Home > IL PRIMO MAGGIO DEI PRECARI D’EUROPA IN RIVOLTA

IL PRIMO MAGGIO DEI PRECARI D’EUROPA IN RIVOLTA

Publie le domenica 30 aprile 2006 par Open-Publishing
2 commenti

LA EURO MAYDAY 2006 - IL PRIMO MAGGIO DEI PRECARI D’EUROPA IN RIVOLTA 28-04-2006
Milano, MayDay Parade - 1° maggio SCIOPERO DELL’INTERA GIORNATA LAVORATIVA nei settori del Commercio, del Turismo, della Grande Distribuzione e dei Call-center.
Appuntamento in Porta Ticinese (p.zza XXIV maggio) ore 15,00
LA EURO MAYDAY006 - IL PRIMO MAGGIO DEI PRECARI D’EUROPA IN RIVOLTA

Il network Euromayday, i sindacati di base e i movimenti sociali di oltre 20 metropoli europee, danno vita per il sesto anno consecutivo alla MayDay Parade dei giovani precari, intermittenti, interinali, a tempo determinato ecc, recuperando il significato originario del primo di maggio, come giorno di lotta per tutti i lavoratori del mondo.
L’edizione mayday ’006 sarà davvero speciale su più livelli: europeo, italiano, metropolitano.
La MayDay Parade intende manifestare, agire, protestare contro la precarietà, la questione sociale più bruciante in Europa oggi, come dimostrano le gigantesche agitazioni contro la precarietà e il CPE a Parigi e in tutte le città della Francia.
In Europa la precarietà è la condizione di lavoro e di vita che più si è diffusa tra milioni e milioni di cittadini. Si rivendica equità sociale per tutte/i, la fine della precarizzazione del lavoro, libertà di movimento per i migranti, sicurezza e garanzia di reddito, diritto generalizzato alla casa, alla mobilità, alla formazione, al libero scambio e compartecipazione della cultura e dei saperi.
Si rivendicano inoltre diritti sindacali, maternità pagata e continuità di reddito per tutte/i.
In Italia la precarietà è stata introdotta in modo massiccio dal governo di centrosinistra col pacchetto Treu, rafforzata dalla legge 30 e avallata in tutti i modi da cgil cisl uil, con accordi firmati in tutte le sedi.
La lotta alla precarietà lavorativa e sociale che costituisce elemento centrale del May Day si salda all’iniziativa contrattuale, a quella di lotta, alle proposte di legge regionali e nazionale per precari, lavoratori licenziati, in cassa integrazione o mobilità, disoccupati e pensionati sostenuta dalla Cub.
Obbiettivo centrale deve essere l’abolizione del pacchetto Treu e la legge 30 sostituendoli con la centralità del rapporto di lavoro a tempo indeterminato e con la graduale trasformazione dei rapporti di lavoro precari in essere in rapporti di lavoro dipendente, considerando lavoratori autonomi solo i veri professionisti o imprenditori.
Nel contempo vanno costituti fondi regionali/nazionale per garantire un reddito a chi ne è privo o una integrazione allo stesso per lavoratori precari, in cassa integrazione o mobilità, disoccupati, pensionati sociali o al minimo.
L’ erogazione monetaria deve essere integrata da un pacchetto di servizi quali: tariffe sociali sui servizi essenziali (luce, gas, tel casa ecc.) agevolazioni per i trasporti, un servizio mensa sul territorio, la fruizione di beni e servizi culturali/artistici e facilitazioni per l’accesso al credito.
Ciò per far uscire milioni di persone da una situazione senza diritti e tutele, perennemente ricattati da una condizione di precarietà che nega loro ogni futuro
Milano è la capitale italiana delle precarietà. Almeno due assunzioni su tre a Milano avvengono oggi con contratti precari. E’ la precarietà che spiega la crescente povertà urbana di donne single con figli e giovani famiglie in generale. Sono almeno mezzo milione i precari che ogni giorno fanno Milano ricca.
Lo scorso anno, l’EuroMayDay parade ha visto la partecipazione di più di 200.000 precari/e di ogni tipo e ha portato la gioia e la festa della protesta precaria in una dozzina di capitali europee.
Perché lo abbiamo fatto e lo rifacciamo?
Perché siamo précaires, precari, precari@s: siamo le donne e i giovani disoccupati, siamo i lavoratori intermittenti, studenti, stagisti, migranti, i lavoratori a contratto, i co.co.co e i co.co.pro, siamo i contorsionisti della flessibilità, i sopravvissuti della precarietà, ma siamo presenti in dozzine di collettivi nelle nostre città e intendiamo difendere i nostri diritti collettivi e sociali e richiederne di nuovi.
Non abbiamo speranza e fiducia in coloro che, alla guida dei governi, dei sindacati, dei partiti politici, delle istituzioni culturali, perché ignorano le nostre richieste, reprimono le nostre forme di lotta e di sperimentazione sociale e pretendono di parlare e decidere in nostro nome.
Nessuno vuole essere condannato allo stesso lavoro a vita. Ma nessuno vuole passare tutto il tempo a preoccuparsi di come sbarcare il lunario, quando già sta facendo infiniti lavori diversi. Vogliamo uguaglianza sociale che ci permetta di scegliere come uomini e donne liberi, senza ricatti e discriminazioni di alcun tipo. Vogliamo recidere il legame tra welfare e occupazione e tra welfare e cittadinanza, come precondizioni per sviluppare politiche democratiche, libertarie ed egualitarie
Milano 18/04/2006.

Milano MayDay Parade
Commercio, Turismo, Grande Distribuzione, Call-center
SCIOPERO DELL’INTERA GIORNATA LAVORATIVA
Appuntamento in
Porta Ticinese (p.zza XXIV maggio) ore 15,00

Messaggi

  • E’ il PRIMO MAGGIO.
    Molti compagni parteciperanno alle varie May Day,
    qualcuno farà capolino anche agli (stanchi e svuotati) cortei di CGIL-
    CISL-UIL, comunque - tutti - si fermano, anche solo per un attimo, per guardarsi intorno.
    Per molte generazioni di militanti, tra cui la mia, il PRIMO MAGGIO era una sorta di Capodanno politico, di primo giorno di scuola per un anno tutto da percorrere fregandocene dell’ordinaria
    scanzione temporale del calendario.

    In allegato - tanto per continuare a segnalare una tematica affrontata con ancora troppa approssimazione ed ideologismo - un articolo, prelevato da un BLOG di lavoratori del gruppo Feltrinelli, con cui si racconta una lotta, con i suoi problemi, le sue incertezze e le naturali illusioni che ancora allignano tra i lavoratori anche quando sono oggetto di attacchi alle loro condizioni
    di vita e di lavoro.

    Buon PRIMO MAGGIO a tutti.
    Michele Franco

    • Euro MayDay e «non lavoro»

      Sesta manifestazione a Milano contro la precarietà. La si batte chiedendo il «reddito garantito» o con la lotta per l’assunzione a tempo indeterminato?

      A Milano va in scena tutta un’altra rappresentazione. Qui il tema del Primo Maggio viene ribaltato e diventa la festa del «non lavoro».

      La scadenza italiana, ormai al sesto anno, si presenta come articolazione di una mobilitazione europea, ma con contenuti alquanto diversi da quelli che saranno fatti vivere nelle altre piazze continentali. L’appello di convocazione della manifestazione milanese diffuso su Indymedia parla infatti di «lotta contro il workfare e ogni soluzione inegualitaria e coercitiva alla crisi del welfare fordista»; perché «vuole gettare le premesse per un nuovo welfare, come precondizione per una società orizzontale e democratica, dove il lavoro flessibile, immateriale, nei servizi e nella cultura non sia più sottoposto al ricatto della precarietà, all’impossibilità di esprimersi e di vivere». In positivo, si rivendicano «diritti sindacali, maternità pagata, continuità di reddito x tutte/i». Alex Foti, ideatore della prima Mayday e oggi candidato per i Verdi al comune di Milano, articola un po’ di più il ragionamento: «Siamo arrivati al punto decisivo per verificare se la sinistra eretica, radicale, sociale, libertaria, sindacale ha la volontà sufficiente a unire le forze per cancellare la legge Maroni-Biagi e imprimere una nuova direzione alle relazioni sociali nel paese che sia finalmente nell’interesse della generazione precaria».

      La «legge 30» e la battaglia per la sua cancellazione è almeno un obiettivo concreto - e politico. E su questo la Cub, organizzazione storica del sindacalismo di base, tra i promotori della Mayday fin dalla prima manifestazione, converge convintamente. «Da alcuni anni - dice Pierpaolo Leonardi, del coordinamento nazionale - il primo maggio si caratterizza per noi sul tema della precarietà. E’ anche l’avvio di una campagna importante, che non farà sconti al governo su questo problema; perché diciamo mo alla legge Biagi, ma anche al ’pacchetto Treu’», approvato dal precedente governo Prodi. Perché, ricorda, «bisogna ridare stabilità e certezze al lavoro, restituirgli valore e dignità». Un discorso che mal si coniuga con la rivendicazione del «reddito garantito», da cui Leonardi prende le distanze: «Pezzi vari che collaborano all’organizzazione del MayDay sono più orientati verso questa impostazione. Per un’organizzazione sindacale come la nostra, però, il problema della precarietà si risolve con la stabilizzazione dei posti di lavoro e un salario dignitoso; magari con forme di sostegno al reddito quando il lavoro viene a mancare».

      L’altro sindacato di base storico, i Cobas, non partecipa più alla manifestazione di Milano. «La MayDay - spiega Piero Bernocchi - poteva essere un’idea importante se poi si fosse sviluppata in lotte effettive per la difesa di tutti quelli che svolgono lavoro precario. Ma da tempo si è ridotta ad un’autorappresentazione di un soggetto abbastanza politicizzato che rivendica il ’reddito garantito’ in contrapposizione ai lavoratori in carne e ossa, precari e non. Ma del ’reddito garantito’ come mancia parlano anche tante amministrazioni locali che campano del lavoro dei precari; se ne assumessero almeno un po’ sarebbe un discorso più serio».

      E fa due esempi molto chiari. «La lotta dei precari di Atesia è paradigmatica. Quando quelli del Collettivo sono riusciti a mobilitare tutti i lavoratori sull’obiettivo della stabilizzazione del posto di lavoro, per un salario adeguato, sono stati lasciati soli». L’altro è la mobilitazione francese contro il Cpe, incentrata non a caso sul rigetto di una legge e sulla mobilitazione di tutti: lavoratori «stabili», precari e studenti che sanno benissimo di dover diventare presto lavoratori.

      E, come dire, ragionano già come tali.

      La festa del «non lavoro» di Milano si muove su un altro piano. Ed è un bene che le differenze di visione politica esistenti nella parte più radicale della «sinistra radicale» comincino a diventare esplicite. Ne guadagnerà la chiarezza e forse anche la capacità di «mordere» sulla realtà che tutti rifiutiamo: la precarietà del lavoro che genera salario povero e incerto, e quindi vite schiacciate sotto il peso del bisogno.

      Francesco Piccioni Il Manifesto 30-4-2006