’accadere in una citta’di 350.000 abitanti, chiusa dentro un cordone vietato perfino agli operatori sanitari e
bombardata ininterrottamente per giorni? - ma sono stati costretti a porsi
una domanda estremamente disturbante, soprattutto per un professionista
dotato della formazione scientifica adeguata: di che cosa e’ morta tutta
questa gente? Quali armi possono uccidere nel sonno senza ferire o, come
testimoniano i resti carbonizzati, bruciare la pelle di un essere umano
senza dargli nemmeno il tempo di contorcersi per il dolore? Gas come quelli
che Saddam aveva impiegato contro i curdi? Bombe al fosforo o nuovi tipi di
napalm, entrambi proibiti dalle convenzioni internazionali?
Nessuna spiegazione richiede invece il filmato girato a Baghdad che ritrae
un altro morto, anch’esso mostrato ai parlamentari italiani da Mohi Al Din
Al Obeidi, il rappresentante del consiglio degli Ulema che ha accompagnato i
due medici all’incontro organizzato alla Camera da Silvana Pisa e Elettra
Deiana... Il cadavere e’ ancora ammanettato, e anche un profano capisce
subito cosa significa. Se alle manette si aggiungono le evidenti tracce di
tortura, ovvero ferite da trapano sulle spalle e sulla nuca - uno strumento
molto in uso, pare, durante gli interrogatori condotti dal nuovo esercito
iracheno addestrato dagli americani - le conclusioni sono devastanti quanto
inaccettabili. In piu’ l’uomo era un imam - autorita’religiosa sunnita -
sparito nel nulla da qualche settimana e restituito ai familiari
gia’cadavere. E non si tratta affatto di un caso isolato: altri 80 imam sono
stati prelevati nelle loro case e nelle moschee per sospetta complicita’con
gli insorti, e di loro non si sa piu’ nulla. Proprio per ottenere la
liberazione, o almeno qualche informazione sulla sorte dei desaparecidos, le
autorita’ religiose sunnite hanno indetto un’iniziativa senza precedenti:
tre giorni di sciopero di tutte e moschee.
La delegazione composta dai due medici e dal religioso, portata in Italia
dall’Associazione Italia-Iraq, sta cercando di dare maggiore diffusione
possibile alle raccapriccianti immagini di Falluja e di Baghdad. Tutto il
materiale visionato dai parlamentari italiani - gli animali gasati, le
persone carbonizzate nella citta’ distrutta e le riprese della
ricomposizione del corpo martoriato dell’imam - e’ stato consegnato a una
rappresentante del governo inglese, che non ha rilasciato dichiarazioni.
Tornando a Baghdad la delegazione cerchera’ di parlare con i pochi
rappresentanti delle Nazioni Unite ancora presenti nel paese per sollecitare
ancora una volta, filmati alla mano, un’indagine indipendente che faccia
luce sul tipo di armi impiegate - sperimentate? - contro la popolazione di
Falluja.
E’ questa la guerra di liberazione in cui sono impegnati i nostri soldati?
E’ questa la missione sul cui rifinanziamento i parlamentari italiani sono
chiamati a pronunciarsi? E su quali informazioni, su quali notizie, su quali
rassicuranti immagini, dovrebbe basarsi la loro decisione? "Pensiamo che
nell’attuale contesto caratterizzato dal piu’ totale black out sulla vicenda
irachena, dall’assenza di notizie da quei luoghi e mentre perdura una
drammatica situazione di guerra" conclude Elettra Deiana "ogni occasione che consenta di raccogliere informazioni e materiale documentario sia da considerare positivamente, fermo restando che tutto debba essere vagliato e verificato quando la cortina di ferro che la coalizione anglo-americana ha imposto su quel paese si sara’alleggerita".
Peccato che all’agghiacciante proiezione di queste immagini fossero presenti
cosi’ pochi giornalisti, evidentemente troppo impegnati a partecipare
attivamente alla caccia all’immigrato per occuparsi di simili quisquiglie.
Peccato perche’, anche se le immagini sono troppo agghiaccianti per essere
pubblicate, la loro visione sarebbe davvero utile per capire a quale
inesauribile sorgente d’odio possono attingere le cosiddette "centrali del
terrore" per arruolare i propri martiri, oggi e per gli anni a venire."
Chiunque qui parli ancora di democrazia forse ha venduto l’anima al
diavolo.