Home > IL MIO MIGLIORE AMICO
Regia: Patrice Leconte
Soggetto e sceneggiatura: Olivier Dazat, Patrice Leconte, Jérome Tonnerre
Direttore della fotografia: Jean-Marie Dreujou
Montaggio: Joelle Hache
Interpreti principali: Daniel Auteiul, Dany Boon, Julie Gayet, Julie Durand, Jacques Mathou, Marie Pillet
Musica originale: Xavier Dermeliac
Produzione: Fidélité Productions
Origine: Fra, 2006
Durata: 94’
Nello scandaglio sul disagio dell’isolamento e della solitudine iniziato con Tandem e L’uomo del treno Leconte ripropone col tocco leggero della commedia una piccola storia su un tema grandissimo nel nostro tempo: l’amicizia esiste ancora? In quest’epoca vissuta con l’ossessione dell’avere o dell’essere secondo stereotipi chiunque di noi reggerebbe la sfida lanciata a François dalla sua socia Catherine o sarebbe egualmente in difficoltà a mostrare un’amicizia vera, scevra da interessi e secondi fini? Brividi e dubbi si rincorrono per comuni mortali o straricchi come l’antiquario François protagonista del film. L’agiatezza economica per lui che ha quindici appuntamenti d’affari al giorno non rappresenta un ponte per stabilire contatti e amicizie. Anzi l’assenza di empatia, il carattere distaccato e arido, una vita privata inciampata in una separazione lo rendono assolutamente solo. Non lo solleva la presenza d’una figlia che incrocia di tanto in tanto né i rapporti con la socia che una sera, durate un convivio, gli lancia la sfida: a fine mese dovrà mostrargli il suo migliore amico e lei è sicura che François non potrà farlo.
Touché. Catherine ha perfettamente ragione ma François per nulla al mondo vuole mostrare questo tallone d’Achille e inizia forsennatamente a cercare un amico. L’unica possibilità concreta gli è offerta dal tassista Bruno che incrocia per caso, un solitario come lui anche se naturalmente meno ricco. I due iniziano a frequentarsi, Bruno offre a François qualche “lezione” di dimestichezza col prossimo per fargli apprendere alcune tecniche d’approccio. Sorrisi, ottimismo, simpatia però non s’improvvisano, necessitano di quella carica naturale che c’è o non c’è perché se la vita viene affrontata come una recita prima o poi tutto si smaschera. E’ quel che accade fra i neoamici, quando Bruno – cui François aveva chiesto il “favore” d’un furto in casa sua d’un’anfora pregiatissima per intascarne il premio d’assicurazione – s’accorge che tutto è una messa in scena per provare la sua fedeltà. Bruno si sente tradito su un terreno sacro che non ammette giochi né raggiri e, con un colpo di scena, si vendica rompendo il preziosissimo cimelio.
Colpo su colpo di scena Catherine rivela al socio che quel vaso inseguìto in un’asta e pagato una cifra esorbitante lei l’aveva fatto sostituire con una copia. L’originale era ben conservato altrove. La strada del riavvicinamento sarà parzialmente casuale: tramite un quiz televisivo nel quale François aiuta doppiamente Bruno, a partecipare grazie all’intervento d’un conoscente e a rispondere all’ultima domanda milionaria. Anche la casualità, afferma Leconte, può vincere l’inadeguatezza della segregazione tanto diffusa nella società globalizzata del Terzo Millennio. E l’amicizia - sentimento spassionato e impagabile – se non s’hanno preconcetti è assolutamente trasversale, aggira le classi e sboccia a ogni età. Basta curarla.
Enrico Campofreda, 18 dicembre 2006