Home > I GC e la scissione dell’inganno. Come ripartire

I GC e la scissione dell’inganno. Come ripartire

Publie le mercoledì 11 febbraio 2009 par Open-Publishing

I GC e la scissione dell’inganno. Come ripartire

di Simone Oggionni

Siamo arrivati all’ultimo capitolo di una lunga vicenda che definirei triste e paradossale.

Triste perché segnata dall’inganno, dal mascheramento, dalla mistificazione. Ricordo che abbiamo tenuto l’ultima riunione del coordinamento nazionale il 27 settembre dell’anno scorso. Non lo dico per rimarcare quanto sia insostenibile una gestione dell’organizzazione che ha contemplato in questi anni la convocazione delle riunioni degli organismi dirigenti una volta ogni cinque mesi. Lo dico perché quel coordinamento si tenne dieci giorni dopo una assemblea convocata da un partito, Sinistra democratica, con lo scopo di far nascere una nuova soggettività politica della sinistra.

Ricordo anche che la settimana successiva, e cioè il giorno precedente la riunione di quel nostro coordinamento, Nichi Vendola lanciò l’idea del tesseramento – dentro e fuori Rifondazione Comunista – alla associazione (movimento politico) Rifondazione per la Sinistra. In quel coordinamento io ed altri compagni chiedemmo conto all’esecutivo delle sue intenzioni, dato che diversi suoi membri parteciparono con entusiasmo ad entrambi gli appuntamenti. C’era un processo in corso, c’era stato pochi mesi prima un congresso nazionale incentrato sulla contrapposizione cristallina tra una posizione che voleva salvaguardare e rilanciare Rifondazione Comunista e una posizione che si poneva esplicitamente l’obiettivo del superamento, e la risposta della nostra portavoce nazionale ai nostri interrogativi quale fu?

Esemplarmente mistificatoria: il nostro partito è questo, siete voi eventualmente che vorreste cacciarci, non c’è alcuna scissione all’orizzonte, la costituente semplicemente allarga lo spazio delle interlocuzioni a sinistra e rafforza il progetto della rifondazione. La solita ipocrita mistificazione condita dalla intollerabile, supponente caricatura delle posizioni altrui: perché chi allora osava insinuare il dubbio che al fondo l’obiettivo fosse costruire un altro partito (di stampo moderato, subalterno al Pd, come confermano in questi giorni tutte le dichiarazioni degli esponenti del nuovo soggetto politico, in primis quella di Rina Gagliardi, che auspica la costruzione di un nuovo partito guidato da D’Alema) spaccando Rifondazione Comunista, veniva tacciato – oltre che di essere in malafede – di essere neo-identitario, stalinista, tardo-comunista, un troglodita con l’anello al naso.

Ma su questo tornerò in conclusione. Quello che qui mi interessa mettere in luce è l’elemento dell’inganno agito contro quei compagni che, in buona fede, hanno continuato in questi mesi a ritenere compatibile il loro riconoscere il gruppo dirigente della seconda mozione congressuale come il proprio gruppo dirigente e l’internità a Rifondazione Comunista.

Ingannati prima del congresso, prima e durante la campagna elettorale, quando – come noi – scoprivano che i Gc avevano dato vita ad improbabili cartelli e soggetti (da Sx a Pixel a Be-partisan) accomunati dalla medesima ossessione di dare vita a qualcosa che andasse oltre la nostra organizzazione. Ingannati durante il congresso, quando ci veniva detto che non era in discussione il partito e che la costituente era un processo, non la nascita di un nuovo partito né l’incipit di un progetto scissionistico. Ingannati in questi ultimi mesi, quando a precise sollecitazioni l’esecutivo dei giovani comunisti ha continuato a millantare una presunta autonomia dalla seconda mozione e una presunta critica nei confronti delle modalità verticistiche e autoritarie con cui il gruppo dirigente di Rifondazione per la Sinistra ha portato a termine questa scissione. Tutto ciò, dicevo, è triste.

Ma sono paradossali – e politicamente irricevibili – le argomentazioni con cui si è tentato, anche in questa sede, di spiegare la rottura. Il più insulso è quello che chiama in causa l’idea che al fondo di questa operazione ci sia l’obiettivo di unire la sinistra. Ma come si può pensare che qualcuno creda al fatto che si unisce la sinistra spaccando il suo più grande partito? Gettando a mare vent’anni di consensi, di battaglie, di lotte insieme? Gettando a mare il patrimonio accumulato da un’organizzazione che – per potenzialità e risorse – ci potrebbe invidiare la sinistra di tutta Europa?

Così come è paradossale che, ancora in questi mesi, un’organizzazione debolissima (debole – ricordiamolo - nella misura in cui si è deciso di disinvestire strategicamente sull’organizzazione e sul rafforzamento territoriale) come quella dei Gc si sia vantata, nelle assemblee con Raparelli e Claudio Fava, di essere al centro delle mobilitazioni studentesche! E, di fronte alla nostra richiesta di convocare un coordinamento nazionale per capire quale fosse la linea dell’organizzazione nei confronti delle mobilitazioni, ci si rispondeva (altro paradosso!) che non era possibile vedersi perché altrimenti avremmo interrotto il nostro incessante lavoro nelle scuole e nelle Università di tutta Italia!

Ecco il bilancio che traggo dall’esperienza dell’esecutivo dimissionario: un’esperienza fatta di inganno e di autoreferenzialità, di paradossi e di disarmante fragilità.

Ma qui siamo. E a noi spetta il compito di ripartire.

Su quali basi?

Primo. La convinzione che stiamo subendo una scissione (come e più che nel partito) verticistica e di ceto politico. Lo dimostrano i numeri: se 8 membri su 9 dell’esecutivo nazionale escono da Rifondazione Comunista, nel coordinamento nazionale le proporzioni sono già del tutto diverse mentre nei territori ho ragione di ritenere che la scissione sarà ancora più contenuta. Questo dato ci consegna una responsabilità enorme nei confronti dei compagni che rimangono, perché l’organizzazione ha maturato nei loro confronti un debito di trasparenza e democrazia. Sin d’ora dobbiamo impegnarci a bandire la doppia verità e a coinvolgere il corpo largo dell’organizzazione in qualsiasi scelta significativa ci troveremo a compiere di qui in avanti.

Secondo. Dobbiamo rapidamente rimettere in piedi la struttura in vista di scadenze importantissime che ci attendono nei prossimi mesi. Ne indico tre: lo sciopero generale del 13 febbraio; il delicatissimo incontro del G8 alla Maddalena; le iniziative di solidarietà con il popolo palestinese (e vorrei ricordare, a questo proposito, che mentre molti di noi erano a Roma a manifestare con la sinistra laica palestinese, il Movimento per la Sinistra discuteva la costruzione di una lista al parlamento europeo con candidati che, se verranno eletti, siederanno nei banchi del Partito socialista europeo, affiliato a quell’Internazionale socialista di cui fa parte il partito laburista israeliano così impegnato in queste settimane nel massacro dei civili palestinesi). Conflitto operaio; mobilitazioni altermondialiste; solidarietà internazionalista: ecco i capisaldi che dovranno guidarci nell’immediato.

Terzo. Impegnarci tutti insieme per il rilancio collegiale dell’organizzazione. Questa scissione viene compiuta con l’obiettivo di distruggerci. Lo impediremo, ripartendo da subito con il coinvolgimento di tutti i territori, sollecitando la convocazione di attivi e coordinamenti provinciali in tutte le federazioni d’Italia, convocando un grande attivo nazionale da tenersi qui a Roma entro marzo e impegnandoci da subito a tenere la nostra IV conferenza nazionale entro e non oltre la fine di novembre 2009.

Infine, un’ultima annotazione. Il nostro esecutivo ci ha lasciato in dote, prima di andarsene, un ultimo regalo, con il chiaro intento di disincentivare il tesseramento e l’iscrizione: la tessera con l’immagine del Muro di Berlino. In questi mesi questi compagni hanno scatenato contro di noi una campagna denigratoria inqualificabile (ovviamente anche dalle pagine di quei giornali, da Libero al Corriere della Sera, che hanno tutto l’interesse a distruggere il nostro partito). Non penso valga la pena rispondere ad accuse mosse con una strumentalità e una disonestà intellettuale davvero imbarazzanti.

Quel che è importante è che oggi ai 600 e oltre compagni che in due settimane hanno firmato l’appello per un’altra tessera (e a quelle migliaia che scelgono di ripartire insieme a noi) noi consegniamo un’altra immagine (un simbolo meno provocatorio e più adeguato al nostro essere giovani e comunisti) e, soprattutto, un’altra organizzazione. Dalla quale saranno banditi definitivamente – questo è il mio augurio – politicismo, autocrazia, verticismo, ipocrisia e doppia morale. Lo dobbiamo ad un’organizzazione che si merita qualcosa di diverso e di migliore rispetto a ciò che ha conosciuto (forse sarebbe meglio dire: subìto) in questi ultimi anni.