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IL COMICO E IL POTERE

Publie le venerdì 28 ottobre 2005 par Open-Publishing

di CURZIO MALTESE

Grazie a un Roberto Benigni in forma splendida, mezza Italia televisiva ha assistito anche ieri alla seconda puntata dell’imprevedibile e clamoroso duello fra Adriano Celentano e Silvio Berlusconi. Il buffone contro il re o viceversa, con la corte intorno pronta a chiedere anche stavolta la testa di Yorick. E’ un duello fra il ridicolo e l’affascinante, con un populista in disarmo e un populista in esercizio permanente. Uno, il presidente, che ha perso il polso del pubblico. L’altro, lo showman, che non l’ha mai avuto tanto. Perché Celentano ovviamente non è diventato "comunista" in una settimana e nemmeno di sinistra.

Il comico e il potere

Ha soltanto capito che oggi mettere in ridicolo Berlusconi, oltre a essere "rock", è molto, molto popolare e benedetto da oceanica audience.

Berlusconi reagisce male, da populista ormai svaporato. Stila liste, lancia la stampa servile all’attacco di Celentano. Perfino Bruno Vespa ieri sera si è mobilitato in un istantaneo e un po’ biscardiano processo alla puntata di Rockpolitik. E’ la reazione di un populismo piombato nella fatale "seconda fase", quella in cui le forze un tempo evocate fanno soltanto paura. Il popolo, le elezioni, i bagni di folla, la piazza reale e soprattutto la piazza mediatica, la televisione e l’uso politico degli show. Tutti questi, elementi sognanti del berlusconismo nascente, si sono rovesciati in altrettanti incubi. Il Cavaliere rampante era sempre dalla parte del senso comune, questo lo sfida in maniera goffa, ridicola, insensata. Il Berlusconi che si dipingeva come vittima delle toghe rosse era un manipolatore ma rispondeva a un sentimento generale, poteva essere creduto dai suoi elettori. Quello che si proclama «vittima delle televisioni» e del «rosso» Celentano invece fa sorridere anche la proverbiale casalinga di Voghera. E’ una sciocchezza fra l’altro regalare un mito popolare come Celentano all’avversario. Creare la figura da barzelletta del compagno Che Lentan, come canta Crozza. Ed è il tipo di sciocchezza che una volta avrebbe commesso la sinistra a favore di Berlusconi.

E’ una colossale sciocchezza compilare liste di proscrizione a sei mesi dal voto. Non solo perché è Berlusconi a emanare l’editto, unico fra i premier democratici a usare questi tristi metodi. Ma soprattutto perché l’elenco è davvero misero. Soltanto cinque o sei hanno avuto il coraggio in questi anni di far satira sul presidente del Consiglio. Chirac potrebbe citarne un centinaio di artisti, Blair e Bush il doppio. Andreotti forse sarebbe arrivato al triplo, se soltanto avesse perso il suo tempo a contarli. Secondo i parametri berlusconiani invece il complotto scatta a sei, compreso Bertolino che non è esattamente come dire Altan o quelli de Il Male. Il dato è ancora più avvilente del settantasettesimo posto nelle classifiche della libertà d’informazione.

Per queste ragioni, il duello fra Berlusconi e Celentano, nonostante tutto il potere e l’arroganza del primo, avrà un esito scontato. Celentano è un populista di lungo corso, per nulla svaporato. Il suo fiuto degli umori popolari è assai più attendibile dei sondaggi di Piepoli. Un Berlusconi ancora reattivo si sarebbe posto la domanda giusta e cioè come mai perfino a uno come il Molleggiato viene in mente di prenderlo per i fondelli di questi tempi. Per inciso, con grande efficacia. Il silenzio ironico di Celentano nel numero alla Totò della lettera di scuse era quasi più pesante delle parole di Roberto Benigni. La risposta semplice è che il senso comune, quello di Celentano, di milioni d’italiani, delle platee del giovedì sera, ormai è contro il premier. A Berlusconi è rimasto il senso di Bondi, Adornato, Cicchitto e gli altri, seppure ne hanno uno.

Al posto degli avversari, la cosa migliore è lasciarlo fare, sbraitare, lagnarsi, minacciare. E’ stato il primo a maneggiare presentatori, comici e ballerine nei proclami politici. Chi ha dimenticato le dichiarazioni di voto di Mike Buongiorno, Raimondo Vianello, Ambra, Iva Zanicchi nel bel mezzo di un quiz, di una domenica sportiva, a tradimento? Celentano almeno è stato onesto, l’ha annunciato agli spettatori fin dal titolo. E’ una piccola nemesi di un berlusconismo condannato a vivere oggi la stagione dell’amaro contrappasso.

da Repubblica - 28 ottobre 2005