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IL CENTROSINISTRA DALLE PRIMARIE ALL’ALTERNATIVA
Publie le venerdì 21 ottobre 2005 par Open-Publishingdi Michele DI SCHIENA
La rimonta di Berlusconi che alla vigilia delle elezioni politiche impone una legge elettorale confezionata su misura degli interessi politici suoi e del suo schieramento, che sconfigge l’on.le Follini e che ricompatta d’un colpo la sua sbrindellata maggioranza, è una falsa immagine accreditata dall’entourage del Cavaliere e da quanti, immersi fino al collo nelle sue avventurose scelte, non intravedono altro tentativo di salvezza se non quello, per quanto disperato, di puntare ancora una volta su di lui, sulla sua potenza finanziaria e sui fuochi d’artificio della sua politica. Una immagine, quella appunto della ripresa in extremis del berlusconismo, che è circolata nei quartieri alti della politica e del giornalismo creando illusioni a destra ed incubi a sinistra ma che non ha alcun riscontro negli umori effettivi della gente sempre più insofferente ad una politica governativa responsabile dei guasti che sono sotto gli occhi di tutti, ripiegata malinconicamente su se stessa ed incapace di affrontare i problemi del Paese.
Quando accade che vanno a votare per queste primarie 4 milioni e trecentomila cittadini facendo anche lunghe code fuori dai seggi, vuol dire che le ultime mosse del Cavaliere hanno rafforzato tra la gente un senso di ripulsa, un bisogno di liberazione ed una domanda di cambiamento che si sono espresse in una orgogliosa e documentata testimonianza di dissenso che costituisce l’iceberg di uno stato d’animo di insoddisfazione e di protesta diffuso nell’intero Paese. Un umore che aveva già avuto modo di manifestarsi in occasione di tutti gli appuntamenti elettorali svoltisi nel corso di questa legislatura. Si è trattato poi di un voto che è andato a concentrarsi massicciamente su Romano Prodi, quale candidato leader dell’Unione già concordato ed annunciato, col chiaro intento di rafforzarne il ruolo di guida dello schieramento e di primario antagonista del Presidente del Consiglio. Una motivazione che ha orientato tale scelta anche in alcune aree della sinistra radicale preoccupate dell’esultanza con la quale Berlusconi avrebbe certamente accolto e strumentalizzato un eventuale consenso modesto o, ancor peggio, deludente ottenuto dal professore bolognese.
Si tratta di ovvie considerazioni che non possono certo sfuggire al leader dell’Unione il quale è oggi chiamato a tenere in debito conto, nella formulazione del programma, le sensibilità e le opinioni di quei tanti elettori che, ben oltre i pur significativi consensi ottenuti dall’on.le Bertinotti, pongono una domanda di netta alternativa alle politiche berlusconiane sui temi cruciali dell’economia e del lavoro, della pace, dei diritti civili, della giustizia, dell’informazione, dell’immigrazione e, non ultimo, della esigenza di affrontare la perdurante “questione morale” per assicurare una corretta gestione del potere a tutti i livelli della vita pubblica. Ed in tale ottica merita particolare attenzione il rilancio del lavoro come “fondamento” della Repubblica e come diritto essenziale dei cittadini che la politica deve riconoscere con i fatti promuovendo, come dice la Costituzione, le condizioni che lo rendono davvero effettivo.
Il lavoro dunque come valore informativo dell’ordinamento e come idea-forza di un progetto di riforme che devono partire dalla sostanziale abrogazione della legge 30 la quale ha moltiplicato le forme del lavoro precario, legalizzato il caporalato, ridotto le garanzie dei lavoratori, introdotto espedienti rivolti ad allargare l’area dei licenziamenti illegittimi sottratti alla sanzione della reintegra ed indebolito il controllo di legalità da parte della Magistratura. C’è bisogno insomma di una nuova politica del lavoro con organici interventi a partire da quello sulla necessità di stabilire, secondo l’indicazione letterale dell’accordo quadro CES - UNICE - CEEP, che i contratti a tempo indeterminato devono essere «la forma generale di rapporto di lavoro tra datori di lavoro e lavoratori dipendenti». Ed a partire anche dall’esigenza di uniformare i diritti di tutti i lavoratori che, a prescindere dalle forme di contratto utilizzate, svolgono la loro opera a vantaggio di altri in una situazione di dipendenza economica.
Brindisi, 18 ottobre 2005